sabato 8 dicembre 2012

Tò beccateve stà bella notizia




ancora altre prove sulle cause umane del terremoto di Haiti...

antonio



dal sito: http://www.liberamenteservo.it/modules.php?name=News&file=article&sid=3538

16 febbraio 2010
  Autore: Lino Bottaro
  TERREMOTO AD HAITI MADE IN USA
 
Postiamo ulteriori dichiarazioni in merito al terremoto di Haiti non potendo omettere di dire che, sarà una fatalità ma questi terremoti accadono in nazioni indipendenti cioè non allineate agli Usa. Chi non trova elementi di credibilità è libero di fermarsi e non leggere ma si prega di non darci dei complottisti solo per aver pubblicato questi articoli. Saremmo felici di sbagliarci ma i timori cominciano a sommarsi purtroppo! Quindi se siete scettici andate a guardarvi i links sotto riportati. LB

Haiti :::: Raúl Bracho :::: 25 gennaio, 2010 ::::

http://www.liberamenteservo.it/xfiles_chemtrails/haarp2_256

NOTA REDAZIONALE: Il presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela, Hugo Chavez Frias, avrebbe collegato il disastroso terremoto che ha colpito Haiti alla sperimentazione di nuove armi da parte degli USA. A titolo informativo riportiamo il seguente articolo, che sostiene la medesima tesi.
Fonte:  Aporrea – http://www.aporrea.org/tiburon/a93474.html, 17/01/10. International StarViewerTeam 2010

Da oltre due anni ho più volte messo in guardia sulla guerra di quinta generazione: la guerra climatica. Siccità, maremoti, inondazioni, terremoti e piogge senza fine. Tutta una tecnologia al servizio della distruzione e della sottomissione delle forze della natura.

El Niño, incolpato di ogni disordine del clima, è nato in una mangiatoia che si trova in Alaska. Lì è allevato con biberon di dollari; con la maggior parte degli scienziati sequestrati e “imbavagliati” (controllato con la minaccia di morte e il “bavaglio” che si mette dopo essere stati rapiti) da parte del Pentagono e, in ultima analisi, dall’incipiente imperialismo climatico, per dominare con la tecnologia i fenomeni della natura, usandola come arma per soggiogarci. Forse siamo ancora in libertà vigilata. La precisione e la tempestività sono i difetti da correggere.

Il fine dell’imperialismo è imprevedibile, la mancanza di rispetto per il pianeta stesso, l’arroganza che lo fa sentire il proprietario di tutti i fiumi, le nuvole, la polvere, l’estate, l’inverno, sono l’arsenale che produce tragedie che, che di sicuro non hanno la firma del Comando Sud, per ora.

La guerra di quinta dimensione si basa sui progressi compiuti verso il dominio delle forze climatiche e il controllo di tutte le comunicazioni via satellite, è un mondo predetto da Orwell nel 1984, in cui sono inutili l’invasione, i soldati. I veicoli senza equipaggio faranno il lavoro sporco, i soldati yankee non dovranno versare il loro sangue.
Dove portano questi terremoti che si sono verificati ad Haiti? Quando saranno pronti per il grande terremoto in Venezuela? Prima delle elezioni? Essere ingenui è imperdonabile. Siamo sicuri che è collegato con le sette basi in Colombia?
I voli che invadono il nostro spazio aereo da Aruba e Curacao, non sarà una distrazione?
Come starà il Comandante Chavez, se dopo un terremoto avrà il coraggio di incolpare l’impero? Chi gli crederà?
Siamo in quel famoso secolo XXI.mo, anche se per noi è la marcia decisa verso il socialismo, ma per l’impero nefasto non è altro che solo il suo desiderio disperato di permanenza e di dominio.
Qui ho allegato una segnalazione delle operazioni della base Haarp in Alaska:
Da quando il progetto scientifico-militare HAARP, nel 1993, fu installato nella base in Alaska (USA), sono successi disastri in tutto il mondo. Uno degli eventi più terribili ed evidenti sono i terremoti.
Da anni, quasi tutti i terremoti in Cina, e nelle faglie del resto del pianeta, si verificano ad una profondità di 10 chilometri!!   Come è possibile?
Il terremoto che si è verificato ad Haiti, il 12 gennaio 2010, ha tutte le carte per essere stato programmato e attuato dalle menti “brillanti” di HAARP.
Potete immaginare a quale profondità hanno prodotto più di 30 terremoti verificatisi ad Haiti in due giorni? Ovviamente: 10 km! (Pensando male, non avranno puntato al Venezuela, sbagliando mira?)

