mercoledì 19 giugno 2013

Pdl: 'Se Cav interdetto dimissioni in massa'

Gasparri, Giudizio Consulta? Dovrei essere pessimista, incrocio le dita


 Maurizio Gasparri

 Berlusconi

ROMA - ''Sulla Corte Costituzionale incrocio le dita perche' se vedessi i numeri, le appartenenze e gli orientamenti dovrei essere pessimista''. Cosi' il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri (Pdl), considerando possibile, in caso di interdizione di Berlusconi dai pubblici uffici, ''le dimissioni di tutti i parlamentari del Pdl''.
"Mi auguro - afferma Gasparri intervenendo a "Citofonare Adinolfi" in onda su Radio Ies - ci sia buon senso e che si prenda atto della verità: il legittimo impedimento c'era". "E' un periodo che vede vari pronunciamenti in attesa e se ci fosse un sistematico massacro giudiziario nei confronti di Berlusconi è impensabile che il Pdl possa assistere inerte al tentativo di una sua espulsione dalla vita democratica del Paese. Qualora ci fosse un epilogo negativo e, per noi di inaccettabile valore politico, avremmo tutto il diritto di assumere iniziative come, in ipotesi, le dimissioni di tutti i parlamentari Pdl. Se non c'é praticabilità e la squadra esce dal campo, gli arbitri e i giudici devono considerare se la partita può andare avanti o meno", conclude.
MEDIASET, SI AVVICINA VERDETTO PER BERLUSCONI  - Ore cruciali, quelle a venire, per Silvio Berlusconi, con l'atteso pronunciamento della Corte Costituzionale sul legittimo impedimento nell'ambito del processo Mediaset - ora pendente in Cassazione - per il quale il 'cav' è stato condannato per frode fiscale a quattro anni di reclusione e a cinque anni di interdizione di pubblici uffici. In particolare, la Consulta deve decidere sul conflitto tra poteri sollevato nell'aprile 2011 dalla Presidenza del Consiglio contro il Tribunale di Milano. Il primo marzo 2010 Berlusconi, allora premier, avrebbe dovuto partecipare a un'udienza del processo di primo grado secondo il calendario concordato dai legali con i giudici, ma chiese il legittimo impedimento perché un Consiglio dei ministri, fissato al 26 febbraio 2010, era slittato nella data dell'udienza. Il tribunale rigettò l'istanza e Berlusconi fece ricorso alla Corte Costituzionale.
Il caso è complesso e questo - al di là delle possibili ragioni di opportunità politica che il 24 aprile scorso, nel pieno della formazione del governo Letta, possono aver indotto la Corte a far slittare il verdetto atteso per quella data - spiega perché la vicenda si trascini da 2 anni e abbia richiesto un supplemento di attività istruttoria. Il 22 maggio 2012, infatti, ci fu una prima udienza in Consulta e la Corte chiese al tribunale di Milano ulteriori atti, tra cui le motivazioni di rinvio del Cdm e l'istanza di legittimo impedimento. I risultati di quell'istruttoria sono stati resi noti in udienza il 23 aprile di quest'anno dal giudice costituzionale relatore, Sabino Cassese: su 37 udienze del processo a Milano, 13 avevano coinvolto Berlusconi, che 4 volte non ha potuto comparire, 3 ha chiesto il legittimo impedimento, 2 se l'é visto negare. La Consulta, quindi, ha svolto approfondimenti per capire come inquadrare la tesi dei giudici di Milano secondo i quali i legali dell'ex premier avrebbero dovuto indicare, nel chiedere il legittimo impedimento, la "specifica inderogabile necessità" della sovrapposizione dei due impegni: udienza e Cdm. Sicuramente presiedere un consiglio ministri è, di per sé, un atto che giustifica il legittimo impedimento: per il premier non presiederlo sarebbe come per un presidente di Tribunale non presiedere alle udienze. Se ci si dovesse fermare qui, insomma, Milano avrebbe torto. Ma il tribunale sostiene che era stato concordato un calendario e poi c'é stato uno rinvio improvviso e arbitrario del Cdm, mentre l'avvocatura dello Stato che rappresenta la presidenza del Consiglio di fronte alla Consulta, ha motivato il rinvio con i lavori sul ddl anticorruzione.
La questione è fino a che punto il giudice costituzionale possa sindacare lo slittamento di un Cdm. "Può la Consulta addentrarsi in una sorta di indagine per stabilire se è vero che una convocazione fu spostata strumentalmente?", ha argomentato un presidente emerito della Consulta. "Le esigenze di un governo - ha aggiunto lo stesso giurista - possono mutare da un momento all'altro e la Corte non può dire: la data era quella e non si poteva spostare. Per questo ritengo che le possibilità di accoglimento del ricorso siano maggiori di quelle del rigetto". Ma ci sono anche valutazioni di segno opposto che la Corte sta soppesando. E cioé se non sia da ascrivere piuttosto all'ex premier il mancato rispetto del principio di leale collaborazione, che avrebbe minato l'equilibrio dei valori costituzionali a discapito del solo interesse giurisdizionale. Quando nel 2011, relatore lo stesso Cassese, la Consulta decretò l'illegittimità parziale della legge sul legittimo impedimento, stabilì che il premier deve indicare indicare un "preciso e puntuale impegno" ed è nel potere del giudice "valutare caso per caso". Se vincerà l'ex premier, spetterà poi alla Cassazione stabilire se l'assenza di Berlusconi a quell'udienza del primo marzo 2010 a Milano produsse un tale vulnus ai diritti di difesa, da comportare un annullamento del processo riportando indietro il calendario di oltre tre anni. Ma la Suprema Corte potrebbe dire che si trattò di un'udienza secondaria e in questo caso non ci sarebbero effetti sul processo penale.

(ANSA)

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