lunedì 27 gennaio 2014

Amnesty accusa, repressione dilaga nel dopo-Morsi

Anniversario 'rivoluzione', rapporto denuncia violenza e abusi


 Stato di allerta al Cairo

Duro attacco di Amnesty International all'Egitto del dopo-Morsi in un rapporto pubblicato in vista dell'anniversario della "rivoluzione del 25 gennaio". Rapporto che accusa il governo ad interim e i militari di usare ogni mezzo a disposizione per sopprimere il dissenso e violare i diritti umani. Nel testo - titolato significativamente "La roadmap verso la repressione, nessuna fine in vista per le violazioni dei diritti umani" - Amnesty dipinge un quadro sconfortante di quanto accaduto nel Paese fin dalla deposizione del presidente islamico Mohamed Morsi nel luglio 2013. "Negli ultimi sette mesi l'Egitto ha assistito a una serie di colpi ai diritti umani e a una violenza di stato senza precedenti. Tre anni dopo, le richieste di dignità e diritti umani della 'rivoluzione del 25 gennaio' restano più lontane che mai... e repressione e impunità sono all'ordine del giorno", commenta Hassiba Hadj Sahraoui, vicedirettrice del Programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International.
Secondo Amnesty, "l'Egitto ha intrapreso decisamente la strada verso un ulteriore periodo di repressione e di scontro. A meno che le autorita' non cambino orientamento, a iniziare dal rilascio incondizionato dei prigionieri di coscienza". Riguardo alle rassicurazioni recenti del presidente ad interim Adly Mansour secondo le quali la nuova costituzione egiziana favorira' nel Paese "il rispetto delle liberta' e della democrazia", Sahraoui replica che "nella realtà dei fatti la situazione attuale dei diritti umani e' spaventosa". "Il governo egiziano - incalza - sara' giudicato non dalle sue parole, ma dalle sue azioni. Le assicurazioni verbali resteranno prive di senso se la repressione sul terreno continuera' ad aumentare e se bastera' un tweet per finire in prigione". Nel rapporto si sostiene che in effetti "negli ultimi mesi la violenza ha raggiunto livelli senza precedenti: le forze di sicurezza hanno commesso gravi violazioni dei diritti umani, ricorrendo regolarmente alla forza eccessiva, a volte letale, nei confronti di manifestanti dell'opposizione e di proteste nei campus universitari".
"Dal 3 luglio 2013 - stima Amnesty - 1400 persone sono state uccise nel corso delle violenze politiche, la maggior parte delle quali per mano della polizia. E nessuna indagine adeguata e' stata aperta sulla morte di oltre 500 sostenitori di Morsi in occasione dello sgombero del sit-in di Rabaa al-Adawiya dell'agosto 2013". "Il piu' grave giro di vite - insiste Amnesty International - e' stato nei confronti della liberta' di espressione e di manifestazione. Migliaia di presunti sostenitori e membri della Fratellanza musulmana sono stati arrestati per aver contestato la deposizione di Mohamed Morsi. Non sono stati risparmiati donne, uomini e bambini che esprimevano pacificamente la loro opposizione alle forze armate". Non solo: "a dicembre, la Fratellanza musulmana e' stata ufficialmente definita 'organizzazione terrorista' e cio' ha reso ancora piu' facile la repressione del gruppo".
Come se non bastasse, "attivisti e studenti non appartenenti a gruppi religiosi sono stati presi a loro volta di mira, nel tentativo apparente del governo di stroncare ogni forma di dissenso lungo tutto l'arco politico. E anche noti attivisti della 'rivoluzione del 25 gennaio' sono in carcere per aver osato chiedere diritti umani e la fine dell'impunità". Critiche vengono rivolte anche all'uso delle forze di polizia e del sistema giudiziario da parte del nuovo potere politico. Senza tralasciare che "a tutto questo si aggiungono gli attacchi ai giornalisti e alla liberta' di stampa, le irruzioni nelle sedi delle Ong e le restrizioni alle loro attività".

(ANSA)

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