Gli Scienziati di Starviewer analizzano i dati
Ancora una volta ci imbattiamo in un dilemma familiare: Il terremoto ad Haiti. Analizziamo i dati di tutti i terremoti riportati:

Date                          Lat  -  Lon   MAG Depth    Region

13-JAN-2010 07:23:04 18.36 -72.88 5.0 10.0 HAITI REGION
13-JAN-2010 06:58:27 18.35 -73.06 4.5 10.0 HAITI REGION
13-JAN-2010 06:48:03 18.38 -72.88 4.5 10.0 HAITI REGION
13-JAN-2010 06:24:17 18.34 -73.06 4.6 10.0 HAITI REGION
13-JAN-2010 05:49:24 18.43 -73.02 4.7 10.0 HAITI REGION
13-JAN-2010 05:24:02 18.50 -72.73 4.9 11.7 HAITI REGION
13-JAN-2010 05:18:02 18.39 -72.91 5.2 10.0 HAITI REGION
13-JAN-2010 05:02:58 18.42 -72.94 5.7 10.0 HAITI REGION
13-JAN-2010 03:31:57 18.25 -72.92 4.7 10.0 HAITI REGION
13-JAN-2010 03:17:12 18.40 -73.00 4.6 10.0 HAITI REGION
13-JAN-2010 02:54:19 18.39 -72.97 4.6 10.0 HAITI REGION
13-JAN-2010 02:43:47 18.48 -72.98 4.7 10.0 HAITI REGION
13-JAN-2010 02:26:34 18.47 -72.84 4.8 10.0 HAITI REGION
13-JAN-2010 02:17:57 18.45 -72.96 4.7 10.0 HAITI REGION
13-JAN-2010 02:11:31 18.44 -73.03 4.9 10.0 HAITI REGION
13-JAN-2010 01:57:35 18.46 -72.92 5.4 10.0 HAITI REGION
13-JAN-2010 01:55:16 18.40 -72.82 5.0 10.0 HAITI REGION
13-JAN-2010 01:36:34 18.59 -72.89 5.4 10.0 HAITI REGION
13-JAN-2010 01:32:45 18.38 -72.95 5.3 10.0 HAITI REGION
13-JAN-2010 01:24:32 18.49 -72.81 4.7 10.0 HAITI REGION
13-JAN-2010 01:16:52 18.43 -72.86 5.1 10.0 HAITI REGION
13-JAN-2010 01:05:49 18.54 -72.67 4.6 10.0 HAITI REGION
13-JAN-2010 00:59:06 18.26 -72.91 5.2 10.0 HAITI REGION
13-JAN-2010 00:43:27 18.54 -72.49 5.0 10.0 HAITI REGION
13-JAN-2010 00:23:56 18.41 -72.72 4.8 10.0 HAITI REGION
12-JAN-2010 23:47:39 18.47 -72.85 4.5 10.0 HAITI REGION
12-JAN-2010 23:35:40 18.44 -72.81 4.5 10.0 HAITI REGION
12-JAN-2010 23:27:36 18.48 -72.81 4.8 10.0 HAITI REGION
12-JAN-2010 23:12:04 18.39 -72.57 5.1 10.0 HAITI REGION
12-JAN-2010 23:07:03 18.43 -72.62 4.2 10.0 HAITI REGION
12-JAN-2010 22:12:05 18.48 -72.56 5.5 10.0 HAITI REGION
12-JAN-2010 22:00:42 18.27 -72.86 5.9 10.0 HAITI REGION
12-JAN-2010 21:53:09 18.45 -72.45 7.0 10.0 HAITI REGION
11-JAN-2010 23:30:45 15.53 -88.65 4.9 10.0 HONDURAS
08-JAN-2010 09:31:35 10.52 -69.60 4.8 10.0 VENEZUELA

http://www.liberamenteservo.it/xfiles_chemtrails/haarp2_450

... si noti la sequenza lineare sulla mappa:

