lunedì 15 aprile 2013

Perché Wikileaks deve essere protetto


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SET

Postato da  il 03-09-2011 alle ore 07:59:41


19 agosto 2010 By John Pilger
Il 26 luglio Wikileaks ha diffuso migliaia di documenti militari segreti USA sulla guerra in Afghanistan. Sono documentare operazioni sotto copertura, una unità di assassinii segreti e l’uccisione di civili. Documento dopo documento, echeggiano le brutalità del passato coloniale. Dalla Malesia al Vietnam al Bloody Sunday e Basra *, poco è cambiato. La differenza consiste nel fatto che oggi vi è un modo straordinario di sapere fino a che punto le società vengono abitualmente devastate nel nostro nome. Wikileaks ha acquisito i documenti di sei anni di uccisioni di civili sia in Afghanistan sia in Iraq, di cui quelli pubblicati nel Guardian, in Der Spiegel e nel New York Times sono sola una frazione.
[stragi di civili, rispettivamente, ad opera di truppe inglesi in Irlanda e statunitensi in Iraq, N.d.T.]
Comprensibilmente, vi è isteria nelle alte sfere, che esigono che il fondatore di Wikileaks, Julian Assange, sia ‘braccato’ e ‘consegnato’. A Washington ho intervistato un ufficiale superiore del Dipartimento della Difesa e gli ho chiesto: “Può garantire che i redattori di Wikileaks e il redattore capo, che non è americano, non saranno assoggettati al tipo di caccia all’uomo di cui leggiamo sui giornali?”. Mi ha risposto: “Non sono nella posizione di dare garanzie di nulla”. Mi ha riferito della ‘indagine penale in corso’ a carico di un soldato americano, Bradley Manning, un asserito informatore. In una nazione che proclama che la propria costituzione protegge chi dice la verità, l’amministrazione Obama persegue e processa più informatori di qualsiasi altra amministrazione precedente. Un documento del Pentagono afferma senza mezzi termini che i servizi segreti USA intendono ‘emarginare in modo definitivo’ Wikileaks. La tattica preferita consiste nella calunnia, con i giornalisti al servizio delle ‘corporation’ sempre pronti a fare la loro parte.
Il 31 luglio la celebre giornalista americana Christiane Amanapour ha intervistato il Segretario alla Difesa Robert Gates sulla rete ABC. Ha invitato Gates a descrivere ai suoi spettatori la sua ‘rabbia’ nei confronti di Wikileaks. Ha fatto eco alla linea del Pentagono secondo la quale “questa falla ha le mani insanguinate” dando a Gates l’imbeccata per trovare Wikileaks ‘colpevole’ di ‘responsabilità morale’. Una simile ipocrisia proveniente da un regime inzuppato del sangue dei popoli dell’Afghanistan e dell’Iraq – come dimostrano i suoi documenti – evidentemente non è degna di un’inchiesta giornalistica. Ciò desta poca sorpresa ora che una nuova a temibile forma di responsabilità pubblica, rappresentata da Wikileaks, minaccia non solo i guerrafondai ma anche i loro apologeti.
La loro attuale propaganda consiste nel dichiarare Wikileaks ‘irresponsabile’. In precedenza, quest’anno, prima di diffondere il video del campo di battaglia in cui un elicottero da combattimento uccideva 19 civili in Iraq, compresi giornalisti e bambini, Wikileaks aveva mandato degli inviati a Baghdad per visitare le famiglie delle vittime al fine di prepararle. Prima della diffusione dei Diari di Guerra dell’Afghanistan, il mese scorso, Wikileaks ha scritto alla Casa Bianca chiedendole di identificare i nomi che avrebbero potuto attirare rappresaglie. Non c’è stata risposta. Più di 15.000 documenti sono stati trattenuti ed essi, dice Assange, non saranno pubblicati prima di essere stati controllati ‘riga per riga’ in modo da poter cancellare i nomi delle persone a rischio.
La pressione sullo stesso Assange è incessante. Nella sua patria, l’Australia, il ministro degli esteri del governo ombra, Julie Bishop, ha detto che se la sua coalizione di destra vincerà le elezioni generali, il 21 agosto, verranno adottate “azioni appropriate se un cittadino australiano intraprende deliberatamente un’attività che potrebbe mettere a rischio le vite dei soldati australiani in Afghanistan o compromettere in qualsiasi modo le nostre operazioni”. Il ruolo australiano in Afghanistan, in realtà mercenario al servizio di Washington, ha prodotto due impressionanti risultati: il massacro di cinque bambini in un villaggio della provincia di Oruzgan e la schiacciante disapprovazione della maggioranza degli australiani.
Nel maggio scorso, successivamente alla diffusione del filmato sull’elicottero Apache, ad Assange fu ritirato temporaneamente il passaporto, al suo ritorno in patria. Il governo laburista di Canberra nega di aver ricevuto richieste da Washington di trattenerlo e di spiare la rete Wikileaks. Anche il governo Cameron lo nega. C’era da aspettarselo, non è vero? Assange, che è venuto a Londra il mese scorso per lavorare alla diffusione dei Diari di Guerra, ha dovuto lasciare frettolosamente l’Inghilterra per, secondo le sue parole, ‘climi più salutari’.
Il 16 agosto, il Guardian, citando Daniel Ellsberg, ha descritto il grande informatore israeliano Mordechai Vanunu come ‘l’eroe principale dell’era nucleare’. Vanunu, che mise in allerta il mondo riguardo alle armi nucleari segrete di Israele, fu rapito dagli israeliani e incarcerato per 18 anni dopo essere stato lasciato privo di protezione dal Sunday Times che aveva pubblicato i documenti da lui forniti. Nel 1983 un altro eroico informatore, Sarah Tisdall, un’impiegata del Foreign Office, aveva inviato al Guardian documenti che rivelavano come il governo Thatcher aveva programmato di celare l’arrivo in Inghilterra di missili da crociera americani. Il Guardian obbedì all’ordine di un tribunale di consegnare i documenti e la Tisdall finì in prigione.
In un certo senso, le rivelazioni di Wikileaks svergognano la parte dominante del giornalismo, devota soltanto a prender nota di quanto le viene detto da un potere cinico e maligno. Questa è stenografia di stato, non giornalismo. Visitate il sito Wikileaks e leggete un documento del Ministero della Difesa che descriva la ‘minaccia’ del giornalismo vero. E minaccia dovrebbe essere. Avendo pubblicato abilmente la rivelazione di Wikileaks di una guerra fraudolenta, il Guardian dovrebbe ora fornire il suo appoggio editoriale più poderoso e senza riserve alla protezione di Julian Assange e dei suoi colleghi, il cui dire la verità è la cosa più importante di tutte nel corso della mia vita.
Amo l’ironia asciutta di Julia Assange. Quando gli ho chiesto se fosse più difficile pubblicare informazioni segrete in Inghilterra mi ha risposto: “Quando vediamo documenti coperti dalla legge sul Segreto di Stato constatiamo che essi affermano che è reato trattenere le informazioni ed è reato distruggerle. Così, l’unica possibile via d’uscita è pubblicarle.”
Traduzione a cura di Giuseppe Volpe – Fonte: znetitaly.org

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