domenica 26 gennaio 2014

il messaggio dell'imperatore



a luciana
Cara Luciana
gli scritti di Kafka sono surreali ma anche potentemente simbolici,
per questo esaltano il nostro immaginario molto al di là della ragione
come fossero messaggi provenienti dall'inconscio. Questo racconto mi
colpì già quando ero piccola e mi è tornato prepotente alla mente
quando dovevo cercare un scritto in cui rappresentare il Natale,
soprattutto in un momento come questo, di lutto, per la mia vita.
In ogni giorno della nostra vita, ma soprattutto a Natale, noi
riviviamo il miracolo della nascita. Di questa abbiamo bisogno perché
siamo come fiumi che spesso si ritrovano in secca e inariditi e devono
tornare alla propria sorgente per riprendere lo slancio della vita.
Confusamente ognuno di noi sa che la sua vita ha un senso, che è nato
al mondo non per caso ma con un preciso compito. Jung vedeva
addirittura tutta la vita dell'uomo come una ricerca di questo compito
e chiamava questa spinta interiore "spirito di individuazione", che è
in fondo la risposta alle tre domande fondamentali dell'uomo: "Chi
sono, perché vivo? Dove vado?" , ricerca che poteva finire con un
nulla, perché, come riconosceva con tristezza Jung, "La maggior parte
degli uomini muoiono senza sapere perché sono nati", senza, cioè,
essersi mai individuati.
Ma, credere in un significato e in un compito presuppone anche
vagamente credere in un ordine anche morale dell'Universo, credere che
ci sia uno scopo e una funzione nell'insieme, non solo per noi ma
anche per tutti, solo che quell'ordine spesso noi non lo vediamo nel
caos presente e anche meno, spesso, lo vediamo nel nostro caos
interiore. Malattie, lutti, perdite, deprivazioni, lontananze,
delusioni, possono tramortire lo spirito di vita dentro di noi e
portarci a al colore bianco della mancanza, dell'assenza. A Natale,
soprattutto, i dolori e i problemi della vita, ma prima fra tutti la
solitudine, possono darci il senso che questa nuova rinascita per noi
non ci sarà. E' proprio la gioia forzata del Natale a cui sembra ci si
debba per forza allineare come fosse un compito obbligato a darci lo
stacco dalla condizione presente. Per questo proprio il Natale col suo
obbligo a essere felici è il giorno dell'anno che più crea
depressione.
Io avevo un marito che era proteso verso il mondo, aiutava tutti,
faceva mille cose utili e interessanti, e aveva una forza vitale
incredibile che lo ha sorretto fino all'ultimo rinnovando la sua
speranza e il suo ottimismo e regalandogli anche guarigioni
miracolose, eppure a Natale cadeva sistematicamente in uno stress da
disperazione, era agitato, faceva scenate per nulla, era di un cattivo
umore pazzesco, ci rovinava sistematicamente le feste. Tutto il suo
straordinario ottimismo crollava di colpo, come soverchiato dal dovere
di essere felice che tirava a galla ogni sua disperazione rimossa. Lo
stesso accade a tanti che odiano il Natale come se attirasse in
superficie tutte le loro scorie negative.
Io credo veramente che sia molto più facile essere felici casualmente
in un qualunque giorno dell'anno che a Natale.
Troppe aspettative vengono di colpo a galla, troppe delusioni e
disillusioni fanno massa improvvisa e coprono tutto di una massa
amorfa.
Bisogna considerare tutto questo molto umano e molto transitorio. E'
una reazione fisiologica che poi passerà.
Il Natale cade non a caso nel solstizio d'inverno, il momento più
freddo e arido dell'anno, quando la natura sembra morta e senza vita,
un periodo che fu celebrato in tutto il mondo antico ben prima del
cristianesimo con riti e simboli che il cristianesimo non fece che
perpetuare perché simboleggia un momento ciclico dello spirito umano,
quando lo spirito vitale sembra affievolirsi e allora bisogna
festeggiare la vita nuova che ricomincia, perché ogni apparente pausa
dell'esistenza prepara costantemente una rinascita.
L'albero verde di tutta la mitologia celtica e nordica è il segno
della vita che non muore mai. La festa delle luci presente anche in
India  ricorda che la luce splende sempre nei nostri cuori anche
quando sembra affievolirsi. La nascita del bambino divino è il
riaccendersi della speranza in qualcosa di nuovo che può arrivare
attraverso l'amore.
Noi lo sappiamo, lo speriamo, nel fondo di noi stessi anche nel
momento più desolato, che c'è speranza, che le cose  avranno un senso,
che noi abbiamo un significato e un compito, che esiste il Bene e che
noi possiamo fare il Bene. Sappiamo che tutto ciò esiste e che in
qualche intelligenza profonda dell'universo è conosciuto anche il
senso della nostra vita, sappiamo tutto questo ma a volte ne dubitiamo
e vorremmo che qualcuno ce lo dicesse di nuovo. Per questo aspettiamo
il messaggio dell'imperatore. Per questo anche quando si fa sera, noi
restiamo ad aspettare che qualcuno ci dica chi siamo e ci riveli in
grande mistero che esiste in ognuno di noi.
 
Viviana

http://masadaweb.org

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