1 – Venezuela 8 gennaio. Profondità 10 km.
2 – Honduras 11 gennaio. Profondità 10 km.
3 – Haiti 12 gennaio. Profondità 10 km.

In entrambi i casi, abbiamo osservato che l’evento sismico si è verificato alla stessa profondità.
Successivamente, riproduciamo i video che mettono in evidenza la correlazione tra l’attività sismica e la ionosfera, attraverso il controllo della radiofrequenza indotta dagli Ipocampi, nel quadro di HAARP.

Nella sua risoluzione del 28 gennaio 1999 in materia di ambiente, sicurezza e politica estera (A4-0005/1999), il Parlamento europeo ha sottolineato che il programma HAARP manipola l’ambiente per scopi militari e ha chiesto che HAARP, in quanto pone un problema di scala mondiale (punto 24), fosse valutato dallo STOA in quello che riguardo il suo impatto sull’ambiente locale e globale e la salute pubblica in generale. Nella stessa risoluzione, il Parlamento europeo chiede lo svolgimento di una convenzione internazionale per la messa al bando globale su ogni sviluppo e diffusione di armi che potrebbero consentire una qualsiasi forma di manipolazione degli esseri umani.

La domanda è:

1 – Sappiamo che i terremoti la cui profondità è linearmente la stessa, sono causati dalla proiezione lineare di frequenza indotta.

2 – sappiamo positivamente che la configurazione dei satelliti permette di generare proiezioni di frequenze concentrate in certi punti (Ipocampi).

3 – Abbiamo sviluppato un diagramma lineare della sequenza dei terremoti da noi segnalati che, casualmente, si sono verificati tutti alla stessa profondità, vedasi il terremoto cinese del 2008, alla pagina seguente:http://starviewer.files.wordpress.com/2010/01/haarpearth.jpg

Guardate la strana coincidenza con l’attuale serie di terremoti: 10 km di profondità.
1. VIDEO: CHINA CONSIDERS WAR AGAINST USA OVER EARTHQUAKE ATTACK http://in.youtube.com/watch?v=0VX0JvpW5q0&feature=related – http://tinyurl.com/3g4rd5

2. 
GLOBAL RESEARCH – HAARP IS A WEAPON OF MASS DESTRUCTION

HAARP è pienamente operativo e ha la capacità potenziale d’innescare inondazioni, siccità, uragani e terremoti. Da un punto di vista militare, HAARP è un’arma di distruzione di massa.
http://www.globalresearch.ca/index.php?context=viewArticle&code=CHO20020104&articleId=205

3. 
CAMPAIGN FOR COOPERATION IN SPACE – HAARP IS A SPACE-BASED WEAPON OF MASS-DESTRUCTIONhttp://peaceinspace.blogs.com/peaceinspaceorg/2008/05/haarp-is-a-spac.html

4. PRAVDA – SECRET GEOPHYSICAL WEAPONS – “UNPREDICTABLE NATURAL DISASTERS AND MAN-CAUSED CATASTROPHES
http://english.pravda.ru/main/2003/01/15/42068.html

5. 
Ulteriori riferimenti:
http://www.google.com/search?domains=globalresearch.ca&q=haarp&;;;sa=Google+Search&sitesearch=globalresearch.ca

6 – studi consigliati:

Hipocampos de Frecuencias Escalares de HAARP. El incidente Noruego. Parte II. L’incidente Noruego
. Parte II.
Hipocampos de Terafrecuencias: ¿Calentando el ártico? Proyecto SHEBA
Hipocampo de Terafrecuencia de HAARP o simple proyección holográfica de satélites. 
Informe del día 14D.
Un cientifico clave de HAARP es de Madrid.
El Proyecto HAARP. Hipocampos de Terafrecuencias. Cambio Climático, desastres y salud
 humana.

