lunedì 27 gennaio 2014

«Qui dove anche Dio ha taciuto»


«IL RUMORE DELLA MEMORIA» - SESTA E ULTIMA PUNTATA


Vera con la sopravvissuta Liliana Segre
al Binario 21 di Milano e ad Auschwitz

di ANTONIO FERRARI e ALESSIA RASTELLI
Vera Vigevani Jarach a BirkenauVera Vigevani Jarach a Birkenau
Era logico. Era scritto. Era giusto che l’ultima tappa del viaggio di Vera, protagonista della web serie «Il rumore della memoria», online su Corriere.it, cominciasse dove tutto ha avuto origine: al Binario 21 della Stazione Centrale di Milano.
In quel luogo sotterraneo, diventato oggi Memoriale della Shoah, con i vagoni-merce usati dai nazisti per ammassare i deportati verso i lager, Vera Vigevani Jarach, ebrea italiana emigrata a Buenos Aires, che ha perso il nonno ad Auschwitz e l’unica figlia desaparecida in Argentina, ha avuto infatti lo «schianto». Lo choc che le ha suggerito, anzi le ha imposto, di compiere questo lungo e doloroso itinerario nella memoria. Realizzato in poco tempo e con grande passione, grazie alCorriere della Sera.
Proprio al Binario 21, il titolo della web serie - con la sesta e ultima puntata diffusa oggi, 27 gennaio, Giornata della Memoria – trova la sua spiegazione. Sopra al Memoriale, continua infatti, ogni giorno, l’attività della Stazione, e alla partenza o all’arrivo delle modernissime Frecce e degli Intercity, il tetto trema, riproducendo ossessivamente quel sinistro rumore che accompagnò la partenza dei deportati, ignari allora di iniziare un lungo viaggio verso la morte. Furono pochissimi i sopravvissuti. Li abbiamo definiti, in un precedente docuweb, «Salvi per caso».
Vera Vigevani Jarach e Lilian Segre al Binario 21 di MilanoVera Vigevani Jarach e Lilian Segre al Binario 21 di Milano
La scelta della persona che avrebbe accompagnato Vera al Binario 21 poteva e doveva cadere assolutamente su una donna straordinaria: Liliana Segre. Per almeno due ragioni: è una sopravvissuta che partì proprio dal sotterraneo della stazione di Milano, il 30 gennaio del 1944; caricata poco più che bambina su un treno per Auschwitz, dove giunse il 6 febbraio, Liliana era nello stesso convoglio, il numero 6, dove si trovava il nonno di Vera, Ettore Felice Camerino. Non si sono conosciuti, forse non si sono neppure guardati e notati. Liliana aveva 13 anni ed era vicina a suo padre. Camerino aveva 74 anni ed era solo. Ad Auschwitz si separarono anche i loro destini. Il nonno di Vera subito «al gas», e la piccola Liliana al lavoro «da schiava».

Nell’ultima puntata de «Il rumore della memoria» Vera Vigevani Jarach visita il Binario 21-Memoriale della Shoah di Milano con Liliana Segre, sopravvissuta ad Auschwitz.

Vera Vigevani Jarach e Liliana Segre

L’ingresso del Memoriale della Shoah di Milano

La scritta «Indifferenza» all’interno del Memoriale della Shoah di Milano

Vera Vigevani Jarach e Liliana Segre

Uno dei treni per il bestiame e le merci con cui i deportati ebrei arrivarono ad Auschwitz

Liliana Segre

Il nome del nonno di Vera, Ettore Felice Camerino, appare in un’installazione video all’interno del Memoriale della Shoah

Vera Vigevani Jarach

Liliana Segre

Vera Vigevani Jarach


Vera Vigevani Jarach a Birkenau

Birkenau

La latrina a Birkenau

Birkenau

Una baracca a Birkenau


Auschwitz


Con grande fierezza e profonda umanità, la Segre, con Vera che si appoggiava al suo braccio quasi a cercarne conforto, è entrata al Memoriale. È stata un’ora di assoluta intensità, cementata dall’intimità che si è creata tra due donne che condividevano i rispettivi dolori. Abbiamo trascorso molti giorni con Vera, in Argentina, in Italia e in Polonia, ma al Binario 21, forse per la prima volta, la protagonista de «Il rumore della memoria» è rimasta senza parole, rapita e commossa dalle frasi gravi della Segre. I cui racconti hanno accompagnato Vera e tutto noi nell’ultima tappa del viaggio: i campi di sterminio di Auschwitz e Birkenau, distanti meno di tre chilometri, in linea d’aria, l’uno dall’altro.
BirkenauBirkenau
Auschwitz è noto in tutto il mondo, e nel lager, trasformato in museo della memoria, tutto è rimasto più o meno com’era allora. Birkenau, se possibile, è ancora più mostruoso: 40 volte più esteso di Auschwitz, trasmette subito l’immagine della meticolosa organizzazione dello sterminio: la stessa che colpì, al primo impatto, nel campo di Treblinka, il grande scrittore Vasilij Grossman, giornalista-inviato al seguito dell’Armata rossa, che liberò per prima i campi organizzati dai nazisti.
La voce di Liliana, sottofondo che il regista della web serie Marco Bechis ha continuato a proporre, è stata la colonna sonora della visita ai luoghi dell’orrore. La Segre ha raccontato a Vera e a tutti noi che cosa fecero i nazisti per annientare l’identità e la dignità di ciascuno dei deportati. Con i numeri incisi sul braccio intendevano cancellare la storia di un nome, quindi la storia di una vita; con l’umiliazione della rasatura e l’ordine di spogliarsi, davanti a tutti, volevano assassinare anche la dignità e l’onore. Lo stesso accadeva in una baracca-dormitorio, dove si può entrare ancora oggi, in cui i nazisti allestirono due file interminabili di rudimentali latrine, a pochi centimetri di distanza l’una dall’altra, senza alcun tipo di separazione, e di pudore. I forni e i camini del campo di Birkenau sono stati distrutti dai tedeschi in ritirata. Ovviamente non volevano che si trovassero le prove del genocidio. Nelle due notti trascorse in un piccolo albergo di Aushwitz, con Vera abbiamo condiviso un incubo: nessuno di noi è riuscito a dormire.
La baracca con le latrineLa baracca con le latrine
Finisce questo viaggio, che è il nostro contributo alla Giornata della Memoria. Ci resteranno anche la tenera immagine di questa coraggiosa signora ebrea che crede nella giustizia e nei Giusti. Che ha camminato con Gabriele Nissim nel Giardino di Gariwo sul Monte Stella di Milano, dove ci sono gli alberi di coloro che hanno saputo ascoltare la coscienza. Ai quali, il 6 marzo (da due anni, la Giornata europea dei Giusti), se ne aggiungeranno altri. E infine, Vera a Mestre, che accarezza un altro albero, ancora più caro: quello che porta (e preserva) il nome della figlia, Franca, drogata e gettata viva in mare, a 18 anni, dai militari argentini. Anche lei, come il nonno ucciso ad Auschwitz, senza una tomba.
@ferrariant 
@al_rastelli

http://www.corriere.it/cultura/speciali/2014/il-rumore-della-memoria/notizie/qui-dove-anche-dio-ha-taciuto-eba17ec0-86b8-11e3-a3e0-a62aec411b64.shtml

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