martedì 4 giugno 2013

“Il Pd ha un problema: non ha una cultura né visione”


Intervista. «Lo dico senza se e senza ma: non mi candido alla segreteria»


Fabrizio Barca non ci sta al gioco del tutta colpa di Bersani o del cosa sarebbe successo se Renzi… 
Fabrizio Barca (Torino, 8 marzo 1954)


«Molte persone elette nel Pd non sanno nemmeno cosa vuole la gente». Fabrizio Barca, ex ministro per la Coesione Territoriale, è in tour per presentare il documento Un partito per un buon governo. Parlando con Linkiesta esclude “senza se e senza ma” di candidarsi alla segreteria Pd: «La gente me lo chiede. Ma io sono sempre più convinto che questo processo di animazione e confronto richieda la mia estraneità alla competizione».
Barca, a queste iniziative che ha organizzato in diversi circoli Pd e Sel sparsi su tutto il territorio nazionale, c’è una grandissima partecipazione. La cosiddetta «base» ha voglia di ascoltarla, di intervenire, anche di criticarla. Cosa le trasmettono queste persone che lei incontra, quali sono gli spunti fin qui raccolti?
Alla fine della storia, considerando la gravità della situazione in cui versa il Pd, tutte le delusioni e le amarezze, c’è una voglia di reagire superiore a quella che io mi sarei immaginato. Il mio è un documento complesso. Il partito ha bisogno di una boccata di ossigeno (fa il verso: ahh!). Invece c’è proprio il senso di una situazione di crisi, e questo fa venire una grandissima volontà di discutere.
Forse la discussione è proprio quello che manca a questo partito. 
Sì, è come se uno avesse stappato rozzamente una bottiglia di Coca Cola dopo esser stato ad alta quota. Una specie di esplosione. Questa è la prima reazione a pelle. Questi non sono incontri che si basano sul cosiddetto sperimentalismo democratico. In sostanza noi chiediamo ai partecipanti uno sforzo non in generale ma sulla base del mio documento, per cambiarlo, per migliorarlo. 
Come dire, gli incontri che lei organizza in tutto il territorio non si limitano al suo intervento. Non sono equivalenti a quelli di altri esponenti del Pd al Salone del Libro, o all’Ara Pacis
Esattamente, ogni circolo sceglie il suo formato. Scelto il formato, viene rispettato l’impegno. Questa è una cosa non ovvia, che consente di far parlare molte persone. Almeno il 20% delle persone che partecipa dice la sua. Ed è un fatto interessante.
Ha trovato delle differenze sul territorio nazionale? Il popolo democratico del Nord e del Sud risponde alla stessa maniera?
No guardi, ho trovato partecipazione significativa anche al Sud, dove sono stato meno perché sono stato soltanto in Calabria, Sicilia e Campania. L’unica eccezione su 29 circoli del Sud sono stati i Quartieri Spagnoli di Napoli, dove ho trovato una situazione di grande depressione. Altro dato: una presenza giovanile limitata. Allo stesso tempo, le posso dire di aver incontrato più giovani nei circoli di SeL, e in incontri aperti, quelli organizzati con il mondo dell’associazionismo dove si possono trovare non iscritti, grillini, curiosi. Il segno che dentro al Pd c’è una sofferenza giovanile. Insomma a un mese esatto dall’avvio di questa iniziativa trovo riconfermato che è un’operazione complessa che richiede affinamento non può essere fatta e accettata a scatola chiusa. Sono state fatte troppe svolte repentine nel partito. Il partito è spossato. Da un lato è avvertita l’urgenza e dall’altro c’è la disponibilità a ripartire, ma non possiamo permetterci il lusso di sbagliare un’altra volta. Stiamo parlando di un partito di uno fra i più grandi Paesi industriali del mondo, che va trattato con attenzione.
Alla luce di questo tour, le chiedono di candidarsi alla segreteria? E soprattutto lo farà?
