venerdì 3 gennaio 2014

Dimmi cosa stai leggendo

di Soraya Chemaly*
Un giorno, quando mia figlia frequentava la terza elementare, dovette spiegare ad un compagno di classe cos’era il sessismo. Quattro bambini, due maschi e due femmine, erano stati messi insieme in un gruppo di lettura, era stato dato loro un cesto pieno di libri e gli si era chiesto di decidere insieme quale libro avrebbero letto e poi discusso.
Mentre esaminavano i testi, il compagno di mia figlia prese un libro che aveva in copertina l’illustrazione di una donna vestita in abiti ottocenteschi: lo buttò rapidamente da parte. Mia figlia suggerì che poteva essere un buon libro e chiese se lui lo aveva già letto, perché a lei sarebbe piaciuto farlo. Lui disse di no, era un libro per femmine e lui non lo avrebbe letto. La risposta di mia figlia fu asciutta e acuta: “Dire una cosa del genere è sessista”. Il bambino era suo amico, ed era intelligente. Stette zitto abbastanza perché lei sapesse che non era sicuro di aver capito.
“Sai quanti libri con ragazzi dentro leggo io?”, gli disse, “Dovresti leggere anche tu i libri da ragazze. Non leggerli perché parlano di ragazze è sessista.” Francamente, a tutt’oggi, sono sicura che lei – a nove anni – abbia detto al suo compagno di scuola più di quanto la maggior parte degli adulti siano capaci di fare.
Conoscete in che percentuale, nei libri per bambini, i maschi sono protagonisti? Due volte tanto le femmine. Televisione e film a cartoni animati sono particolarmente subdoli e insidiosi nel modo in cui marginalizzano basandosi su genere e etnia. Nei libri per bambini più famosi che presentano animali animati, il 100% ha personaggi maschili, ma solo il 33% ha personaggi femminili. Il numero medio di libri che presentano nel titolo personaggi maschili sono il 36,5%, contro il 17,5% che presentano personaggi femminili. E non si tratta solo della quantità, ma anche della qualità.
Personaggi femminili nei libri cosiddetti “per tutti” sono spesso marginalizzati, stereotipati o monodimensionali, in special modo nelle fiabe e storie più famose che circolano comunemente nelle scuole e nelle librerie: non c’è nulla di per sé sbagliato in questi testi, sono storie molto belle e riflettono la realtà dei loro tempi, ma continuare a preferirle rispetto a narrazioni più nuove, più rilevanti ed eque non fa un favore a nessuno.
Ci sono parecchi, anche se non ancora abbastanza, buoni libri con intensi personaggi femminili, ma i ragazzini non sono incoraggiati a immergersi in essi. I libri in cui le protagoniste sono ragazze sono, in maggior parte, intesi per le ragazze stesse. La cosa è interessante perché, oltre a non essercene a sufficienza, i libri per bambini con femmine protagoniste sono banditi in una percentuale sproporzionatamente alta: apparentemente, le ragazze che fanno qualcosa spaventano un mucchio di persone. I ricercatori dell’Università della Florida, concludendo uno studio che ha esaminato un secolo di letteratura per l’infanzia, hanno concluso: “Le diseguaglianze di genere che abbiamo trovato possono essere particolarmente potenti, perché sono rinforzate dallo schema in cui i personaggi di sesso maschile dominano altri aspetti dei media diretti ai bambini, inclusi i cartoni animati, i film “per tutti”, i videogiochi e persino i libri da colorare.”
