giovedì 7 febbraio 2013

Egidio Egidi


Eni: e' morto l'ex commissario straordinario Egidio Egidi


Eni e  morto l ex commissario straordinario Egidio Egidi

(AGI) - Roma, 3 feb. - E' morto improvvisamente nella sua casa di Milano l'ingegnere Egidio Egidi, uno dei primi e piu' stretti collaboratori di Enrico Mattei, nato a Matelica nelle Marche 90 anni fa. Comincio' la sua carriera nell'ente petrolifero come tecnico all'Eni Holding, ma presto Mattei lo trasferi' alle attivita' operative dell'Agip Mineraria alla direzione del settore di Ravenna, dove ebbe il merito di trovare il primo grande giacimento off shore di metano, mai prima d'allora individuato in mare in Europa. Nel 1978 fu chiamato dall'avvocato Agnelli alla societa' di costruzioni internazionali Impresit, ma l'anno successivo l'allora presidente del Consiglio Cossiga lo nomino' commissario straordinario dell'Eni, incarico che ricopri' sino all'aprile del 1980, per fare poi ritorno alla Impresit. I funerali si svolgeranno nella Chiesa di Santa Barbara a San Donato 


INTERVISTE

EGIDIO EGIDI, MAESTRO NEL GIOCO D’AZZARDO DELLA RICERCA PETROLIFERA

Mattei ebbe il merito di tirar fuori da persone giovani e inesperte, dirigenti validi e grandemente motivati, ponendoci, giovanissimi, a capo di società caposettore


