domenica 12 gennaio 2014

Il viaggio in treno più bello: da Oslo a Bergen

13 Novembre 2013 | Pubblicato in Frammenti
di FEDERICO PACE
C’è sempre un piccolo seme sotto una fitta coltre di neve. Forse neppure lo sai quando poco dopo le otto del mattino comincia a pulsare il battito del treno sul binario della Sentralstatjon di Oslo. Ti prepari ad affrontare con stupore e pazienza queste distese infinite, il contrarsi dello spazio tra il nero dei tunnel e l’esplosione della luce. Tra Oslo e Bergen ci sono cinquecentoventi chilometri e quasi duecento gallerie. E la neve. Soprattutto la neve. Prima che venisse costruita questa ferrovia ci si impiegavano più di cinquanta ore per andare da una città all’altra. Te lo ha raccontato qualcuno mentre te ne stavi rilassato sopra un divano di un’abitazione confortevole come può esserlo solo un’abitazione quando fuori c’è il gelo più inospitale che hai mai sentito. Questa mattina per andare verso ovest, per andare dalla capitale fino al porto che guarda l’Oceano, impiegherai poco meno di sette ore. Sette ore di silenzio e neve.
Hai passato Drammen, verso sud, poi Hokksund e Vikersund. Non ci sono molti passeggeri. Una ragazza, precipitata nell’abisso del suo io, tiene gli occhi chiusi. Ascolta della musica da un iPod. Dopo qualche istante che la osservi, con la stessa colpevolezza di chi si sa non visto, le labbra si addolciscono in un sorriso. Ti chiedi quale possa essere la musica in cui sta cercando rifugio, quali le cose che intravede dietro le palpebre chiuse. Ti togli i guanti e stringi i pugni per provare a scaldare le mani. Al di là del finestrino c’è lo spazio e il tempo per immaginare i viaggi degli ingegneri che, prima ancora che arrivasse il Novecento, vennero mandati in spedizione per capire se quella di costruire la ferrovia non fosse davvero una follia. In questo stesso vuoto spazio, i loro passi, andati nel tempo e nel ghiaccio, quelle attese nel chiuso di una stanza. Il mondo addormentato dell’inverno. Il silenzio ovunque dei fiocchi della neve.
Arrivi a Honefoss che non sono neppure le dieci ed è allora che il treno comincia a salire. Ora ancora il palpitare delle motrici, la neve e il silenzio. Lo stesso silenzio che immagini possa aver colpito a fondo, in un fondo nuovo e inatteso, quasi indicibile, negli anni che furono, Henrik Ibsen, il drammaturgo norvegese che visse a Bergen e a Oslo. Deve di certo aver percorso questa linea. E si deve essere fermato a pensare. A socchiudere gli occhi. E ad ascoltare il silenzio. In una delle sue ultime opere, in quel dialogo che si scambiano i due protagonisti, alla donna che rimprovera l’uomo di avere dormito per tutto il tempo durante un viaggio in treno, l’uomo, il professor Ruberk risponde: «Non proprio. Mi accorsi di quanto silenziose diventavano quelle piccole stazioni. Ascoltavo il silenzio. Come te, Maia.»
Prima Fla, poi Nesbyen, Gol e Al. Ora, quando sono passate le undici e mezza, hai già quasi compiuto la metà del viaggio. Il treno è salito a più di quattrocento metri di altitudine ma i binari salgono ancora e arrivi a Geilo. E’ quasi montagna. Su qualche giornale hai letto di quel duo americano, i Beach House, a cui qualcuno ha chiesto di scrivere una canzone su questo viaggio che taglia la Norvegia da una sponda all’altra. Hai cercato il file di quella canzone e l’hai scaricato. Mentre fai partire la musica, ti capita di nuovo di guardare la ragazza che sta ancora raccolta dentro di sé. Diresti che somiglia a una giovanissima Ingrid Bergman. Quasi ti preoccupi a vederla ancora così. Non riesci a immaginare, neppure questa volta, quale sia la ragione del suo viaggio. I suoi occhi chiusi sono il confine che non riesci a valicare.
Da Geilo si sale per altri seicento metri verso la vetta massima. Il mondo, per come l’hai conosciuto, sembra adesso troppo lontano e remoto. Ma hai la sensazione che qui le cose stiano mutando. Hai la sensazione di non avere ancora avuto il tempo necessario per capire davvero. Arrivi a Ustaoset, quasi mille metri, poi Haufastorl, e infine Finse. E’ quasi mezzogiorno e mezzo. Sei a 1222 metri sul mare, e a 324 chilometri da Oslo. Nella più alta stazione ferroviaria della Norvegia. Qui ci puoi arrivare solo in treno. D’estate, mi dice uno, anche in bici. Forse, in un giorno che verrà, ci potrai provare. C’è il ghiacciaio Hardangerjøkulen e la sua vastità imponderabile. Ascolti di nuovo la voce di Victoria Legrand. C’è una sorta di ipnotica forza nelle sue parole. Ti entrano piano dentro. «We were sleeping till, you came along. With your tiny heart. You let us in the wooden house. To share in all the wealth. Don’t you know it’s true?».Solo dopo, comincia a pronunciare la parola Norway come fosse un’epifania inattesa o un richiamo addolorato di un bimbo.
Si torna a scendere. Ecco Hallingskeid, poi Myrdal. La discesa si fa ripida e stupefacente. Nulla però scuote la ragazza che rimane come una sirena, poggiata sul fondale del suo oceano. Mi sporgo ancora senza curami se potrò bagnarmi in queste acque gelide. Poi Upsete e Mjolfjell. Si scende ancora, in soli trenta chilometri, quasi seicento metri di dislivello. Si ha quasi la sensazione che il rebus di questo viaggio stia trovando, da sé, la soluzione. Si arriva a Voss, poi Dale e Ana. Sono quasi le tre e Bergen è ormai vicina. E’ allora che la giovanissima sirena, per la prima volta, dischiude i suoi occhi.
Il sito delle ferrovie norvegesi NSB: www.nsb.no
Fermate intermedie Oslo - Bergen: Oslo: 08:11; Hønefoss: 09:38; Nesbyen 10:46; Geilo 11:45; Finse: 12:25; Myrdal: 12:53; Voss: 13:43; Bergen 15:52
Prezzi biglietto Oslo Bergen: Da 199 corone norvegesi a 788 corone norvegesi
http://senzavolo.it/il-viaggio-in-treno-piu-bello-da-oslo-a-bergen

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