venerdì 19 aprile 2013

ECCO IL MECCANISMO CHE FA CONDIVIDERE DOLORE NEL CERVELLO


 ROMA - Perche' vedere qualcuno che si ferisce, anche solo in un film, fa scattare immediatamente una reazione emotiva di empatia, che ci porta a immaginare quel dolore come se lo provassimo anche noi? La risposta, ha scoperto uno studio tutto italiano pubblicato su Nature Neuroscience, non e' soltanto nella sfera emotiva, come si e' creduto finora, ma nell'attivazione di precise strutture del cervello. In altre parole scatta un meccanismo che, nella storia dell'evoluzione umana, ha rappresentato il primo passo verso la nascita di legami sociali.

La ricerca e' stata condotta da Salvatore Aglioti, del dipartimento di Psicologia dell'universita' di Roma La Sapienza e della Fondazione Santa Lucia di Roma, insieme ad Alessio Avenanti.

''Quando vedo il dolore fisico di un altro, che cosa attivo a livello cerebrale? E a cosa mi serve mettermi fisicamente nei suoi panni? '', si sono domandati i ricercatori. Cosi' Aglioti e i suoi collaboratori sono andati a vedere che cosa succede nel cervello quando si guarda qualcuno provare dolore. Hanno utilizzato la tecnica della stimolazione magnetica transcranica: una bobina stimolante posta in corrispondenza della corteccia motoria ha inviato nel cervello di un gruppo di volontari sani, senza provocare alcun dolore, campi magnetici che hanno permesso di controllare l'eccitabilita' del sistema motorio. ''Quest'ultimo - ha osservato Aglioti - e' legato alla percezione del dolore''. Basti pensare a quanto siano decisive per la sopravvivenza le risposte motorie, ad esempio di lotta o di fuga.

L'attivita' della corteccia motoria e' stata valutata mentre i volontari guardavano videoclip in cui un ago penetrava in una mano, un cotton fioc toccava la mano nello stesso punto e un ago penetrava in un pomodoro. La mano non apparteneva ad alcuna persona cara, in modo da escludere implicazioni emotive complesse (si e' anche preferito non utilizzare i primi videoclip, realizzati per i ricercatori da un collaboratore di Dario Argento, perche' c'erano troppi coltelli e troppo sangue, che avrebbero potuto indurre fenomeni di disgusto).

Si e' visto cosi' che quando i volontari guardavano l'ago penetrare nella mano il loro sistema motorio riduceva l'eccitabilita', come se essi stessi provassero dolore. Quanto piu' i volontari ritenevano che l'altro stesse soffrendo, tanto piu' si spegneva l'area della corteccia motoria, come per creare una sorta di anestesia. Non accadeva invece nulla di simile quando guardavano l'ago penetrare nel pomodoro. E questo accade in modo del tutto involontario, hanno rilevato i ricercatori, e senza alcuna correlazione con la sfera emotiva.

La conclusione e' che esistono tanti tipi di empatia, non solo quelli legati all'emotivita': si puo' provare compassione, si puo' aiutare chi soffre, ma si puo' anche provare la cosiddetta empatia ''carne e ossa'', quella studiata da Aglioti. Quest'ultima e' un'empatia molto primitiva, basata sulla percezione che a provare dolore e' un essere umano indipendentemente dal legame che abbiamo con lui, e nella quale la parte sensoriale del cervello gioca un ruolo molto importante. Il fenomeno, che i ricercatori hanno chiamato ''contagio somato-motorio'', scatta alla vista del dolore di un altro essere umano ben prima di farci domande come ''e' un mio amico? quanto gli voglio bene? se lo aiuto ricevero' un vantaggio?''. L'ipotesi dei ricercatori italiani e' che questo tipo di empatia serva a imparare come reagire al dolore e che rappresenti forse l'esempio piu' primitivo di apprendimento sociale.

In questo nuovo filone di ricerca, ha concluso Aglioti, il lavoro scientifico sta procedendo con un doppio obiettivo: approfondire la conoscenza di un fenomeno cosi' complesso (che cosa accade, per esempio, quando si vede un ago entrare nella mano di un mostro o di un nemico?) e esplorare possibili applicazioni cliniche (un'ipotesi e' che guardare qualcuno che soffre mentre si prova dolore possa aiutare a modulare la propria percezione del dolore).

(ANSA)

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