L’immaginazione e la vita letteraria di una bambina sarebbero luoghi vuoti e aridi se non imparasse presto a leggere libri che parlano di maschi, a mettersi nei panni di un bambino e ad apprezzare la sua storia. Come per altri aspetti del comportamento socialmente “giusto” la capacità dei bambini di attraversare le linee del genere con l’empatia è una strada a senso unico: le bambine devono farlo, i bambini apprendono a non farlo. Una grossa parte del diventare “vero uomo” sta nel rigettare storie, libri, film e giochi che parlano di bambine e ragazze. La ricercatrice Isabelle Cherney ha osservato che i maschi dai 5 ai 13 anni prendono indifferentemente giocattoli “da femmine” e giocattoli “da maschi”… a meno che qualcuno li stia osservando. E sono particolarmente preoccupati di cosa possono pensare i loro padri se li vedono. Con il passare del tempo, l’interesse dei ragazzi per giocattoli, attrezzi, media, diventa sempre più rigidamente “mascolinizzato”, mentre le ragazze restano relativamente più aperte e flessibili. Pensate alle implicazioni di questa narrativa sulle abilità sociali quali sviluppo e adattabilità, sulle capacità lavorative eccetera.
Il problema, naturalmente, non sono i ragazzi ma le abitudini culturali che li favoriscono in modo esagerato. I media che distorcono la realtà e creano figurazioni ed idee sbilanciate fanno male a tutti. Mano a mano che i bambini e le bambine crescono, la marginalizzazione delle femmine nei media aumenta. I ragazzi che crescono vedendosi dappertutto come potenti e centrali, per la sola virtù dell’essere maschi, sono criticamente menomati in molti modi. E’ un violento shock per molti doversi rendere conto che le cose non sono come erano state raccontate. Le rappresentazioni mistificatorie dei media contribuiscono a creare l’incapacità, nei ragazzi, di provare empatia per gli altri, e l’attitudine a collegare l’ambizione a qualità intrinseche anziché all’impegno, e il fallimento nel comprendere perché si applicano regole o perché esiste qualcosa come l’essere responsabili. Dovrebbe dire qualcosa, a un genitore, il fatto che gli adolescenti con più alte probabilità di aggredire sessualmente una coetanea sono ragazzi bianchi provenienti da famiglie ad alto reddito. Dovremmo parlare di senso di legittimazione e delle nozioni obsolete di mascolinità, responsabili entrambi del lasciare i ragazzi confusi e impreparati per la moderna età adulta.
La gente di solito è svelta a fornire “prove” (in realtà aneddoti) per contraddire i risultati degli studi sulla letteratura e gli altri media per l’infanzia, ma non possiamo girare attorno a questo fatto: anno dopo anno le corporazioni che creano i media, dirette in stragrande maggioranza da uomini bianchi, non mostrano alcun interesse a fare connessioni fra la giustizia nei media e la giustizia sociale. Inoltre, danno alla gente quello per cui la gente paga.
Non sto suggerendo che scrittori, insegnanti e genitori creano e condividono queste cose dopo aver accuratamente riflettuto su come perpetuare idee discriminatorie. Nessuno si mette seduto a pensare: “Ehi, questo sì che è un buon modo per inculcare sessismo e razzismo a una classe di scolaretti!” Sto dicendo che, come in numerosi altri aspetti della cultura, “maschio e bianco” nei libri per bambini è considerato lo standard e magicamente inclusivo. Preparare i nostri figli a vivere in una società pluralista e composta di differenze richiede che noi si smetta di accettare l’andazzo e si cerchino narrazioni alternative.
Noi siamo una specie di narratori e la rappresentazione simbolica e la visibilità hanno un’importanza cruciale nel modo in cui strutturiamo la società. Esporre i bambini alla diversità nei media li incoraggia ad apprendere di persone “differenti” e a capire perché queste differenze non sono le fondamenta della gerarchia, bensì le fondamenta della comunità. E’ di sicuro una questione che va oltre la letteratura per l’infanzia, ma le storie e in special modo i libri fintanto che li abbiamo, sono un buon punto di inizio.

* Tratto da What Does it Mean that Most Children’s Books Are Still About White Boys?, un più ampio servizio di Soraya Chemaly per Role/Reboot, 2013. Questo articolo è stato scelto e tradotto da Maria G. Di Rienzo, femminsta, giornalista e regista teatrale (http://lunanuvola.wordpress.com/).

http://comune-info.net/2013/12/dimmi-cosa-leggi/

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