Oltre all’ovvia curiosità perché rappresento una novità nel panorama politico c’è una tendenza a dire: “beh andiamo a stringere, e quindi? Che fai?” Ma per le ragioni che ho detto prima, io sono ancora più convinto che questo processo di animazione e confronto richieda la mia estraneità alla competizione. Io riesco a produrre una discussione aperta, riesco a intercettare idee, documenti, e persone interessanti di tutte le correnti. Il progetto funziona se è veramente credibile, e se le persone sono convinte che non vi sia dietro una raffinata operazione acchiappavoti. Semmai avessi avuto questa tentazione, e non la avevo, me la sarei tolta.
Se dovesse esserci dopo questo tour una sua candidatura...
Non ci può essere, finisce a fine ottobre il mio tour.
Guardi che Epifani ha parlato di congresso entro l’anno, ed alcuni vogliono addirittura posticiparlo al 2014...
(Sorride) Ah, entro l’anno adesso... Diciamo la verità, all’utilità dell’esercizio che sto conducendo serve che io stia nella posizione di iscritto nella sezione di via dei Giubbonari a Roma che fa un giro di servizio per l’Italia. Altrimenti il progetto muore la mattina dopo. È come se uno avesse avviato un esercizio esplorativo e poi cambia missione: sarebbe negare la natura dell’esercizio. Questo è un esercizio che deve depositare materiale, che deve far venire voglia alle persone.
Però, se da un lato lei fa questo «esercizio» per il partito, dall’altra parte il Pd è diviso in correnti. C’è uno scontro aperto fra i cosiddetti filogovernativi Letta-Franceschini-Epifani e il sindaco di Firenze Matteo Renzi che sta presentando il suo ultimo libro Oltre la Rottamazione, e che sembra già in campagna elettorale. Insomma, il partito è su un altro binario...
Mah, non lo so. Io credo che all’ordine del giorno ci siano due cose soltanto. Una è la questione che c’è un governo ed è bene che faccia alcune cose che servono al Paese. Il partito deve discutere non di quanto dura il governo ma di quali sono le cose da fare. Io ritengo che il governo debba fare tre cose: assicurare ai cittadini la possibilità di scegliere le persone da eleggere con nome e cognome, guadagnare uno spazio per la flessibilità del patto di stabilità interno per un grande piano di manutenzione straordinaria del territorio e del patrimonio culturale e artistico, come ha detto pochi giorni fa il governatore della Banca d’Italia. E terzo: rimettere in sesto i fondi per l’infanzia e per gli anziani. Queste sono tre cose importanti, e sarebbe necessario che noi tutti dicessimo la stessa cosa. O magari una cosa diversa da questa, purché si decida. Questo consentirebbe al Pd di avere un carattere distintivo in questo governo, anche perché l’altro partito della maggioranza di governo, il Pdl, ce l’ha. In questo momento non è chiara la natura della presenza del Pd al governo. L’altra cosa è che ci si prepari con la dovuta profondità a fare quello che il Pd non riesce a fare da un ventennio…
Ovvero?
A vincere le elezioni in maniera credibile, convincendo gli italiani di essere in grado di realizzare una visione. Tutto il resto mi sembra tattica, non riesco a seguirla. Non lo so, mi interessa poco. In sostanza, qualunque personalità, intelligenza del partito rivolta alle questioni sopradette è utile. Qualunque cosa rivolta ai giochi, alla tattica, non è interessante né per gli italiani, né per gli iscritti al partito.
Stando alle candidature congressuali fin qui presenti: da una parte il dalemiano Gianni Cuperlo, ultimo segretario dei giovani della Fgci, sostenuto anche dai giovani turchi, dall’altra quella di Pippo Civati, passando per Matteo Renzi. Lei a chi è più vicino? A Cuperlo? 
Siccome è vero sempre che se vuoi fare danno a qualcuno dici per chi ti orienti, io non voglio danneggiare nessuno di questi. A parte questa battuta classica, penso che il migliore servizio che possiamo fare è di dire quali sono quelle cose che io e altri riteniamo siano indispensabili da fare per un futuro segretario. Ci sono alcune cose che il prossimo segretario del Pc (dice “Pc” e sorride per il lapsus), anzi del Pd, non può non prendere l’impegno a fare.
