lunedì 24 giugno 2013

Sei morti sul Gran Zebrù, tragedia in Alto Adige

Vittime in due diversi incidenti. Tre le persone decedute in mattinata, nel pomeriggio gli altri


 Una veduta della zona dell'Ortles


 Mappa della zona

Sei gli escursionist sonoi morti sul Gran Zebrù (3.859m), nel gruppo Ortles-Cevedale, in Alto Adige. Erano in due diverse cordate.
Si tratta di Daniele Andorno, 45 anni di Novara, morto nel primo incidente insieme a Matteo Miari, 22 anni, nato a Feltre e residente a Parma, e Michele Calestani, 43 anni, di Parma. Nel secondo incidente hanno invece perso la vita due fratelli, Matthias e Jan Holzmann, 26 e 30 anni, residenti a Vipiteno e Racines, in Alto Adige e Wolfgang Genta, 32 anni, di Magré, in Bassa Atesina.
MESSNER, TROPPO CALDO PER SCALARE - "Io con questo caldo non andrei a fare una salita sul Gran Zebrù. Gli escursionisti esperti lo dovrebbero sapere": lo ha detto l'alpinista altoatesino Reinhold Messner, che nella sua carriera ha conquistato tutti gli Ottomila senza utilizzare le bombole d'ossigeno. Messner conosce molto bene il Gran Zebrù, avendolo scalato almeno una ventina di volte seguendo vie differenti. Anche la via normale, dice Messner, è molto pericolosa con le alte temperature e se l'inverno ha portato tanta neve. "Io penso, ma non posso dimostrarlo, perché non sono salito, che nella zona dell'incidente sia caduta una valanga di neve bagnata. Con le attuali temperature la neve non riesce a solidificarsi creando così una situazione di forte pericolo. La neve bagnata tende a scivolare". In questi casi, spiega Messner, "anche avere la piccozza non garantisce sufficiente sicurezza". Messner ricorda che la tragedia con i sette morti del 5 agosto 1997 fu nella stessa zona e con analoghe condizioni climatiche. Faceva molto caldo, ricorda lo scalatore, e durante la notte la neve non si ghiacciava.
GRAN ZEBRU', MURAGLIA DI GHIACCIO IN CUORE ALPI - Il Gran Zebrù, la montagna sulla quale oggi sono morte sei persone si trova nel gruppo dell'Ortles-Cevedale, di cui con i suoi 3.859 metri, è la seconda vetta per altezza dopo l'Ortles. E' considerata una della più belle muraglie di ghiaccio delle Alpi. La prima ascensione della "Cima del Re" (ovvero "Koenigsspitze" in tedesco) risale al 3 agosto 1864. L'alpinista Reinhold Messner, "Re degli Ottomila", descrive il Gran Zebrù, avendolo scalato almeno una ventina di volte seguendo vie differenti, come una montagna molto bella ma altrettanto pericolosa - anche sulla via normale, quella su cui oggi si sono verificate le due tragedie. Secondo Messner, è molto pericolosa con le alte temperature e se l'inverno ha portato tanta neve. Il Gran Zebrù si estende su due versanti: quello rivolto verso la Valtellina (Sondrio) e l'altro verso la Valle di Solda, in Alto Adige. Per la sua conformazione, che offre ascensioni di diverse difficoltà, il Gran Zebrù è una cima molto frequentata dagli alpinisti. La via normale si snoda sulla spalla. La salita è molto esposta e proprio sulla spalla oggi si sono verificati i due incidenti mortali. Il Gran Zebrù fu teatro di un altra tragedia alpinistica il 5 agosto 1997. Quel giorno sempre sulla via normale morirono quattro escursionisti di Reggio Emilia, i tre vigili del fuoco Fedele Cocchi, 39 anni, Ivano Pagliani, 37 anni, Lauro Vecchi, 51 anni, e il loro amico Fabrizio Campani, 45 anni. Qualche ora dopo una guida alpina venostana, Hermann Pinggera, 44 anni, che aveva dato l'allarme per l'incidente, morì insieme a due turiste tedesche in cordata con lui: Elke Ruf, 34 anni, di Loechgau, e Gabrielle Lackner, 28 anni, di Waiblingen. Come ricorda Messner anche 16 anni fa il manto nevoso era molto instabile a causa delle alte temperature. Messner dice che la tragedia del 1997 fu nella stessa zona e con analoghe condizioni climatiche. Faceva molto caldo, ricorda lo scalatore, e durante la notte la neve non si ghiacciava. "In giornate calde - prosegue Messner - questa montagna è veramente pericolosa perché si possono staccare valanghe di neve bagnata. Con le temperature alte la neve non riesce a solidificarsi creando così una situazione di forte pericolo. La neve bagnata tende a scivolare. In questi casi avere anche la piccozza non garantisce sufficiente sicurezza".
(ANSA)

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