lunedì 13 gennaio 2014

Facebook ti usa: “Non ho mai cliccato mi piace su quella pagina”, nuova class action
Di Candido Romano


Facebook

Un prodotto sul popolare social network che non è mai andato a genio agli utenti: stiamo parlando dei post sponsorizzati, che finalmente hanno ricevuto una "data di morte". Ebbene sì, dal prossimo 9 aprile i social media marketer di tutto il mondo dovranno studiare nuove strategie per creare engagement. Facebook non cancellerà le pubblicità, anzi, ci mancherebbe.

I cambiamenti nelle API per gli sviluppatori porteranno comunque a post e pubblicità "con la migliore diffusione possibile", si legge nella platform roadmap per gli sviluppatori. Le cosiddette "sponsored stories" sono pubblicità che utilizzano i "mi piace" e le informazioni degli utenti per promuovere brand e pagine. Il problema è che Facebook utilizzerà comunque le informazioni dei propri utenti per promuovere la pubblicità sul social network. L'unica differenza è che non saranno chiamate "sponsored stories" ma "social context".
Un marketing da "passaparola" e in questo caso la parola è data dai click. Questo significa che se un proprio amico mette "mi piace" sulla pagina di un'azienda, quest'azione viene automaticamente sponsorizzata nel news feed dei propri contatti. Proprio questo ha fatto arrabbiare molti utenti e ha portato già a una class action, dato che in molti sentivano violata la propria privacy a causa di queste pratiche. L'azione legale si è conclusa con un accordo e Facebook pagò 20 milioni di dollari.
I cambiamenti messi in atto da Facebook entro aprile però non sembrano così sostanziali. Appaiono invece come un mero gioco semantico e portano a una confusione maggiore. Con i "post sponsorizzati" si aveva almeno la percezione che quel contenuto fosse stato pagato da qualcuno per farsi pubblicità. Questo non significa però che i propri dati (e la propria faccia) non saranno usati in futuro come veicolo per vendere pubblicità. Facebook in questo senso si difende dicendo che gli utenti possono vedere le proprie informazioni, inclusi i propri "mi piace" accanto alle pubblicità, nel proprio registro attività. Rimane il fatto che l'azienda continuerà ad utilizzare i propri utenti e le loro informazioni per scopi commerciali.
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Ma i problemi per Facebook non finiscono di certo qui. Un utente del Colorado, USA, di nome Anthony Ditirro è stato avvisato da un amico di un'azione "fantasma": "a Tony Ditirro piace USA Today", questo è il messaggio apparso sulla bacheca dell'amico, quando l'uomo sostiene di non aver mai compiuto questa azione.
L'uomo chiede quindi 750 dollari per sé e per tutti gli utenti che sono comparsi in questa pubblicità senza il loro consenso (il testo della class action). Di certo i "Ghost Likes", come vengono solitamente chiamati, non sono una novità. Nel 2012 alcuni utenti hanno addirittura segnalato di aver visto sul proprio news feed un "mi piace" di un amico che sponsorizzava un'azienda. L'unico dettaglio era che questa persona era deceduta.
Appare facile però attribuire un falso "mi piace" a qualche errore degli utenti, ma sembra proprio che sia un problema che riguarda in molti, su larga scala. Non è quindi solo colpa degli utenti se improvvisamente appaiono dei "mi piace" mai approvati. E in molti in questi anni si sono giustamente lamentati anche di essere stati "usati" per scopi pubblicitari.
Facebook sta espandendo e non limitando, come erroneamente si crede, l'utilizzo dei suoi utenti per scopi pubblicitari, si vedano anche gli ultimi report sul costante monitoraggio sui messaggi privati degli utenti per poter offrire agli inserzionisti la possibilità di mettere in campo pubblicità "su misura". Non dovete sorprendervi, quindi, se giorno dopo giorno vedrete "a Mario Rossi piace tot azienda" sulla vostra bacheca, a meno che non decidiate di rimuovere completamente le pubblicità da Facebook.


 http://it.ibtimes.com/articles/61204/20140113/facebook-ti-usa-scopi-pubblicita-class-action-privacy.htm#ixzz2qIAwNm9E

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