domenica 12 gennaio 2014

POTEVA MANCARE PROPAGANDA FIDE NELLA “RETE” DEL FISCALISTA-SPIA PAOLO OLIVERIO? CERTO CHE NO!

Parla ai pm Alessandro Di Marco, un sottufficiale della Guardia di Finanza che lavorava per Oliverio: “Io volevo entrare nei servizi segreti, e lui aveva potentissimi contatti” - Il fiscalista accusato di riciclaggio si presentò a prelati di Propaganda Fide come “alto ufficiale” della Finanza sotto copertura…

Fiorenza Sarzanini per il "Corriere della Sera"
Nella «rete» di Paolo Oliverio c'era anche Propaganda Fide. Il fiscalista arrestato per gli affari illeciti nella gestione patrimoniale dei padri Camilliani si sarebbe occupato degli immobili della Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli e questo sembra confermare quanto la sua rete fosse ben radicata all'interno del Vaticano. Lo racconta ai pm uno dei finanzieri che si era messo al suo servizio e per questo è adesso in carcere.
PADRE RENATO SALVATOREPADRE RENATO SALVATORE
Assistito dall'avvocato Davide De Caprio, il sottufficiale Alessandro Di Marco - accusato di sequestro di persona per aver tenuto in una caserma per un intero giorno due sacerdoti che si opponevano alla rielezione del generale superiore dei Camilliani Renato Salvatore - ha deciso di rispondere alle domande dei magistrati per cercare di alleggerire la propria posizione chiarendo che «con Oliverio eravamo diventati amici perché io volevo entrare nei servizi segreti, è il mio più grande desiderio da quando sono nella Guardia di Finanza».
E aggiunge: «Ero in condizione di sudditanza nei confronti di Oliverio, ancora oggi penso che abbia potentissimi contatti». Giura di aver prelevato e interrogato i due prelati «perché Oliverio disse che c'era un'istituzione che operava in tutto il mondo al cui interno c'erano fenomeni di mal governo, mi diede un dossier, mi disse che i due sacerdoti stavano operando lo svuotamento delle casse e dunque era nostro interesse capire che cosa stesse accadendo».
Gli appalti della Santa Sede
La ricerca della verità sulla vita di Oliverio appare tutt'altro che conclusa. Lo accusano di aver riciclato i soldi della ‘ndrangheta e dei vecchi esponenti della Banda della Magliana, di aver organizzato ricatti e truffe, di aver fatto da prestanome per grosse operazioni finanziarie.
Di certo c'è che, pur non essendo iscritto all'ordine dei commercialisti, aveva clienti facoltosi che a lui si rivolgevano per risolvere problemi fiscali. Soprattutto che per due anni - da settembre 2009 allo stesso mese del 2011 - ha lavorato per gli 007 dell'Aisi, l'Agenzia per la sicurezza interna. E proprio con una tale «copertura» si sarebbe infiltrato in numerosi ambienti. Adesso bisogna capire per conto di chi, soprattutto con quale obiettivo. Per questo è importante ascoltare che cosa raccontava ai militari suoi complici.
GUARDIA DI FINANZAGUARDIA DI FINANZA
Dichiara Di Marco: «Oliverio mi disse: "Io conosco tanta gente in Propaganda Fide", che gestiva gli immobili, "ho conoscenze importanti" e un mio amico imprenditore era molto interessato a questa cosa. Poi nel corso di una cena mi disse che era il direttore amministrativo della congregazione che a Napoli stava ristrutturando un ospedale». È uno degli affari che gli furono affidati dai Camilliani.
Secondo gli avvocati del superiore generale, Massimiliano Parla e Annarita Colaiuda «Oliverio fu presentato all'Ordine religioso nel corso di una cerimonia di intitolazione cardinalizia di una Basilica minore del centro storico di Roma e fu accreditato non solo come titolare di un importante studio tributario di Roma, ma anche come alto ufficiale della Guardia di Finanza sotto copertura per il suo ruolo nell'ambito dei Servizi Segreti». Si tratta della chiesa di Santa Maria in Aquiro a Roma gestita dal cardinale salesiano Angelo Amato.
UN PALAZZO DI PROPAGANDA FIDE IN PIAZZA DI SPAGNAUN PALAZZO DI PROPAGANDA FIDE IN PIAZZA DI SPAGNA
I nomi dei potenti
Il finanziere Di Marco racconta che Oliverio parlava molto del suo ruolo nei servizi segreti «e io mi fidavo perché quando gli squillava il telefono io vedevo nomi noti... vantava conoscenze, vantava amicizie con Attilio Befera e personaggi di alto rango istituzionale, con il presidente di Finmeccanica Gianni De Gennaro, con Lorenzo Borgogni di Finmeccanica, con due mesi di anticipo sapeva che De Gennaro sarebbe stato presidente».
Gli inquirenti appaiono convinti che in alcuni casi si trattasse di millanterie per convincere i finanzieri a collaborare con lui visto che alcune «anticipazioni» di nomine erano in realtà uscite sui mezzi di informazione. Lo riconosce lo stesso Di Marco quando afferma: «Mi faceva vedere le telefonate forse per aumentare il suo credito, ancora oggi non so chi sia questa persona, chi è che conosce».
il vino di BorgogniIL VINO DI BORGOGNI
Con Borgogni aveva certamente una partecipazione societaria. E nella zona di Montalcino, dove l'ex manager di Finmeccanica ha una grossa tenuta, Oliverio aveva anche altri interessi. Dice Di Marco: «Ci recammo a Montalcino, non capii bene il senso dell'invito. Mi portò in una località, c'era una villa di Salvatore Ferragamo... Aveva un immobile che stava facendo ristrutturare, Oliverio mi disse che la persona che stava ristrutturando era in soggiorno obbligato».


http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/poteva-mancare-propaganda-fide-nella-rete-del-fiscalista-spia-paolo-oliverio-certo-che-no-69802.htm

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