domenica 19 gennaio 2014

Lenin, 90 anni dopo sopravvive il fantasma

Neppure Putin ha il coraggio di rimuovere il mausoleo dal cuore di Mosca


La mummia imbalsamata di Lenin

Lenin

Un ufficiale dell'esercito russo sull'attenti sotto un busto monumentale di Lenin al Museo militare di Mosca

Lenin e Stalin

Lenin con moglie e figli

La mummia imbalsamata di Lenin

Lenin tiene un discorso alla folla


di Claudio Salvalaggio
MOSCA - Sono passati 90 anni dalla morte di Lenin, il padre della rivoluzione d'ottobre, ma nella Russia di Putin lui e' ancora li', nel cuore di Mosca, mummia sotto vetro nel Mausoleo della piazza Rossa. In tutto il Paese numerose piazze, vie, scuole, ospedali portano ancora il suo nome e centinaia di sue statue resistono ancora, con il berretto o il giornale in una mano e l'altra alzata per indicare il futuro. O semplicemente, ora, l'orizzonte vuoto.
Solo nelle ex repubbliche sovietiche le hanno abbattute dopo il crollo dell'Urss, come e' successo anche recentemente in Ucraina in un tardivo sussulto nazionalista. Ma in Russia Vladimir Ilich Ulianov non e' una figura cosi' controversa come quella del suo ben piu' popolare erede Stalin, anche se il suo nome non dice nulla a molti giovani, che lo scambiano per un giocatore di calcio o un deputato della Duma, come era emerso tempo fa da alcuni sondaggi.
I suoi veri fedeli, e nello stesso tempo sacerdoti, sono i vetero comunisti di Ghennadi Ziuganov, che ogni anno, nel giorno della nascita e in quello della morte, a decine di migliaia gli rendono omaggio con corone di fiori, in piazza Rossa e ovunque ci siano suoi monumenti.
Lo faranno anche martedi' 21 gennaio, nel 90/mo della sua scomparsa, portando garofani rossi al mausoleo. Fiori anche in piazza Lenin nella sua citta' natale sul Volga, l'ex Simbirsk che dopo la sua morte prese il suo nome e dove esiste anche un memoriale, che ha promosso una serie di iniziative per l'anniversario: proiezione di documentari, una tavola rotonda sul tema 'Vladimir Lenin artefice della civilta' sovietica'.
Il dialogo di tre generazioni sulle sorti del patrimonio leniniano'', e l'inaugurazione di una mostra portata dalla Francia sull'attivita' del leader bolscevico a Longjumeau, dove nel 1911 aveva fondato una scuola di formazione dei militanti del partito socialista russo (tendenza maggioritaria, ossia bolscevichi). Simposio comunista anche sui '90 anni con Lenin e senza di lui'' a Iekaterinburg, dove nel 1918 il padre dell'Urss fece fucilare la famiglia imperiale. I media russi non hanno ancora rievocato l'evento, ma per domenica l'emittente Ntv ha annunciato la trasmissione di un documentario ''obiettivo'' intitolato ''Lenin imperatore rosso''. Chissa' se sara' cosi' obiettivo da raccontare veramente anche i suoi ultimi, tristi, anni di vita, quando stanco e malato, dopo il primo ictus nel maggio del 1922, si ritiro' nella sua lussuosa dacia di Gorki, a 35 km da Mosca, finendo di fatto ''prigioniero'' di Stalin e della Ceka, la polizia segreta che egli stesso aveva creato.
Quasi due anni vissuti semiparalizzato in una atmosfera cupa e mortuaria, resa perfettamente dal grande regista russo Aleksandr Sokurov in 'Taurus' (2001), racconto intimo e sommesso degli ultimi giorni di un uomo nato sotto il segno del Toro (22 aprile), animale simbolo di forza ma anche destinato al sacrificio. Un toro che diventa debole e inerme, bisognoso dell'assistenza degli infermieri anche per le sue funzioni fisiologiche primarie e che si aggrappa disperatamente ai suoi rari momenti di lucidita' nell'ultimo tentativo di sgambettare il troppo ''grossolano'' e ''capriccioso'' Stalin in una guerra di successione ormai aperta, sullo sfondo della rivalita' con Trotski. Tanto da ingannarlo con un telegramma sulla vera data dei funerali di Lenin, celebrati il 27 gennaio 1924 in mezzo ad una folla oceanica. Il resto e' noto: l''uomo d'acciaio' che si impadronisce del potere mettendo all'angolo ogni forma di opposizione, sino all'eliminazione fisica dei nemici, culminata nelle purghe del 1937-1938 e nell'assassinio dello stesso Trotski in Messico nel 1940.
L'utopia egualitaria professata da Lenin nei 'dieci giorni che sconvolsero il mondo' diventa una deriva di violenza e terrore. Fu Stalin a decidere di imbalsamarlo, contro la volonta' della vedova e dello stesso Lenin, che voleva essere sepolto accanto alla madre, in quella che dopo la sua morte fu chiamata Leningrado: un corpo-reliquia in un mausoleo per divinizzare un simbolo da offrire all' adorazione delle folle di una nuova religione pagana, quella del Pcus. Ancor oggi, 90 anni dopo la sua morte, nessuno, neppure Putin, ha il coraggio di rimuovere dalla Piazza Rossa quel rivoluzionario modernista trasformato in una mummia antica, quell'iconoclasta diventato un'icona da tenere sotto teca.
(ANSA)



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