martedì 11 giugno 2013

Perché abbiamo vinto a Treviso


Alessandro Landi

La svolta c’è stata. In sedici comuni italiani, il centrosinistra espugna abbondantemente le potenti roccaforti della destra. Dopo il significativo risultato di Ignazio Marino a Roma, che ha letteralmente surclassato il sindaco uscente Gianni Alemanno, il più inaspettato effetto di questo “ein plein” delle coalizioni di centrosinistra lo si è visto nella città simbolo del Carroccio, Treviso. La sconfitta di Gentilini, meglio conosciuto come lo “Sceriffo”è emblematica. La voglia di rinnovamento in città era forte, la gente non era mai stata così coinvolta all’interno di una campagna elettorale; il senso di appartenenza e di comunità che si è creato, è risultato più forte dello pseudo romanticismo padano e dei suoi simpatizzanti, che avrebbero desiderato un ulteriore mandato di cinque anni per colui che già aveva amministrato Treviso per vent’anni, dal ’94.
La campagna di Giovanni Manildo ha avuto come protagonisti moltissimi giovani, quattro dei quali siederanno a Palazzo dei Trecento, in consiglio comunale: Stefano Pelloni (PD) 22 anni, Marina Roma (PD) 21 anni, Nicolò Rocco (PD) 23 anni e Said Chaibi (SEL) 22 anni. Proprio quest’ultimo è stato il bersaglio dell’elusiva campagna leghista, che lo ritraeva in volantini denigratori. La grande preparazione di questi ragazzi ha reso possibile un reale cambiamento all’interno delle istituzioni trevigiane, un ricambio generazionale effettivo con la tanto acclamata “rottamazione amministrativa” propugnata da Matteo Renzi durante la chiusura della campagna, prima delle elezioni. Il contributo di Renzi, Serracchiani, Puppato, i sindaci Orsoni, Cosolini, Rossi, Honsell, l’appello di Nicola Zingaretti e del Ministro Zanonato, hanno coinvolto i cittadini spinti dal bisogno di una città diversa e da esigenze personali non soddisfatte dalla giunta uscente.
Perchè abbiamo scelto di cambiare ? La trasformazione di una città conservatrice come Treviso ha dimostrato che una rivoluzione culturale fatta da armi del pensiero e della novità è possibile ovunque, anche in luoghi insperati. L’energia positiva dell’innovazione ha coinvolto tutti: anziani, giovani,bambini e donne. In momenti critici come questi, nel quale il Paese vive un prolungato periodo di crisi economica e sociale, la forza delle istituzioni deve sensibilizzare l’opinione pubblica e coinvolgerla, non deluderla. La disaffezione dei cittadini nei confronti della politica è evidente, l’astensionismo continua ad essere il primo partito in Italia con effetti devastanti per l’equilibrio del Paese. A livello amministrativo qualcosa si può e si deve fare per coloro che hanno perso la speranza: imprenditori, precari, esodati, disoccupati e cassintegrati sentono l’esigenza di una rinascita, un cambiamento concreto composto da nuove forme di aiuti per il sociale, crediti alle imprese e la valorizzazione delle risorse come il turismo al fine di creare lavoro e risollevare il picco della domanda. Chi pensava che per eliminare il degrado in città si dovessero togliere le panchine o che di fronte a migliaia di persone in un pubblico comizio chiedeva la tolleranza a doppio zero, è stato abbattuto con il dinamismo e lo zelo di tante persone unite per un solo comune scopo. La politica della paura e del dubbio appartiene ormai alle vecchie generazioni, ora ci si apre pensando al futuro. Ed è per questo che abbiamo scelto di cambiare. Il fratello di John Fitzgerald Kennedy, Robert, diceva che il cambiamento, con tutti i rischi che comporta, è la legge dell’esistenza.
Il rischio lo abbiamo corso. Adesso siamo disposti a proseguire sulla via della stabilità?

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