domenica 21 aprile 2013

ERCOLE



L'origine di questa costellazione è tanto antica che la sua vera identità era ignota persino ai Greci per i quali la figura in essa raffigurata era semplicemente Engonasin, che letteralmente significa "colui che è in . Il poeta greco Arato lo descrisse distrutto dalla fatica, le mani protese verso l'alto, un ginocchio piegato e un piede sulla testa del drago. "Nessuno sa il suo nome, né per cosa stia affaticando", scriveva Arato. Ma Erastotene, un secolo dopo Arato, identificò la figura con Eracle (il nome greco di Ercole) che trionfa sul drago che stava a guardia delle mele d'oro delle Esperidi. Il drammaturgo greco Eschilo, disse che Eracle era inginocchiato, ferito ed esausto, durante la sua lotta contro i Liguri. Eracle è il più grande degli eroi greci e latini, l'equivalente dell'eroe sumero Gilgamesh. E' quindi strano che i Greci gli abbiano assegnata una costellazione solo in seguito a un ripensamento. Una ragione potrebbe essere che era già qualche volta personificato come uno dei due gemelli celesti rappresentati nella costellazione dei Gemelli; l'altro gemello era Apollo. La saga completa di Eracle è lunga e complessa, come si addice a una leggenda che è cresciuta man mano che veniva raccontata. Eracle era figlio illegittimo del dio Zeus e di Alcmena, la più bella e saggia delle donne mortali, che Zeus visitò sotto le mentite spoglie di suo marito, Anfitrione. Gli fu dato il nome di Alcide, Alceo o forse Palemone, secondo diverse fonti; il nome Eracle venne dopo. La vera moglie di Zeus, Era, s'infuriò per l'infedeltà del marito. Quel che è peggio, Zeus accostò al seno di Era addormentata il neonato Eracle, facendogli succhiare il suo latte. E avendo succhiato il latte di una dea, Eracle divenne immortale. Man mano che cresceva, Eracle superava tutti gli altri giovani in altezza, forza e abilità con le armi, ma era sempre perseguitato dalla gelosia di Era. Non potendolo uccidere, poiché era immortale, lei giurò di rendergli la vita più spiacevole possibile. Sotto l'influenza malvagia di Era, in un accesso di follia, Eracle uccise i suoi figli. Quando fu di nuovo in grado di capire, sopraffatto dal rimorso si recò dall'Oracolo di Delo per chiedere come poteva espiare quella colpa tremenda. L'Oracolo gli ordinò di servire Euristeo, re di Micene, per dodici anni. Fu allora che l'Oracolo gli diede il nome di Eracle, che significa"gloria di Era". Euristeo gli assegnò una serie di dieci imprese che sono chiamate le Fatiche di Eracle. La prima fu quella di uccidere un leone che terrorizzava il territorio intorno alla città di Nemea. Questo leone si nascondeva in un posto dove era impossibile entrare con armi in pugno e quindi Eracle lo strangolò fino a ucciderlo. Usò gli stessi artigli dell'animale per staccargli la pelle. Dopodiché indossò quella pelle come mantello, con la bocca spalancata della bestia che gli faceva da elmo, e quell'abbigliamento accrebbe l'imponenza del suo aspetto. Il Leone di Nemea è identificato con la costellazione del Leone. La seconda fatica fu quella di distruggere l'Idra, un mostro dalle molte teste, che se ne stava in agguato in una palude vicino alla città di Lerna, divorando gli incauti passanti. Eracle si cimentò col il mostro, ma non appena tagliò una delle sue teste altre due ne spuntarono al suo posto. A rendere le cose più difficili, un grosso granchio sbucò dalla palude e lo attaccò ai piedi. Adirato, l'eroe schiacciò il granchio e chiamò in soccorso Iolao, il suo cocchiere, che bruciò il moncone di ciascuna testa del mostro man mano che il suo padrone la mozzava per evitare che ne crescesse un'altra. Eracle sventrò l'Idra e affondò le sue frecce in quel sangue velenoso un azione che alla fine fu la causa della sua distruzione. Sia il Granchio che l'Idra sono ricordati sottoforma di costellazioni. Per le due fatiche seguenti gli fu ordinato di catturare animali inafferrabili: un cervo dalle corna d'oro, e un cinghiale ferocissimo di nome Calidonio. Forse la fatica più famosa è la quinta, che consistette nella pulizia delle stalle piene di sterco del Re Augia di Elide. Eracle concluse con il re un affare: in cambio della pulitura delle stalle il re gli avrebbe dato un decimo del suo bestiame. Egli riuscì nell'impresa deviando il corso di due fiumi. Ma Augia, sostenendo di essere stato ingannato, non tenne fede al patto e bandì Eracle da Elide. La fatica seguente lo portò nella città di Stinfalo, dove disperse uno stormo di uccelli dalle piume simili alle frecce che saccheggiavano di tutto. I volatili riuscirono a farla franca fuggendo nel Mar Nero, dove in seguito attaccarono Giasone e gli Argonauti. Poi Eracle salpò alla volta di Creta per catturare un toro che lanciava fiamme dalla bocca e che stava devastando quel territorio. Alcuni associano