domenica 21 aprile 2013

Giordano Bruno: eresia, ermetismo e "nova filosofia"

DANIELE BELLONI
Giordano Bruno: eresia, ermetismo e "nova filosofia"
Pensatore aristocratico, tradizionalista, leader religioso abbarbicato a una visione in cui coesistono la mistica medievale e il pensiero ermetico, Giordano Bruno è stato trasformato in campione del modernismo cartesiano, della democrazia e del positivismo laico. Il luogo dove fu posto al rogo, in Campo de' Fiori a Roma, costituisce ancora oggi per gli anarchici l'altare simbolico del più persistente e viscerale anticlericalismo. Ma quale artificio ha potuto spostare la vicenda del filosofo nolano agli antipodi rispetto alla reale esperienza storica? La pubblicazione per la prima volta in italiano da parte di Adelphi del monumentale Opere magiche (pagg. 1.590, L. 200.000), raccolta di testi che venne proposta in latino da Felice Tocco e Girolamo Vitelli nel 1891, costituisce un utile spunto di riflessione, anche grazie al notevole apparato di note e commenti che rende decifrabili testi non sempre di agevole lettura. Oltre un secolo è stato quindi necessario per rimettere mano a uno degli aspetti fondamentali del pensiero di Bruno, perché sulla centralità dei temi magici nella sua riflessione non si dovrebbero aver più dubbi: accanto alla figura di grande innovatore del Rinascimento, vero e proprio padre della modernità italiana ed europea (aspetto su cui tutti gli studiosi, a partire da Giovanni Gentile, si sono concentrati), si affianca l'immagine di un Bruno dedito allo studio di antichi misteri, dalla cabbala ebraica al corpus hermeticum, da compilatore di glosse al De occulta philosophia di Agrippa, affascinato da Raimondo Lullo e dalle connessioni fra astrologia e medicina. Non si trattò di un vezzo momentaneo, ma del tentativo sistematico di "reinfondere vitalità nei più sofisticati, più strampalati valori del medioevo occidentale", secondo la definizione dello studioso romeno Jean Petru Culianu, tentativo che dalla speculazione sulla natura dell'infinito porta il propugnatore della "nova filosofia" a riscoprire connessioni nascoste insite in tutti i saperi tradizionali di Oriente e Occidente. Il pensiero magico è un ambito in cui si attivano facilmente gli echi e le rispondenze fra saggezze apparentemente distanti cosicché la stessa rilettura della vicenda di Gesù da parte di Bruno indica chiaramente la strada verso una riappropriazione di tesori che l'Occidente ha dimenticato nei secoli: "Ho sentito dir a Giordano che Cristo facea miracoli apparenti e ch'era un Mago e così li Apostoli" si legge negli Atti del processo che condurrà il Nolano al rogo. Egli riteneva infatti che nelle "opere mirabili" di Cristo e degli apostoli giocassero un ruolo fondamentale "fides seu credulitas" dei loro seguaci. Riponeva cioè la massima importanza nell'azione del potere immaginativo all'interno dei processi corporei, vale a dire nella capacità della mente di stabilire una signoria sulla materia secondo opportune tecniche di convincimento e appropriate visioni. Affiorano nei vari testi dell'edizione diretta daMichele Ciliberto collegamenti con il pensiero vedantino indiano, con l'opera del filosofo e medico persiano Avicenna, con il pitagorismo e il neoplatonismo: un complesso di conoscenze che sembra ricondurre all'esaltazione di quella filosofia perenne che, invisa da sempre a certi ecclesiastici, fu probabilmente il fattore determinante che portò Giordano Bruno alla morte decretata dall'Inquisizione romana, atto finale di un processo durato sette anni che venne accolto dal filosofo con le celebri parole: "Avete più paura voi, di condannarmi, che non io di accettare la vostra sentenza"

http://lgxserver.uniba.it/lei/rassegna/010313.htm

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