Cesare Lanza*

Classe 1922 Egidi, manager di lunga e grandissima esperienza, vanta una carriera come pochi in Italia. Entrato in Eni all’epoca di Enrico Mattei ha scalato le cariche manageriali di tutte le aziende nelle quali ha lavorato, fino a raggiungerne i vertici. In questa intervista tratteggia e ricorda mondi e rapporti industriali che oggi si fa sempre più fatica a ritrovare.
Entrò all’Eni nel 1949, assunto da Enrico Mattei. Che ricordo ha dell’uomo e dell’imprenditore?
“Mi sia concessa una breve premessa. Poiché mi viene chiesto di raccontare un “pezzo” importante della mia vita (30 anni trascorsi all’Eni/Agip), dovendo attingere ai miei ricordi, debbo premettere che, oltre a fare valutazioni personali magari non condivisibili da altri, il tempo avrà certamente contribuito ad offuscare o abbellire qualche dettaglio.
Tuttavia ritengo di non essermi lasciato troppo prendere dai miti o dalle leggende che, inevitabilmente, si tramandano nel tempo. Mi riferisco sopratutto alla “leggenda” Mattei. Gli si fa spesso torto dipingendolo da alcuni come un santo, da altri un corruttore spregiudicato. Evidentemente non era né l’uno né l’altro.
Era semplicemente un grande italiano che desiderava contribuire alla rinascita del nostro Paese uscito dalla guerra con le ossa rotte (…l’Italietta del fascismo e dell’autarchia, magistralmente immortalata da Fellini in Amarcord!).
In Eni ha scalato tutti i gradini fino ad arrivare a cariche manageriali. Che valore aveva il merito in quegli anni?
“La ricerca petrolifera è sempre vicina al gioco d’azzardo, almeno quando si affronta un’area inesplorata.
Se noi avevamo all’inizio pochi mezzi tecnici (gli impianti di perforazione di allora non erano proprio un modello di modernità), possedevamo tuttavia il necessario know-how tecnico/geologico, ottime maestranze, e grande entusiasmo.
E tutti noi, fin dai primi anni ‘50 raggiungevamo il Texas, la California…per apprendere sul campo il “mestiere” del petroliere. E imparammo alla svelta tant’è vero che assai presto, essendoci portati al livello tecnico/economico delle majors, venivamo accettati, anzi richiesti, per formare joint ventures internazionali (Mare del Nord, Nigeria, Indonesia, ecc.)
Fu questa la prova che, pur essendo un’azienda di Stato, eravamo considerati a tutti gli effetti alla stregua di azienda privata. Avevamo ereditato da Mattei il coraggio e la forza morale di decidere con grande autonomia, assai spesso by-passando le lungaggini decisionali e le burocrazie romane.
Mattei ha avuto anche il merito di tirar fuori, da persone giovani e inesperte, dirigenti validi e grandemente motivati, ponendoci, giovanissimi, a capo di società caposettore”.
Nel ‘62 Mattei morì in un incidente aereo per il quale nel 2005 è stato stabilito ci fu dolo. Lei che idea si è fatto? A chi Mattei aveva dato fastidio?
“Al momento della caduta dell’aereo, alcuni piloti della flottiglia aerea ENI, colleghi del pilota Bertuzzi, accorsi quella notte sul posto del disastro, ritennero si trattasse di un incidente dovuto alle pessime condizioni atmosferiche nell’atterraggio a Linate. Al sabotaggio credettero in pochi, anche perché a chi avrebbe giovato (delle 7 Sorelle) fare di Mattei un martire? Tanto più che avrebbe dovuto fra non molto incontrare Kennedy”.
Quali erano i rapporti, all’epoca, tra imprenditori e politici?
“Sicuramente Vanoni, Ministro delle Finanze del Governo De Gasperi appoggiò e valorizzò l’enfatizzazione della scoperta del giacimento di Cortemaggiore. Anche i rapporti di Andreotti furono non conflittuali. E poi Mattei ci proteggeva nel senso che rappresentava l’interfaccia con i politici. Agivamo in una quasi completa autonomia che difendevamo quotidianamente da ogni tentativo di invasione di campo”.
Nel 1980 dopo essere stato commissario straordinario dell’Eni, il Presidente Cossiga La nominò presidente. Ma Lei rifiutò. Per quale motivo?
“Avevo chiesto, ripetutamente, al Presidente Cossiga di lasciarmi libero e tornare nel “privato”, ma sulla gazzetta ufficiale del 2 maggio apparve il decreto di nomina. Ero deciso a non accettare la carica, decisione che divenne irrevocabile allorchè ebbi un colloquio alquanto sgradevole (ma illuminante!) col ministro delle Partecipazioni statali dell’epoca, il quale doveva controfirmare il decreto della mia nomina e che, all’indomani, sarebbe diventato il mio “capo” (sic!). E, in tale veste, cominciò a darmi degli ordini, non proprio di politica industriale…
Da tale colloquio trassi l’impressione, non credo troppo erronea, che si voleva da me un’ubbidienza acritica, una specie di burattino i cui fili venivano tirati da altri. Era forse l’inizio della lottizzazione?! Il colloquio terminò con la mia semplice reazione: “Ministro, se ne cerchi un altro!”. E uscii. Me ne tornai alla Fiat”.
Dopo 30 anni di Eni/Agip Lei entrò in un’altra grande azienda italiana, la Fiat, con un’impronta familiare molto forte. Quali le differenze sostanziali tra i tre grandi gruppi?
“Il passare da un gruppo pubblico – l’Eni - ad uno privato, fu per me un notevole arricchimento tecnico-culturale. E poi la filosofia del MERITOCRATICO! Tuttavia, dal punto di vista gestionale/manageriale, il “salto” non fu affatto traumatico, dato che nella società, l’Agip, che avevo lasciata i comportamenti tecnico/economici, la conduzione manageriale, ecc. erano del tutto simili a quelli praticati da Fiat.
Del resto la controprova è nelle varie joint-ventures fra l’Agip e le principali società petrolifere americane ed europee, nei vari continenti in cerca di petrolio, che furono rese possibili dall’assoluto criterio “privatistico” istillato da Mattei e dai suoi successori in tutte le aziende Eni”.
Negli anni 1992-93 scoppia Tangentopoli e, dopo il suicidio di Cagliari, circola nuovamente il Suo nome per la presidenza Eni, sponsorizzato anche da De Benedetti. Ma poi, a sorpresa fu nominato Luigi Meanti, proveniente da Snam…
“È vero che dopo il suicidio di Cagliari il Premier Amato mi telefonò insistendo affinché accettassi la Presidenza Eni.Tale richiesta si basava anche su un preciso suggerimento di De Benedetti. Ma rifiutai”.
In questo momento storico, in Italia, le stanze dei bottoni sono quasi tutte occupate da ultrasessantenni di sesso maschile. Le nuove generazioni hanno la strada sbarrata perché sono oggettivamente incapaci o perché gli anziani fanno fatica a lasciare il potere?
“È proprio vero che le stanze dei bottoni siano ora occupate stabilmente da ultrasessantenni, con la cadreca incollata al loro “didietro”. Mattei faceva esattamente il contrario, dando a noi, trentenni, importanti posti di grande responsabilità. Affermava che se uno, non oltre i 35 anni, non avesse raggiunto la piena capacità di “comando” cioè di leadership, dimostrando entusiasmo, spirito di sacrificio e di missione, non poteva stare a quel determinato posto di responsabilità (…e per il malcapitato significava l’allontanamento!)”.


*Dice di sé.
Cesare Lanza. Ha già pronte due lapidi, che gli piacciono molto, per quando sarà. Una è firmata da un’amica, Marina Poletti: “Era un uomo tutte case e famiglie”. L’altra, pensata da un ex allievo e poi amico, Massimo Donelli: “Da ragazzo si comportava come un adulto. Da adulto, come un ragazzo”. Gli mancheranno molto i cinque figli, che in vita ha trascurato, le due mogli, gli amori vissuti o anche semplicemente sognati, il poker, le scommesse, i libri... e anche le partite del Genoa, non importa se vincenti o perdenti. Tante cose, tanti affetti: perchè morire? 

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