sabato 1 febbraio 2014

Appunti da uno sbarco

Il recente incontro della rete dei Gas e dei Distretti di economia solidale, lo «sbarco», ha confermato l’esistenza di un movimento fluido e frammentato e proprio per questo forte. Un movimento che non ha più voglia di delegare e che ogni giorno mette al centro la costruzione di relazioni sociali diverse nei quartieri, negli spazi urbani dismessi, nei terreni strappati alle mafie, nei mercati contadini. Per farne parte non servono tessere, ma solo la coscenza che le cose si possono cambiare davvero, adesso, e non dall’alto.
di Marco Appiotti 
Tra il 28 e il 30 giugno si è tenuto a Monopoli (Bari) lo “Sbarco”, nome con cui da alcuni anni è stato ribattezzato il convegno nazionale dei Gas (Gruppi di acquisto solidale) e Des (Distretti di economia solidale). Non entrerò nei termini delle riflessioni e delle proposte trattate; come ogni anno sul sito retegas.org sarà disponibile a breve tutta la documentazione relativa ai gruppi di lavoro che hanno animato l’incontro (ne riferiremo quando pronti). Interessa qui riportare qualche impressione che ho potuto cogliere partecipando alla due giorni.
Ufficialmente si comincia quando si è pronti, con oltre tre quarti d’ora di ritardo sull’orario programmato. In realtà si comincia appena varcato il portone della sede dell’incontro. Mentre si prende un caffè o un bicchiere di latte di mandorla, tra i saluti a chi si conosce e le prime presentazioni cominciano i “report” dai rispettivi territori, si intercettano gli interessi comuni che confluiscono nei gruppi di lavoro, guidati da una squadra di instancabili facilitatrici. Concluse le sessioni, tra i commenti e le opinioni la fila per il pranzo messo a disposizione dagli organizzatori passa in fretta.
Scritte a pennarello
In effetti l’occasione per potersi confrontare è tanto ghiotta quanto rara e si sfrutta tutto il tempo a disposizione, pranzi e cene compresi. Insomma tra gruppi di lavoro, momenti di assemblee plenarie e intervalli chiacchierati, gli scambi di saperi procedono senza soluzione di continuità. Le sintesi scritte a pennerello su grandi fogli pian piano iniziano a decorare sale e corridoi. Contengono visioni, aspirazioni, strategie, spunti e suggerimenti da cui pescare a piene mani: in molti li fotografano avidamente.
Ma al di là delle pratiche che vengono spiegate, delle riflessioni proposte, dei temi prospettati, a mio avviso il vero cuore della manifestazione sono le relazioni. I contenuti espressi acquistano significati nuovi nei toni sicuri o preoccupati, speranzosi o indecisi, sempre interessati. Un intreccio di sensazioni animano Palazzo San Martino – sede dell’incontro – le vie adiacenti, le osterie convenzionate, giù fino al lungomare e permettono di instaurare legami che vanno oltre una visione condivisa.
Non è il luogo delle decisioni
Insomma, questo non è il luogo delle decisioni, quello che conta qui sono le persone. C’è Paola di Bologna che soppesa ogni parola che ascolta o che pronuncia e con lei quelli del Gas Alchemilla che son venuti in gruppo; Dario di Roma giovane, gioviale e con le idee chiare; Andrea di Fidenza con il suo sigaro in bocca e la risposta pronta; e poi Roberto, siciliano dalle mani forti e pensieri fini; Nino, pugliese, mente lucida e viso disponibile; Mary e Valentina, della provincia di Milano, interessate e loquaci. E Filippo che il giorno dopo mi invia modelli di mappattura opensource.
Loro e tutti gli altri sono il movimento dell’economia solidale, la cui forza sta proprio nella fluidità e nella frammentazione. Sono le persone con le proprie differenze che contribuiscono al suo sviluppo con il proprio apporto critico, le riflessioni meditate, le proposte condivise con le quali sanno contagiare tanti altri nei rispettivi territori di cui riportano non solo le buone pratiche, ma anche i fermenti. Un movimento che, in un Paese che sembra non voler cambiare, non ha più voglia di delegare e che ogni giorno promuove i beni comuni nei quartieri, negli spazi urbani dismessi, nei terreni strappati all’ndrangheta, nei mercati dei contadini. Per farne parte non ci vuole una tessera, ma solo la coscenza che le cose si possono cambiare davvero e dal basso. Adesso.
Il coriandolo pugliese
Infine l’evento è un anche un modo per incontrare un territorio: i palazzi di tufo “che invecchia bene”, il porto vecchio, la chiesa sconsacrata di San Pietro in cui manca la connessione necessaria per visualizzare online un social network dedicato alle imprese sociali. Ma anche il coriandolo pugliese, un po’ melone un po’ cetriolo, il farro con le cozze, l’ospitalità della signora Marianna del B&B in cui alloggio nel bel mezzo di un quartiere residenziale che per ordine e pulizia non ha niente da invidiare al corrispettivo di Cophenagen. E poi i produttori locali che di giorno partecipano ai lavori del convegno e di sera animano il mercatino lungomare con tipicità difficilmente reperibili in città lontane.
Alla fine ti rimane una carica speciale, un tensione celebrale che il bagno nel mare caldo e pulito a fine lavori solo in parte discioglie. Ci si era presentati con una stretta di mano, ci si lascia con un abbraccio. E con l’indirizzo email che non cadrà nel dimenticatoio.


http://comune-info.net/2013/07/appunti-da-uno-sbarco/

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