mercoledì 8 gennaio 2014

'Che paghino le banche': la storia della JPMorgan Chase e di tutte le sue multe

Di Alessandro Proietti



'C'è del marcio' nelle più alte sfere della finanza mondiale. C'è sempre stato e, in buona approssimazione, sempre ci sarà. Nei luoghi nei quali circolano 'molti' (termine che non rende giustizia all'ordine di grandezza delle cifre in ballo) soldi - giocoforza - la brama di denaro e potere conduce spesso a comportamenti poco cristallini (eufemismo). Nell'intersezione tra il gruppo dell'élite mondiale delle finanza e quello delle grandi banche, poi, spicca un nome su tutti: la JPMorgan Chase.

Jamie Dimon CEO di JpMorgan Chase

(Foto: IBtimes / )

Jamie Dimon

Immensa istituzione bancaria, fondata nel 1799, poggia su un bacino di dipendenti che supera le 260mila unità. Può vantare numeri record: fatturato (2012) a quota 97,03 miliardi di dollari, utile netto a $21,30 miliardi, total asset a $2 500 miliardi. Statistiche su statistiche, quello che emerge è un unico, chiaro, concetto: la JPMorgan Chase è il 'miglior' esempio di istituzione finanziaria globale moderna. I suoi lunghi tentacoli non si lasciano sfuggire nessuna opportunità, ogni campo d'affari è lecitamente raggiungibile da questo titano della finanza. C'è un però: come accennavamo prima, più si sale lungo quella sorta di scala di 'magnitudine assoluta' del mondo finanziario, più l'opportunismo dei partecipanti viene a galla. Un 'senso degli affari' che spesso sfocia in comportamenti decisamente poco leciti. Con questo background, preso atto che la nostra JPMorgan Chase ha 'le mani in pasta' pressoché ovunque, non risulta allora difficile comprendere perché il colosso rientri in ogni singola multa emessa dalle autorità di vigilanza mondiali contro i 'furbetti della finanza'. Per gli amanti dei numeri la JPMC offre una vasta gamma di dati statistici in tema di multe. Potremmo partire con il caso 'Tibor', il cugino orientale del tasso Libor, 'candidamente' manipolato dalle banche per trarne indebiti vantaggi: in quell'occasione, nelle casse dell'Ue, la nostra banca se la cavò con una miserrima multa da 80 milioni di dollari. Si potrebbe poi citare, tra le tante 'occasioni' di incontro con le autorità, quella legata alla JPM Ventures Energy: giocattolino della casa madre sfruttato a dovere per la manipolazione dei prezzi dell'energia in California e nel MidWest che portò in dono una multa da 410 milioni di dollari. Ma ancora: come dimenticare il capitolo della "London Whale"? La pessima figura fatta dalla JPMC e dal CIO sulle operazioni del trader Iksil non solo si concluse con perdite versione 'huge' sui CDS Index ma, in aggiunta, portarono ad una multa per i mancati controlli interni - et similia - da oltre $920 milioni di dollari. Il caso più eclatante, poi, resterà quello legato alle mortgage-backed security ed al vasto capitolo subprime: i raggiri operati alla Fannie Mae ed alla Freddie Mac, per mezzo dell'acquisita Washington Mutual, hanno portato ad una maxi-multa (contenente tanto i risarcimenti quanto la multa vera e propria) da oltre 13 miliardi di dollari. Chiude, in ordine meramente cronologico, il caso Madoff. L'accusa mossa (ed incassata) alla JPMorgan Chase è quella di non aver avvertito le autorità dei sospetti movimenti di Madoff sui conti presso la banca. Una mancanza assoluta dell'attività obbligatoria di reporting (la c.d. SAR, "Suspicious Activity Report") che l'ha costretta al pagamento di una multa da 2,6 miliardi di sonanti dollari.
Circa diciassette miliardi di dollari di multe, più del 79% dell'utile netto 2012. La banda di Jamie Dimon, tuttavia, era ben conscia di quello cui andava incontro e la riserva creata per i contenziosi legali ha fatto ampiamente il suo dovere. La sanzione pecuniaria, a conti fatti, non è un deterrente valido contro colossi finanziari di questo tipo. Alzare ulteriormente le multe, poi, rischierebbe inutilmente di destabilizzare il mondo della finanza per 'qualche spicciolo in più'. L'unico elemento che ha parzialmente funzionato, fino ad ora, è il danno di immagine. La lista di cui sopra non è di certo un buon biglietto da visita e lo stesso Dimon ne è consapevole. "Gli azionisti mi dicono 'combatti' (...) ma pensate ad un combattimento in tribunale per due, tre, quattro o cinque anni, con i tuoi dipendenti che saranno [sempre] intervistati, con la tua compagnia svilita incessantemente dalla stampa (...) è molto difficile presentarsi davanti alla corte in alcuni casi, specie se sei una banca e io non voglio che la salute della mia compagnia sia sempre messa sotto minaccia (...) Dobbiamo lasciarci alcune cose alle spalle per poter fare [oggi] il nostro lavoro. Il nostro compito è quello di servire i clienti per tutto il mondo". Questa la spinta 'ideologica' che ha portato a tutti i patteggiamenti. Per ora, a meno di nuovi vasi di Pandora, le multe hanno messo una pietra sopra le 'biricchinate' del passato e lasciano nelle mani della banca la possibilità di scegliere un futuro diverso. Dall'altra parte della barricata, poi, le istituzioni hanno imparato sulla 'propria' pelle cosa significhi 'fidarsi' troppo dell'universo finanziario e - si spera - controlleranno in maniera decisamente più attenta tutti gli sviluppi futuri di questo mondo della finanza in continuo divenire.



 http://it.ibtimes.com/articles/60999/20140108/jpmorgan-chase-multe-madoff-subprime-fannie-freddie-dimon-tibor-usa.htm#ixzz2poHxESEE

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