sabato 20 aprile 2013

PD: dalemiani ed ex popolari nel mirino


Resa dei conti nel partito sotto choc


 Fioroni con Bersani


di Cristina Ferrulli
A fine giornata, quando il nome di Romano Prodi è bruciato ed il Professore sbatte la porta per un nuovo voto sul suo nome, si scopre che l'applauso, descritto come unanime, nell'assemblea mattutina era solo di facciata. Il Professore finisce vittima della 'guerra' interna al Pd o, come meglio dice Paolo Gentiloni, del 'cupio dissolvi' di un partito che ha ormai perso la bussola. A sera Bersani - che non si dimette, almeno fino alla soluzione della questione Quirinale - riunisce il gabinetto di guerra, con Enrico Letta e Dario Franceschini, per cercare una via di uscita che appare difficilissima. L'ennesima giornata nera del Pd, il "funerale definitivo" secondo l'immagine che gira in Transatlantico, si apre con l'assemblea dei Grandi Elettori che prova ad uscire dalla prima botta della bocciatura di Franco Marini. Ma, spiegano fonti dem, in un partito già tramortito, un colpo in più l'ha dato la decisione di non mettere ai voti la scelta di Romano Prodi. "Bersani - spiega un dirigente - ha forzato perché gli accordi di ieri sera erano che si sarebbe votato a scrutinio segreto su più nomi".
Ed invece il segretario ha proposto solo il nome di Prodi e Luigi Zanda, a quanto si apprende, ha chiesto alla platea se era il caso di continuare con lo scrutinio segreto. "L'applauso di una decina di prodiani - raccontano - ha chiuso il dibattito, peccato che metà assemblea è rimasta seduta". Una scena davanti alla quale una dei massimi sponsor della candidatura del Professore, Rosy Bindi, che poi si dimette dalla presidenza del partito, ammette che sarebbe stato meglio votare. Perché da quel momento in poi, nonostante i tentativi di assorbire i dissensi e di richiamare alla linea, la frattura, già aperta ieri, diventa una voragine. I dalemiani nascondono a mala pena la rabbia, ma è chiaro che nei 98 voti in meno si sommano più rese dei conti. I renziani, sostiene Matteo Richetti, vedono un "segnale" contro il sindaco, che ieri aveva affossato Marini, Giuseppe Fioroni se la prende con Renzi che rottama "come un giornale vecchio" l'ex premier dopo la bocciatura e con Nichi Vendola che sponsorizza Prodi. D'altra parte, oltre che il Pd, sembra esplosa anche l'alleanza con Sel, che ieri ha votato Rodotà rompendo, secondo i dem, i patti siglati in campagna elettorale.
E, in un gioco di veleni, si arriva a pensare ad un asse Renzi-D'Alema per far saltare anche Prodi e poi arrivare alla candidatura dell'ex ministro degli Esteri che dà il mandato al sindaco di Firenze. In un vertice-fiume serale, il gruppo dirigente del partito cerca una quasi impossibile via d'uscita. Le ipotesi sono risicatissime: chiedere a Giorgio Napolitano di accettare un bis, e, a quanto si apprende, ci sono stati contatti; stringere un accordo con M5S su Stefano Rodotà ma i più giurano che nel Pd i franchi tiratori sarebbero più di quelli per Marini e Prodi. Oppure, ma il rischio è anche qui altissimo, tornare all'intesa con Silvio Berlusconi candidando Massimo D'Alema o infine convogliare i voti del Pd su Rosanna Cancellieri in uno schema Pd-Sc-Pdl. Nella notte, le decisioni sono affidate all'ennesima assemblea dei parlamentari, che si annuncia come una nuova resa dei conti.
/ANSA)

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