questo toro alla costellazione del Toro. Come ottava fatica Eracle portò a Euristeo i cavalli divoratori di carne umana del re Diomede di Tracia e come nona la cintura di Ippolita, la regina delle Amazzoni. Infine dovette andare a rubare il bestiame di Gerione, un mostro con tre corpi che governava l'isola di Eritea, lontano a occidente. Mentre veleggiava in quella direzione, Eracle eresse le colonne dello stretto di Gibilterra che da lui presero il nome di colonne d'Ercole. Uccise Gerione con una sola freccia che trafisse tutti e tre i suoi corpi entrando da un fianco e poi portò il bestiame in Grecia. Mentre costeggiava la Liguria, a sud della Francia, fu attaccato da forze locali tanto numerose da restare a corto di frecce. Buttatosi in ginocchio, si rivolse supplice a suo padre, Zeus, che fece piovere pietre sulla pianura. Eracle le afferrò e le lanciò contro i suoi assalitori sgominandoli. Secondo Eschilo, è questo l'evento rappresentato nella costellazione Engonasin. Quando Eracle ritornò dall'ultima delle sue imprese, il codardo e falso Euristeo si rifiutò di restituirgli la libertà perché era stato aiutato a uccidere l'Idra e perché aveva tentato di ricavare profitto dalla pulitura delle stalle. Di conseguenza gli affibbiò altri due compiti, più difficili di tutti i precedenti. Il primo fu quello di rubare le mele d'oro dal giardino di Era sulle pendici del Monte Atlante. L'albero dai frutti d'oro era un dono della Madre Terra ( Gea ) a Era in occasione delle sue nozze con Zeus. Era mise le Esperidi, figlie di Atlante, a guardia dell'albero, ma esse rubarono alcuni di quei frutti. E così adesso c'era il drago Ladone attorcigliato attorno all'albero per evitare ulteriori furtarelli. Dopo un viaggio eroico, durante il quale liberò Prometeo dalle sue catene, Eracle giunse nel giardino in cui crescevano le mele d'oro. Li vicino c'era Atlante, che teneva i cieli sulle spalle. Eracle liquidò Ladone con una freccia mirata nel punto giusto, ed Era pose il drago in cielo come costellazione del Dragone. Eracle era stato ammonito( da Prometeo, dice Apollodoro) di non raccogliere lui le mele, così chiese ad Atlante di prendergliele mentre lui sosteneva temporaneamente i cieli. Poi ripose in fretta quel peso sulle spalle di Atlante e si portò via il tesoro. La dodicesima fatica, la più spaventosa di tutte, lo portò di fronte al cancello del Mondo dell'Oltretomba a catturare Cerbero, il cane da guardia dalle tre teste. Cerbero aveva la coda di drago e la schiena ricoperta di serpenti. Sarebbe stato difficile immaginare una creatura più ripugnante, ma Eracle protetto dalla coda e dai serpenti dalla pelle del Leone di Nemea, lottò contro Cerbero a mani nude e trascinò il cane prigioniero da Euristeo, che rimase sbigottito perché non si immaginava di rivederlo vivo. Adesso, con tutte le fatiche compiute, il re non aveva altra scelta che restituire all'eroe la libertà. La morte di Eracle è una pagina di vera tragedia greca. Dopo avere completato le sue fatiche, Eracle sposò Deianira, la giovane e bella figlia del Re Eneo. Mentre erano insieme in viaggio, i due sposi arrivarono al fiume in piena Eveno nel punto in cui il centauro Nesso traghettava i passeggeri sull'altra sponda. Eracle lo attraversò a nuoto, e lasciò che Nesso portasse Deianira dall'altra parte. Il centauro, ammaliato dalla bellezza della giovane, cercò di violentarla, ed Eracle lo colpì con una delle sue frecce intinte nel veleno dell'Idra. Il centauro morente offrì a Deianira un po' del suo sangue contrabbandandoglielo per un filtro d'amore. Ingenuamente, Deianira accettò il sangue avvelenato e lo tenne ben nascosto finché molto tempo dopo, non cominciò a sospettare che Eracle non si fosse invaghito di un'altra donna. Nella speranza di riottenere il suo affetto, gli diede una camicia sulla quale aveva strofinato il sangue di Nesso morente. Eracle la indossò e, mentre a contatto con il suo petto il sangue si riscaldava, il veleno dell'Idra cominciò a bruciargli le carni fino all'osso. In preda ad atroci spasimi, Eracle infuriò per la campagna, divellendo gli alberi con le mani. Rendendosi conto che non c'era modo di lenire il dolore, si costruì una pira funeraria sul Monte Eta, spiegò la pelle di leone e vi si stese sopra, finalmente in pace. Le fiamme bruciarono la sua parte mortale, e quella immortale si levò in alto per andarsi a unire agli dèi sul Monte Olimpo. Suo padre, Zeus lo fece diventare una costellazione. In cielo Eracle è raffigurato con in mano un bastone, la sua arma preferita. C'è chi sostiene che le sue dodici fatiche siano rappresentate dai dodici segni dello zodiaco, ma in alcuni casi è difficile vedere le connessioni. Nel suo cielo cristianizzato Schiller associò Eracle ai Re Magi.

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