giovedì 9 gennaio 2014

Croazia, a processo il “frate playboy” e l’amante: frode da 1,3 milioni di euro


ZAGABRIA – Processo scandalo a Spalato, in Croazia. Sime Nimac, frate francescano di 35 anni soprannominato “il prete playboy”, e la sua presunta amante, Jasna Bilonic, sono accusati di aver venduto illegalmente un terreno appartenente alla Chiesa cattolica e di essersi impossessati in questo modo di almeno 1,3 milioni di euro.
Secondo l’accusa il frate, ex parroco a Baska Voda, cittadina turistica in Dalmazia, avrebbe trasferito nell’ottobre del 2012 sul suo conto privato l’1,3 milioni di euro ricavati dalla vendita a un’azienda privata di un terreno di 40 mila metri quadri vicino al mare, di proprietà della Chiesa cattolica. Il terreno sarebbe stato messo in vendita dallo stesso Nimac, all’insaputa della gerarchia ecclesiastica e senza chiedere il consenso alla Provinca francescana di Spalato.
Jasna Bilonic, ex dipendente di una banca e secondo la stampa all’epoca amante di Nimac, è accusata di aver aiutato l’ex parroco nell’operazione bancaria e di averlo incitato ad effettuare la truffa. Entrambi si sono dichiarati innocenti, sostenendo al tempo stesso di non essersi neanche conosciuti prima del caso in questione.
La stampa croata descrive il sacerdote come ”un uomo molto attraente e carismatico”, amante di oggetti di lusso, ”orologi pregiati e abiti di marche italiane molto costosi”. Nonostante avesse servito in alcune parrocchie povere, guidava una Chrysler sportiva e pare possedesse anche un piccolo yacht. Nel corso delle indagini circa 300mila euro sono stati scoperti su di un conto di Bilonic, descritta invece come ”una bionda fatale”, anch’essa amante del lusso.
Dopo che il caso fu scoperto poco più di un anno fa, suscitando un vivo interesse mediatico, in un comunicato la Chiesa si era scusata con i fedeli esprimendo ”sincero rammarico per la giustificata indignazione dell’ opinione pubblica e dei cattolici per il comportamento deplorevole di un individuo egoista e insaziabile”. Se riconosciuti colpevoli, i due rischiano fino a dieci anni di prigione, oltre a cause civili da parte della Chiesa per la restituzione del denaro e eventuali altri risarcimenti.

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