mercoledì 26 giugno 2013

no biogas

Una centrale a Biogas nel cuore del Salento

Gli attivisti del comitato “No Biogas” di Galatone denunciano le problematiche derivate dalla costruzione di una simile centrale, in particolar modo di carattere ambientale.



Il 22 febbraio dello scorso anno, nel più totale silenzio di media ed amministrazioni locali, viene avviato il progetto per la costruzione di una centrale a Biogas sulla zona industriale del Comune di Galatone, in provincia di Lecce.
Con il termine Biogas si intende una miscela di vari tipi di gas (per la maggior parte, 50% - 80%, metano) prodotto dalla fermentazione batterica, in assenza di ossigeno, dei residui organici provenienti da rifiuti, vegetali in decomposizione, liquami zootecnici o scarti dell'agro-industria. L'intero processo vede la decomposizione del materiale organico da parte di alcuni tipi di batteri, producendo anidride carbonica, idrogeno molecolare e metano.
Il biogas si forma spontaneamente nelle discariche. Le discariche di rifiuti urbani ne sono quindi grandi produttori, visto che normalmente il 30%-40% del rifiuto è appunto materiale organico; tale gas deve essere captato per evitarne la diffusione nell'ambiente e può essere utilizzato per la produzione di energia elettrica.
Grazie all'utilizzo di batteri in appositi "fermentatori" si possono, così, estrarre grandi quantità di biogas dai rifiuti organici urbani (preferibilmente da raccolte differenziate), dal letame prodotto dagli allevamenti intensivi o dai residui dell'agro-industria.
Nel caso dell’impianto in costruzione a Galatone, il fine è legato allo sfruttamento del metano che si sprigiona dalla decomposizione di  residui vegetali derivati dalla coltivazione di ben 260 ettari tra le campagne dello stesso comune e di altri circostanti (in particolar modo Nardò e Galatina) interessate dalla coltivazione di piantagioni “no food”, come mais, loietto e tricale, decisamente inadatte al territorio salentino.
E qui, infatti, emergono subito i primi rischi per ciò che concerne lo sviluppo di questo progetto, in particolar modo per il pericolo di depauperamento dei terreni e di inquinamento delle falde acquifere a causa dell’uso di forti pesticidi atti a consentire la crescita di piante non abituate al clima e alla terra salentina.
A causa di queste problematiche si costituisce, proprio nel Comune di Galatone, un comitato contro la costruzione della centrale che, fin da subito, denuncia come vi sia una quasi totale mancanza di integrazione della stessa centrale con il contesto che la circonda, oltre ad una scarsa utilità della produzione di energia elettrica rispetto al contesto locale. Secondo alcuni studi portati avanti dagli attivisti del comitato si registra, a livello territoriale ed in assenza della centrale a biogas, un esubero dell’85% di produzione di energia elettrica, a testimonianza del fatto che non vi è la necessità di produrne ulteriore in quanto il territorio dispone un quantitativo di energia pari quasi a quella consumata.
Tuttavia, gli attivisti del comitato “No Biogas” di Galatone denunciano anche altre problematiche derivate dalla costruzione di una simile centrale, in particolar modo di carattere ambientale.
Difatti, oltre alla già grave sottrazione di vaste aree di territorio alla coltivazione di derrate alimentari decisamente più consone al territorio, vi è anche il forte rischio dell’emissione di cattivi odori scaturiti dalla fermentazione di vegetali e/o dal liquame associato, aggravato anche dal fatto che la centrale in questione è situata nel bel mezzo della zona industriale, tra i comuni di Galatone e di Nardò, quindi frequentata da centinaia di cittadini che, quotidianamente, in quell’area si recano sul posto di lavoro, senza contare i residenti.
La centrale, perciò, andrebbe ad aggiungersi alla lunga lista di impianti inquinanti in quello che, ormai, è stato definito come un vero e proprio “triangolo delle bermuda dei veleni”, che parte da Taranto (balzata agli onori della cronaca per il caso Ilva, pur essendo presenti, nel capoluogo jonico, altre pericolose realtà come la Cementir e la raffineria Eni), passando per Brindisi (caratterizzata da impianti inquinanti come il petrolchimico e la centrale a carbone ) e finendo con Galatina, dove è presente un cementificio a ridosso del centro cittadino.
Una zona, quella dell’arco jonico-salentino, caratterizzata da un altissimo livello di emissioni inquinanti e la presenza di una più alta percentuale di mortalità per cancro e malattie polmonari.
Ad aprile di quest’anno, il comitato contro la costruzione della centrale a Biogas (composto da attivisti di Sel, del Movimento 5 Stelle e diversi singoli cittadini), ha organizzato un convegno con esperti del settore oncologico, ambientale e socio-economico, finalizzato ad informare correttamente i cittadini sulle altissime probabilità dei danni alla salute derivanti dalla realizzazione di questo impianto.
Probabilità che si trasformano sempre di più in certezze man mano che arrivano ulteriori dati sui rischi per la salute e il danno ambientale nei confronti del territorio.
Il comune di Galatone, amministrato dal Popolo delle Libertà, ha dato incarico, nello scorso mese di marzo, ad una commissione di dare un parere sull’eco-compatibilità della centrale ma solamente dopo che la l’impianto entrerà in funzione, svuotando, di fatto, le funzioni dei tecnici incaricati che, anche in caso di parere contrario alla costruzione della stessa centrale, non potranno bloccarla. La Provincia di Lecce, anch’essa di matrice Pidiellina, ha invece candidamente sostenuto di non riscontrare alcun pericolo nella realizzazione dell’impianto ed ha chiuso la partita affermando che i documenti per la costruzione sono in regola e supportati da una relazione tecnica che ne sostiene la fattibilità.
Tuttavia, la relazione della Provincia di Lecce si è dimostrata, ovviamente, priva di ogni fondamento, in quanto non tiene conto che un tale progetto, pur mantenendo le criticità a livello ambientale, è adatto ad una realtà completamente diversa della Puglia, dove sono necessarie grandi quantità di acqua per poter coltivare il mais utile a rifornire la centrale per la produzione di energia. Infatti, oltre 260 ettari di tale coltura sono un vero e proprio corpo estraneo al territorio, una “stortura” dell’ambiente calata dall’alto da parte di amministrazioni locali incompetenti che consentono ad imprenditori senza scrupoli di appropriarsi indebitamente di enormi quantità di terreni, in barba ai cittadini ancora una volta trattati come sudditi non degni di essere informati di qualsiasi scelta venga fatta, nonostante questa ricada sulla loro salute.
La protesta è ritornata a farsi viva nei giorni scorsi quando, di fronte ai cancelli della centrale a Biogas, si erano presenti un centinaio di persone giunte da varie zone del Salento per protestare contro la costruzione della centrale. I manifestanti chiedono alla magistratura un risposta immediata a seguito di un esposto presentato dallo stesso comitato per fare luce sulla vicenda di questo impianto e in particolar modo sull’iter burocratico che ha consentito l’inizio dei lavori.
Tuttavia, ad oggi, non vi è stata alcuna risposta da parte degli organi giudiziari in merito a questo esposto.
La lotta, perciò, dovrà spostarsi inevitabilmente fuori dalle aule giudiziarie per poter avere risultati concreti.

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