lunedì 20 gennaio 2014

Facciamo un po’ di chiarezza. L’Italia non è più da tempo una nazione sovrana, le decisioni che incidono sulla vita economica e sociale del nostro Paese si prendono in altre sedi burocratiche e non rappresentative. Fino ad oggi il conflitto tra dittatura tecnocratica sostanziale e formale rispetto della sovranità popolare è rimasto latente sotto la cenere. I principali leader che si sono alternati al potere negli ultimi venti anni non sono liberi. Sono tenuti sotto schiaffo dalla massoneria reazionaria continentale che pretende obbedienza cieca e assoluta. Controllando i principali mezzi di informazione e tenendo a libro paga gli elementi politici più rappresentativi dei singoli Paesi  appartenenti alla zona euro, i moderni euronazisti sono fino ad ora riusciti a mandare le pecore al macello estorcendone perfino il consenso. Ora però le cose sono cambiate. La pubblica opinione comincia a percepire questo meccanismo perverso. Il voto di febbraio, che ha premiato i partiti meno inclini ad accettare silenziosamente gli ordini delle SS in giacca e cravatta, lo testimonia. I neonazisti contemporanei, da Draghi a Schauble, devono perciò confrontarsi con una situazione apparentemente inedita. Sappiamo che i partiti nazionali orbitanti nella sfera di influenza dei due principali gruppi politici europei, Ppe e Pse, sono corrotti alla radice. Per cui che vinca il socialista Hollande in Francia piuttosto che il popolare Rajoy in Spagna la musica non cambia: austerità, rigore, schiavitù, disoccupazione, miseria e distruzione del welfare state rappresentano i totem da rispettare sempre e comunque. Quando Mario Draghi dice che non bisogna preoccuparsi perché, con o senza elezioni, guida comunque il “pilota automatico”, palesa una grande verità. Di fronte ad un incerto risultato delle urne, i neonazisti continentali spingono sempre e ad ogni latitudine per la formazione di governi di larghe intese, compagini governative particolarmente pericolose perché in grado di attuare piani economici di sterminio di massa precostituendosi a priori l’alibi della difficile e forzata coabitazione. L’Italia di Monti e la Grecia di Papademos e Samaras dimostrano nei fatti la veridicità dell’assunto testé esposto. Ora in Italia la questione si è parecchio ingarbugliata. Gli schiavisti premono certamente per addivenire ad un accordo tra Pdl e Pd che prosegua sul solco sanguinario già tracciato da Monti. Ma la campagna elettorale ha lasciato troppi strascichi e alimentato forti diffidenze. La nomina dei saggi bipartisan imposta in maniera irrituale da Napolitano serve solo a rassicurare i burattinai che guardano l’Italia dall’estero. A loro di Bersani, Berlusconi e Grillo non gliene frega nulla; a loro interessa solo che la progressiva spoliazione di beni e diritti in capo ai cittadini italiani continui senza intoppi. I partiti, obbligati dal vincolo esterno e sotto la regia del Presidente “cosmopolita” Napolitano, sono perciò invitati a trovare un punto di intesa per il bene del capitale finanziario internazionale che deve ingrassare ancora sulla pelle delle classi più deboli dei paesi mediterranei. Il colloquio tra Draghi e Napolitano ( chi ha chiamato chi non ha alcuna importanza) va letto secondo questa prospettiva. Il nostro parlamento esprime in questa legislatura due forze che rispondono direttamente e senza fiatare agli ordini impartiti dalla massoneria reazionaria (Pd e Lista Civica); un partito che dopo avere per anni fatto il lavoro sporco si è pericolosamente messo in una posizione conflittuale rispetto al quarto reich trionfante (il Pdl); e infine un quarto partito che, per ragioni di età, non è ancora affidabile agli occhi dei torturatori sovranazionali (il Movimento 5Stelle). Oggi i grillini incontreranno non a caso l’ambasciatore americano David Thorne, uno di quelli che ha sostenuto con più entusiasmo la scellerata agenda Monti; può darsi che grazie ad un corso accelerato il duo Grillo-Casaleggio riesca a raccogliere l’eredità del professore di Varese ma, prima di ricevere l’ambito imprimatur, i grillini dovranno  nei fatti dimostrare di essere pronti a calarsi nei panni degli esecutori fedeli ai quali affidare tranquillamente potere e responsabilità. “Per il bene del Paese”, s’intende. Il vero elemento di disturbo che impedisce la rapida attuazione di una soluzione di sistema non è Grillo ( che fa la parte dell’utile idiota) ma Berlusconi (utile idiota emerito). Silvio ha infranto un tabù che non gli verrà perdonato. Il governo Monti è nato sulla menzogna: quella dell’emergenza che impone i sacrifici. Il tacito patto tra Berlusconi e Bersani prevedeva la difesa omertosa di questa abominevole rappresentazione per impedire agli italiani di percepire i tratti esclusivamente sadici e aberranti di alcuni provvedimenti di legge (specie di quelli firmati da Elsa Fornero). A un mese dalle elezioni però, furbescamente e per ragioni elettorali, Berlusconi ha infranto il patto di omertà stretto con Bersani spiegando agli italiani la natura volutamente recessiva di alcune manovre che lui stesso ha contribuito ad approvare. Nel mondo paramafioso della politica un comportamento del genere non può essere perdonato. Per questo Bersani non intende ora fare il governo con il Pdl, non perché veramente alternativo rispetto ad un partito con il quale ha condiviso gravissime responsabilità, ma, più modestamente, perché non si fida più. Due scassinatori possono lavorare insieme solo nella misura in cui mantengono un legame di fiducia intimo e  psicologico. Ma se uno dei due ladri scopre che l’altro è in realtà un confidente di polizia, state certi che non accetterà più a cuor leggero di lavorarci insieme. Berlusconi, per tutte queste ragioni, fiuta il pericolo e alza il livello di tensione. Ha paura di finire stritolato per avere infranto le regole sacre e inviolabili che regolano la vita di ogni sistema di potere che si rispetti. Le regole dell’omertà.
Francesco Maria Toscano
http://www.ilmoralista.it/2013/04/02/berlusconi-ha-paura-perche-sa-di-avere-infranto-un-tacito-patto-di-omerta/

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