venerdì 12 aprile 2013

Perseguire WikiLeaks, si tratta di un compito arduo.


19
DIC
Perseguire WikiLeaks, si tratta di un compito arduo.
Postato da  il 19-12-2010 alle ore 11:05:47


Diversi paesi come l’Australia e l’Italia sono favorevoli ad azioni giudiziarie contro il sito. Gli Stati Uniti studiano dalla fine di Luglio questa possibilità senza giungere ad alcuna conclusione.
“Si tratta di violazione di una legge, che può essere oggetto di azioni penali”, s’indignava domenica il Ministro Italiano degli Affari Esteri, Franco Frattini, qualche ora prima della divulgazione da parte di WikiLeaks di migliaia di cablogrammi diplomatici americani. Da parte sua, l’Australia si dice pronta lunedì a sostenere gli Stati Uniti in caso di processo. Una prospettiva meno semplice di ciò che sembra. Interrogato lunedì, il Ministro Americano della Giustizia ha dichiarato che saranno impiegate delle azioni giudiziarie se verranno scoperte violazioni legislative. Una riflessione su eventuali azioni giudiziarie è saltata fuori a fine Luglio, con l’avvio di un’inchiesta criminale da parte del Pentagono e del Ministero della Giustizia, a seguito della pubblicazione da parte di WikiLeaks di migliaia di documenti confidenziali sul conflitto afgano. I centinaia di inquirenti non sono ancora giunti ad una conclusione.
Il margine di manovra legale è limitato. Il diritto americano comporta, in teoria, più disposizioni (complicità di un crimine, detenzione illegale di documenti rubati) per rivoltarsi contro WikiLeaks ma l’attacco al sito solleva delle questioni etiche. Questo significa impiegare azioni legali contro l’editore delle fughe di notizie, altrimenti dette le organizzazioni che rendono pubblici questi documenti…come WikiLeaks e la stampa. “Sarebbe un terribile precedente. Se si agisce in questo modo contro WikiLeaks, sarebbe solamente una questione di tempo prima che si ripeta il processo contro i media tradizionali” si preoccupava un ricercatore, specializzato nella confidenzialità governativa in un articolo del Wall Street Journal.
Ora, i media americani, non sono tenuti a rispettare le ingiunzioni governative in materia di tutela dei segreti se ottengono i loro scoops, senza furto, grazie ad informatori.
Il primo emendamento della costituzione americana garantisce la libertà di stampa. “Nessun editore pubblicando delle informazioni ottenute da un impiegato del governo è mai stato condannato nella storia americana. Le questioni di fuga di notizie nella stampa sono state raramente trattate come un crimine” ricorda un rapporto del Congressionnal Research Service. Nemmeno Nixon ha potuto impedire la pubblicazione da parte del New York Times dei documenti del Vietnam nel 1971, la questione delle “carte del pentagono” (scandalo Watergate ndt).
Una delle questioni dell’inchiesta sarà di determinare se WikiLeaks dipende da un media tradizionale. Un’opzione che non condividono gli esperti del Pentagono. Generalmente, nel momento in cui un giornale o una catena televisiva dispone di informazioni confidenziali, avvertono il governo per autentificare tali rivelazioni e assicurarsi che queste non minaccino la sicurezza nazionale. WikiLeaks, che promette una pubblicazione di materiale confidenziale “facile e in tutta sicurezza”, non ha rispettato questo uso.
PROVARE CHE WIKILEAKS HA AGITO VOLONTARIAMENTE
Secondo il Wall Street Journal, gli inquirenti stimano che il metodo più solido per condurre indizi contro WikiLeaks sarebbe di provare che il sito ha agito volontariamente. Gli esperti del Pentagono cercavano di sapere se WikiLeaks ha incoraggiato un soldato, Bradley Manning, il presunto autore dell’insieme delle fughe di notizie, a cedergli il dossier afgano, dopo una prima collaborazione coronata da successo. In giugno, il sito aveva rivelato un video che mostrava l’esercito americano che attaccava civili iracheni. L’esercito americano aveva dunque accusato Bradley Manning di essere la talpa del sito. Se il governo americano potesse provare che WikiLeaks ha fatto pressione su Manning, potrebbe giungere alla conclusione che WikiLeaks ha partecipato ad un complotto. Problema: il fondatore del sito, Julian Assange afferma di non avere mai versato un centesimo in cambio di informazioni.
Perseguire Assange è altrettanto delicato. D’altronde, per il momento, l’inchiesta criminale non mira ufficialmente a lui. Sarà ben difficile perseguire l’Australiano per violazione della legge sullo spionaggio. Il testo molto vago s’applica ad individui che spiano gli Stati Uniti per conto di una potenza straniera. Assange non è nemmeno assoggettato, al contrario di Manning, a regole di confidenzialità che si applicano agli impiegati del governo americano che lavorano sulle questioni di sicurezza. Il fatto che Assange non sia americano ed operi al di fuori degli Stati uniti costituisce un altro ostacolo. Perché le autorità americane possano giudicarlo, bisogna poterlo estradare. Questo suppone che Assange sia interpellato in un’altra nazione pronta a cooperare con Washington. Ora l’ Australiano, molto diffidente, cambia costantemente paese e residenza.
Camberra ha la stessa aria sperduta di Washington. La giustizia australiana ha annunciato lunedì un’inchiesta per sapere se la pubblicazione dei cablogrammi ha infranto la legge. Ma l’Australia ha smentito di aver ricevuto una domanda americana di revoca del passaporto del fondatore di WikiLeaks. Per MSNBC, la questione dei cablogrammi potrebbe spingere il Pentagono e il Ministero della Giustizia ad accelerare la loro inchiesta. In attesa, un repubblicano eletto è arrivato fino a chiedere l’iscrizione di WikiLeaks sulla lista delle organizzazioni terroristiche…
Fonte: le figaro, http://www.lefigaro.fr/international/2010/11/29/01003-20101129ARTFIG00633-poursuivre-wikileaks-une-tache-qui-s-annonce-ardue.php

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