mercoledì 26 giugno 2013

TUTTI I SEGRETI DI LAMOTTA

ADG servizi-segreti
Ecco chi è l’ex prefetto finito agli arresti e al centro di una doppia indagine. A Roma, con l’accusa di aver fatto sparire dieci milioni di euro dalle casse del Viminale. A Napoli, con quella – ancora più grave per un uomo dei servizi – di aver fornito informazioni ai clan
di PIERO MESSINA
Ci scusiamo per il ritardo nella pubblicazione dei primi due numeri del corrente anno della rivista ‘Gnosis (il trimestrale dell’Aisi, i servizi segreti civili, ndrassicurando che saranno disponibili entro il prossimo mese di luglio“. Firmato: la redazione. Di solito un comunicato del genere lo sigla il direttore responsabile della testata. Ma Francesco La Motta, evidentemente, non può: il prefetto, già numero due dell’intelligence civile e già direttore di Gnosis, il giornale degli 007 italiani, è stato arrestato su ordine della Procura di Roma in merito al filone capitolino dell’inchiesta sulla gestione del Fondo per gli edifici di Culto del Viminale.
All’Aisi, il prefetto La Motta era arrivato alla fine di dicembre del 2006, alla vigilia della riforma del settore. Era stato Franco Gabrielli a volerlo al suo fianco come vice direttore. A La Motta toccherà, ad aprile del 2007, comporre la lista degli oltre 80 agenti segreti epurati con l’avvio della “procedura di restituzione ad altra amministrazione“. E’ La Motta a scegliere i buoni e i cattivi e a far partire un monumentale contenzioso tra l’amministrazione e gli agenti cacciati che ricorreranno, senza successo, al Tar, compromettendo però la riservatezza del sistema. I ricorsi sono pubblici e dalle carte giudiziarie dei ricorsi verranno svelati uomini e procedure della nostra intelligence.
Ora dal sito dei servizi segreti il nome di La Motta è scomparso, così come è stata cancellata la sua firma come direttore responsabile del giornale. Quella firma nascosta è il tentativo, giocato sul filo del rasoio, di mettere al riparo l’intelligence dall’onda lunga dello scandalo che potrebbe riportare l’orologio del tempo indietro di venti anni, quando gli uffici di Piazza Lanza furono al centro dell’inchiesta sui fondi neri.
La Motta era in pensione da due mesi, quiescenza raggiunta in perfetta coincidenza con le prime avvisaglie giudiziarie in arrivo da Napoli e Roma. Alla guida della rivista di intelligence italiana, La Motta, nei suoi immancabili editoriali, non risparmiava strali ed analisi contro i sistemi di riciclaggio messi in campo della cosche mafiose. Sistemi che, secondo quanto stanno ricostruendo i Carabinieri del RosLa Motta conosceva bene.
L’ex prefetto è al centro di una doppia indagine. A Roma è sotto accusa per corruzione e peculato, proprio per la vicenda di 10 milioni di euro del Fondo degli edifici di culto spariti dalle Casse del Viminale. La Motta li avrebbe trasferiti in Svizzera. Da Napoli, invece, arriva la più grave delle incriminazioni possibili per un funzionario della sicurezza nazionale: l’ex dirigente dei servizi segreti, indagato per associazione per delinquere e violazione del segreto d’ufficio, avrebbe fornito informazioni al clan Polverino su indagini che riguardavano quel gruppo criminale.
L’inchiesta che ha portato oggi all’arresto di La Motta aveva subito una brusca accelerazione meno di un mese fa, quando con gli arresti dei broker finanziari ritenuti al servizio della camorra, Edoardo Tartaglia (cugino di La Motta) e Rocco Zullino, erano emerse le trame oscure che legherebbero l’ex prefetto ai sistemi criminali. Secondo la ricostruzione dei magistrati partenopei, che hanno raccolto le dichiarazioni di Roberto Perrone, imprenditore legato ai Polverino e diventato collaboratore, La Motta avrebbe avvertito esponenti di quel clan che si stava indagando su di loro. Perrone cita come sua fonte Nicola Imbriani, arrestato nel 2011 in un blitz contro l’organizzazione camorristica.
Tartaglia ha fatto spesso riferimento a suo cugino come fonte delle informazioni che ci venivano fornite – queste le parole di Perrone, riportate nel faldone di 288 pagine prodotto dalla Procura di Napoli – e ricordo ad esempio che, in occasione di un incontro che avemmo presso lo studio di Nicola Imbriani con il Tartaglia, si diffuse la notizia che vi era stato un controllo della Polizia o meglio che le Forze dell’Ordine erano venute a conoscenza di questo nostro incontro; in particolare, il Tartaglia l’indomani dell’incontro contattò l’Imbriani e gli riferì che suo cugino si era inquietato in quanto, nonostante ci avesse avvertito che vi erano indagini sul nostro conto, noi ci eravamo comunque incontrati; che tale circostanza era stata appunto appresa dalle Forze di polizia e che lui aveva comunque sistemato le carte anche se si trattava dell’ultimo intervento che lui aveva inteso effettuare, vista la nostra imprudenza nel gestire i rapporti fra di noi“. A complicare ancor di più la posizione di La Motta che era in pensione da due mesi, quiescenza raggiunta in perfetta coincidenza con le prime avvisaglie giudiziarie in arrivo da Napoli e Roma. Alla guida della rivista di intelligence italiana, La Motta, nei suoi immancabili editoriali, non risparmiava strali ed analisi contro i sistemi di riciclaggio messi in campo della cosche mafiose. Sistemi che, secondo quanto stanno ricostruendo i carabinieri del Ros, La Motta conosceva bene.
Nel prospetto riepilogativo del “portafoglio clienti” sequestrato dai Carabinieri al cugino di La Motta, viene riportata anche la dizione “Aisi Roma“, con accanto il presunto ammontare di un conto corrente: 172 milioni di euro. I pm ne chiedono conto e ragione a Rocco Zullino, broker finanziario ritenuto vicino al clan Polverino e partner di TartagliaZullino ai magistrati romani sosterrà di essere “letteralmente allibito”, ma confermerà di avere avuto contatti con il Prefetto La Motta“l’unico contatto che ho avuto con l’Aisi risale almeno ad un anno e mezzo prima (il 2008, ndr), quando fui presentato al responsabile finanziario dell’Aisi da Tartaglia e da La Motta, allo scopo di valutare la possibilita’ di investire delle somme che l’Aisi aveva in posizioni finanziarie presso una banca italiana, spostandole presso la Hottinger. Dopo questo approccio, tuttavia, non demmo seguito ad alcuna iniziativa e dunque non so spiegare in alcun modo la documentazione“.
* articolo tratto dal settimanale L’ESPRESSO
http://www.adgnews24.com/2013/06/15/tutti-i-segreti-di-lamotta/


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