venerdì 21 giugno 2013

Mentre Napolitano e Monti affondano l’Italia, Spagna e Grecia mandano chiari segnali di ripresa

20 dicembre, 2012 | Permalink 

999221-napolitano_monti_2Qualche giorno fa Pierferdinando Casini, intervistato nel corso della trasmissione di Fazio, ha raccontato per l’ennesima volta la storiella che Monti sarebbe stato “costretto” ad adottare misure dure ed impopolari dalla gravità della situazione contingente che si registrava giusto un anno fa, aggiungendo : “Ma scusate, quando si è arrivati a non poter più pagare gli stipendi e le pensioni, o si chiude o si fa come ha fatto Monti”. Tra l’altro bisognava pure fare in fretta, non c’era il tempo di eleggere un nuovo governo, la crisi e lo spread incombevano. Infatti, Spagna e Grecia alle elezioni ci sono andate tranquillamente, hanno eletto Papademos e Rajoy, due capaci governi di destra, e non ci sembra che siano “sprofondati nel baratro” come paventava Napolitano per l’Italia se si fosse affrontata una tornata elettorale. Noi denunciammo reiteratamente e sin dall’inizio questa pretesa emergenza dei conti come una bufala, anzi una vera e propria menzogna propalata ad arte per far deglutire agli italiani il pillolone del governo di salute pubblica, quello che avrebbe dovuto salvarci grazie alla perizia del prof ex bocconiano. La bufala delle casse vuote insieme a quella dell’imbroglio dello spread, che sembrava fosse la fine del mondo, ed invece era una questione che nulla aveva a che fare con la situazione Italiana e che dipendeva piuttosto dalle vicende e dalla sorte dell’euro, che dalla situazione dei conti pubblici italiani, come poi si è ampiamente dimostrato. Due balle a cui Casini è rimasto l’ultimo a fingere di credere. La prima, è stata smentita niente di meno che dal più diretto interessato, cioè lo stesso Mario Monti, che ha riferito a Vespa, che lo racconta nel suo ultimo libro sul “Palazzo”, come in effetti quella di non poter pagare stipendi e pensioni non fosse una  affermazione categorica, ma una possibilità remota che si sarebbe potuta verificare tra qualche anno, se l’andamento delle cose non fosse nel frattempo cambiato. Insomma, era una delle due falsità, con lo spread, basandosi sulle quali Napolitano, in stretto coordinamento con la Merkel, varò quel governo borderline in merito alla sua legittimità costituzionale. D’altra parte, con la riforma delle pensioni già varata da Berlusconi e l’iniezione costituita dai 3,5 milioni di “stranieri” in regola con i contributi sociali, mai come allora i conti dell’INPS erano floridi ed in ordine, in una solidità appena scalfita poi dalla voragine di 10 miliardi che s’è portata appresso la cooptazione dell’INPDAP, fatta passare sotto silenzio e mascherata grazie al mostruoso introito in eccesso, al là di ogni più rosea aspettativa, rastrellato con l’Imu. Dello spread abbiamo già parlato molte volte, sottolineando come il suo andamento fosse prevalentemente da attribuire alla percezione che i mercati hanno della credibilità e della solidità dell’euro. C’entra qualcosa l’Italia con queste  cose? No, ergo creare un legame funzionale tra spread ed andamento economico  e/o i conti pubblici, l’indebitamento in particolare, era una tesi falsa e pretestuosa. E’ infatti evidente che nel momento in cui si percepisce il rischio di una deflagrazione dell’euro, ingenti quantità di titoli dei debiti sovrani di vari Paesi d’Europa “deboli” come Italia, Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna vengano frettolosamente dati via al meglio dagli investitori per potersi riposizionare sui titoli pubblici “rifugio” dei Paesi forti, della Germania in particolare. Il motivo è semplice: se scompare l’euro, la Germania offre una sicurezza maggiore per il ritorno degli investimenti, che non i Paesi sopra elencati, perché il marco è percepito più stabile di lira o dracma. E’ sotto l’onda della valanga di richieste  che i rendimenti delle Bundesobligazionen sono calati, addirittura ben al di sotto dei livelli di inflazione,
col che la Germania viene pagata per prendere “prestiti”, mentre i rendimenti degli altri sono saliti vertiginosamente perché non li voleva più nessuno, ampliando a dismisura il divario, cioè lo spread, con i bundes. E’ bastato che Draghi, dalla Bce, convincesse i tedeschi a consentirgli di affermare che “l’euro è irreversibile e sarà difeso ad ogni costo” per smorzare il fuoco della speculazione selvaggia e raffreddare il mercato dei titoli, perché se l’euro non crolla, ed anzi si rafforza, non c’è più alcun motivo per fuggire da titoli sicuri, che saranno onorati, e che offrono un rendimento comunque più alto di quelli tedeschi. E’ per questo che lo spread si è abbassato, insieme a due fatti nuovi che sono accaduti, anzi tre, senza che trovassero