domenica 10 febbraio 2013

Folla oceanica a funerali Belaid, Tunisia paralizzata

 Scontri tra forze dell'ordine e manifestanti a Tunisi

 La Tunisia si ferma per funerali Belaid e maxisciopero










di Diego Minuti
TUNISI - La Tunisia che respinge la violenza politica s'é stretta oggi intorno alla bara di legno grezzo di Chokri Belaid, che, al cimitero di Djellaz, dove è stato inumato nel settore dei "Martiri", è stato atteso, per ore, sotto la pioggia e sotto la sferza di un vento gelido, da una folla immensa. Il Ministero dell'Interno ha parlato di un milione e 400 mila persone, forse un po' troppo, ma di certo i vialetti di terra battuta, le collinette che sovrastano le tombe e la grande piazza che si trova subito dopo la porta principale dell'immenso cimitero erano un unico, dolente muro umano.
Tanto che i militari dell'Esercito che hanno fatto da ordine pubblico hanno avuto il loro daffare per consentire al camion scoperto, su cui era poggiata la bara, avvolta nella bandiera nazionale, di raggiungere il "Carré des Martyrs' dove è stata inumata. Una lunga giornata (segnata dallo sciopero generale che ha paralizzato l'intero Paese e ha rilanciato prepotentemente il peso politico dell'Ugtt che l'ha indetto) cominciata nella municipalità di Djebel Jelloud dove Belaid era nato e dove ha fatto i primi passi da politico. Centinaia davanti all'abitazione dei genitori, migliaia davanti alla Casa della Cultura a mormorare, seguendo le parole dell'imam, i versetti del Corano che accompagnano i defunti nel loro ultimo passaggio su questa Terra. Poi, nel tragitto verso Djellaz, è stato una sequenza ininterrotta di visi rigati da lacrime o stravolti dalla rabbia e, a sventolare, solo bandiere tunisine.
Nessun drappo di partito, perché per la gente Belaid è il martire di un intero Paese. Cartelli tanti, molti dei quali recavano fotografie dell'uomo politico o insulti ad Ennahda, il partito islamico di governo considerato mandante morale di questa morte che ha sconvolto tutta la Tunisia. Non solo per lo shock di un omicidio, ma perché ha dato la stura a proteste spontanee e spesso violente, inquinate dall'infiltrazione di bande di vandali e saccheggiatori, che hanno approfittato del caos per attaccare, depredare, distruggere. Lo hanno fatto persino all'esterno del cimitero di Djellaz, quando hanno spogliato del loro contenuto decine di vetture di persone che erano andate a porgere omaggio allo scomparso. La polizia è intervenuta pesantemente, lanciando granate lacrimogene il cui acre fumo, per ironia, s'é sparso proprio sul cimitero, proprio nella zona in cui in migliaia piangevano e pregavano. Ma tutta la Tunisia é stata incendiata dalle proteste, che in qualche caso sono state violentissime, con decine di feriti ed arresti (230 solo a Tunisi), con i manifestanti o i saccheggiatori a dividersi la piazza: i primi urlando il loro dolore magari assaltando i palazzi del potere; i secondi a svellere saracinesche e depredare vetrine. Per completare il quadro, a conclusione della giornata la gendarmeria ha messo sotto protezione la tomba di Belaid adducendo il timore di profanazioni.
Ma il Paese resta in fibrillazione perché aspetta l'evolversi della situazione politica, con Gannouchi, Jebali e Marzouki a contendersi la scena. Il leader di Ennahda, approfittando di un sermone in una moschea, ha invitato i tunisini all'unità e puntato il dito contro non meglio chiariti mandanti stranieri per la morte di Belaid; Hamadi Jebali, passato nel libro dei cattivi del presidente del suo partito, ha detto che il no di Ennahda non lo fermerà dal varo a breve di un governo di tecnici e quindi dal licenziare i suoi colleghi politici dall'esecutivo: concetto che ha poi ribadito in un discorso televisivo alla nazione, indicando la soluzione dei rtecnici l'unica possibile per restituire un minimo di fiducia al Paese; Moncef Marzouki, da presidente della repubblica, rivendica tuttavia da parte sua il diritto di indicare il nuovo premier, che dovrebbe passare per l'Assemblea costituente per dimettersi.
Cosa che Jebali, nonostante lo imponga un decreto legge, non vuole assolutamente affrontare. Intanto qualche motivo di fibrillazione spunta anche con la Francia, il cui ambasciatore, Francois Gouyette, è stato convocato dal ministero degli Esteri tunisino per ascoltare la protesta nei confronti delle dichiarazioni del titolare degli Interni di Parigi, Manuel Valls, di condanna dell'uccisione del 'laico' Belaid. Dichiarazioni in cui Valls ha tra l'altro fatto riferimento a un "fascismo islamico che cresce ovunque". E che secondo il governo di Tunisi sono "preoccupanti, non amichevoli" e "non corrispondono alla natura delle relazioni che uniscono la Tunisia e la Francia".

(ANSA)

Nessun commento:

Posta un commento