E quali sono?
Una è ovvia ed evidente: riconoscere che esiste un problema di ri-costituzione, di ri-definizione del Pd attorno ai suoi convincimenti, alla sua visione, al metodo e all’organizzazione. Non realizzarle nei prossimi quattro mesi, ma prendendosi l’impegno di dire: se mi eleggi io farò questo. Il primo passo è riconoscere che esiste il problema Pd.
La seconda cosa?
Prima dell’estate possono emergere delle revisioni dello statuto, la cui mancata attuazione è una delle cause del problema. Lo statuto del Pd ha dei profili innovativi, è derogato pressoché ovunque in giro per il Paese. Non mi chieda quali sono, ma sono certo che emergeranno alcuni aspetti dello statuto del Pd per i quali sarà importanti dire al segretario: “li attui, ti impegni ad attuarli in maniera forte?” E poi anche qualche aggiustamento dello statuto che non può avvenire fra adesso e il congresso ma che si può chiedere al segretario di avviare. In altre parole: uno spazio di pubblico dibattito, ed alcune modifiche regolamentari che il segretario si impegna di realizzare. Io voterò per il segreterio che si impegna a fare queste cose.
Nell’ultimo anno quali sono stati gli errori commessi da Bersani e dallo stato maggiore di Largo del Nazareno? 
Esiste un problema che non riguarda gli errori di Bersani. Esiste un problema che il Pd si trascina dalla nascita. E poi c’è stato un passaggio che non è quello di cui si parla ma riguarda il 2012. La prima cosa è un dato strutturale, che non è una responsabilità dell’ultimo anno. E sono le cose di cui stiamo discutendo: un partito di cui non è chiara la cultura politica, l’identità, che non racconta né una chiara visione di come vuole l’Italia fra dieci anni, né è convincente sul metodo di realizzarla. Questo è vero da quando esiste. Non è un problema dell’ultimo anno. Nell’ultimo anno si sono manifestati gli epifenomeni della carenza di entrambe queste cose. E quindi è questo che va ricostituito. Il secondo errore è che il Pd non ha colto durante il 2012 – l’ho dichiarato anche da Ministro – l’esaurimento della forza propulsiva, in qualche modo la stessa ragion d’essere, del governo Monti. Non ha saputo essere in grado di comprendere che il governo aveva svolto una funzione fondamentale, che io rivendico, che adesso qualcuno mette in dubbio, ma la storia sarà riconoscente. Il governo aveva svolto la funzione di salvataggio del Paese. Un governo di quel tipo non può darsi l’obiettivo dello sviluppo, questo era evidente, e non andava lasciato al Pdl il ruolo del partito che lo capisce per primo. Il Pd doveva muoversi prima, con la lealtà che lo caratterizza. Non quindi un’improvvisa imboscata a sorpresa in Parlamento, ma una constatazione durante l’estate del grande risultato ottenuto da quel governo e dell’esaurimento dell’esperienza e della necessità di tornare al voto.
Ultima domanda: sembra che Renzi sia già in campagna elettorale. È lui il futuro del centrosinistra?
Ma queste sono due domande, non una (scherza). Renzi è una persona che è in grado di stabilire benissimo ciò che è appropriato rispetto al suo disegno. In questo momento vedo due priorità: presidio forte sul governo, e un’apertura dello spazio. La saluto.
(Fabrizio Barca, classe ’55, figlio di Luciano Barca, dirigente del Pci vicino a Enrico Berlinguer, ma con uno sguardo non “malevolo” verso l’ala migliorista di Giorgio Napolitano. Ministro del governo Monti, dall’11 aprile 2013 è iscritto al Pd. Durante l’intervista con Linkiesta sbaglia due o tre volte: al posto di dire Pd, dice “Pci”).
Twitter: @GiuseppeFalci
Potresti volerlo twittare anche a: @fabriziobarca



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