il giusto spazio sulla schierata stampa nazionale. Uno è l’accordo con cui è stato sancito che, da qui in poi, sia la Bce ad esercitare uno stretto e continuo controllo delle 100 maggiori banche europee, diciamo quelle con capitale superiore ai 30 miliardi, quelle il cui fallimento anche di una soltanto di esse, avrebbe un effetto domino dirompente su tutto il sistema creditizio continentale. Il secondo è che la Grecia, udite udite, sta procedendo ad un buyback dei suoi titoli, benedetto da tutto il Gotha della Ue, per un valore di una ventina di miliardi. Questa operazione consiste nel riacquisto di titoli pubblici emessi in precedenza pagandoli in contanti e con soldi freschi, non con carta su carta come fa Monti, che paga i titoli in scadenza con i proventi delle aste di nuove emissioni ad hoc, con i quali deve coprire capitali ed interessi. In effetti, la Grecia ha ricomprato titoli per 30 miliardi pagandoli appena 11 miliardi, col che con un solo colpo di spugna si è liberata del 6 % del suo debito pubblico, guadagnandosi la promozione di Standard & Poor’s al gradino B-, un traguardo del tutto insperato per il premier di Nuova Democrazia e per un Paese che solo un paio di settimane fa era dato in default e bello che spacciato. Per fare altrettanto, Monti avrebbe dovuto ridurre il debitodi almeno 110 miliardi, ed invece lo ha fatto crescere di altri 70-80 miliardi, portandolo da 1900 a 2000 miliardi, euro più euro meno. Questo nonostante i 140 miliardi rastrellati con tre manovre, due ereditate dal precedente governo, ed una varata da lui, la spending review, i tagli lineari, l’ulteriore riforma delle pensioni e quella del lavoro, senza dire dei 280 miliardi piovuti dalla Bce nelle casse delle Banche italiane e misteriosamente scomparsi nel tragitto tra Francoforte e Milano, e che l’insolvenza da 90 miliardi della PA verso le Pmi sia rimasta tale e quale essa era.
Anche Papademos, come Monti, ha lanciato messaggi invitando i greci a fare pesanti sacrifici. L’ultima volta ha detto: “Il patriottismo non è abbandonare la battaglia, ma difendere la nostra posizione in Europa e nell’euro, prendendo tutti insieme decisioni importanti”. I greci hanno accettato i sacrifici, hanno preso decisioni importanti, ma ora vedono i primi fatti concreti, senza che qualcuno stia a raccontargli la visione della luce in fondo al tunnel come è successo agli italiani che ora si interrogano: che fine hanno fatto i soldi accumulati dal governo Monti? A cosa sono serviti i sacrifici se poi le caste erano e rimangono intangibili, dai magistrati ai politici, la disoccupazione aumenta invece di rientrare, il debito cresce, le aziende continuano a chiudere e le famiglie si impoveriscono? Altri segnali positivi arrivano dalla Spagna, alle prese con una recessione causata dalla bolla immobiliare e dalla profonda crisi del sistema bancario. Anche qui un governo di destra condotto da Rajoy, anche qui sacrifici lacrime e sangue, con numeri da brividi per la disoccupazione al 25 %, più che doppia rispetto all’Italia. Eppure, dopo la cura da cavallo  appaiono già i primi segnali positivi: il turismo tiene bene, gli investimenti esteri sono in aumento, laddove dall’Italia si scappa, Renault e Ford stanno trasferendo o ampliando impianti per la produzione automobilistica ed il dato complessivo segnala un aumento della produzione di oltre il 5 %, mentre in Italia nei primi 10 mesi dell’anno è calata del 6,5 %. Queste notizie fanno giustizia anche delle infondate pretese della sinistra, che vuole entrare a vele spiegate al governo perché si ritiene indispensabile per rilanciare il Paese. I fatti dimostrano che in situazioni obiettivamente peggiori della nostra, governi eletti democraticamente dal popolo, dove i comunisti fanno tappezzeria all’opposizione, le posizioni possono essere recuperate lavorando con serietà, competenza e patriottismo e con il consenso della gente, tutti valori estranei allo strano duo Napolitano-Monti ed alla variopinta combriccola di mestieranti in cerca di gloria che pretende di governarci. Volevano salvare il Paese dal disastro, l’hanno scaraventato in fondo al burrone. Monti guardava con sufficienza e commiserazione i derelitti di Spagna e Grecia; è andato a Madrid ad “istruire” Rajoy sul cosa e come fare, ha perorato con la Merkel la causa della Grecia, dove i suicidi per fallimento erano 10 volte quelli dell’Italia. E mentre insegnava e pontificava ci ha fatti diventare il fanalino di coda dell’Europa, e tra un po’ i lavoratori spagnoli emigrati in Algeria torneranno a casa, sostituiti dai nostri. Il salvataggio dell’Italia, secondo Monti, l’ennesimo utile idiota della sinistra di Napolitano, Bersani e Vendola.

di Rosengarten

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