Traduzione di Alessandro Lattanzio
Link Attivo
http://www.stampalibera.com/?p=9453

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14 gennaio 1999
PE 227.710/def.

A4-0005/99
sull'ambiente, la sicurezza e la politica estera
Relatore per parere: (Procedura "Hughes")
on. Olsson, commissione per la protezione dell'ambiente, la sanità pubblica e la tutela dei consumatori
Commissione per gli affari esteri, la sicurezza e la politica di difesa
Relatrice: on. Maj Britt Theorin





 Nella seduta del 13 luglio 1995 il Presidente del Parlamento ha comunicato di aver deferito la proposta di risoluzione della on. Rehn Rouva sull'uso potenziale delle risorse di carattere militare per le strategie ambientali, presentata in conformità dell'articolo 45 del regolamento, alla commissione per gli affari esteri, la sicurezza e la politica di difesa per l'esame di merito e, per parere, alla commissione per per la protezione dell'ambiente, la sanità pubblica e la tutela dei consumatori.
Nella seduta del 15 novembre 1996, il Presidente del Parlamento europeo ha comunicato, in seguito alla richiesta della Conferenza dei presidenti di commissione, di aver autorizzato la commissione per gli affari esteri, la sicurezza e la politica di difesa ad elaborare una relazione sull'argomento.
Nella riunione del 19 novembre 1996 la commissione per gli affari esteri, la sicurezza e la politica di difesa ha nominato relatrice la on. Theorin.
Nella seduta del 19 giugno 1998, il Presidente del Parlamento europeo ha comunicato che tale relazione avrebe dovuto essere elaborata, conformemente alla procedura Hughes, dalla commissione per gli affari esteri, la sicurezza e la politica di difesa e dalla commissione per la protezione dell'ambiente, la sanità pubblica e la tutela dei consumatori.
Il progetto di relazione è stato esaminato dalla commissione per gli affari esteri, la sicurezza e la politica di difesa nel corso delle sue riunioni del 5 febbraio 1998, 29 giugno 1998, 21 luglio 1998, 3, 23 e 28 settembre 1998, 13, 27 e 29 ottobre 1998 e 4-5 gennaio 1999, nonché dalla sottocommissione per la sicurezza e il disarmo nel corso delle sue riunioni del 5 febbraio 1998 e 3 e 23 settembre 1998.
In quest'ultima riunione, la commissione per gli affari esteri, la sicurezza e la politica di difesa ha approvato la proposta di risoluzione con 28 voti favorevoli e un'astensione.
Erano presenti al momento della votazione gli onn. Spencer, presidente; Theorin, relatore; Aelvoet, André-leonard, Barón Crespo, Bertens, Bianco, Burenstam Linder, Carnero González, Carrozzo (in sostituzione dell'on. Colajanni), Dillen, Dupuis, Gahrton, Goerens (in sostituzione dell'on. Cars), Graziani, Günther (in sostituzione dell'on. Gomolka), Lalumière, Lambrias, Pack (in sostituzione dell'on. Habsburg), Pettinari (in sostituzione dell'on. Imbeni, conformemente all'articolo 138, paragrafo 2 del regolamento), Piha, Rinsche, Sakellariou, Salafranca Sánchez-Neyra, Schroedter (in sostituzione dell'on. Cohn-Bendit), Schwaiger (in sostituzione dell'on. Lenz), Speciale, Swoboda (in sostituzione dell'on. Hoff), Tindemans, Titley e Truscott.
Il parere della commissione per la protezione dell'ambiente, la sanità pubblica e la tutela dei consumatori è allegato alla presente relazione.
La relazione è stata depositata il 14 gennaio 1999.
Il termine per la presentazione di emendamenti sarà indicato nel progetto di ordine del giorno della tornata nel corso della quale la relazione sarà esaminata.

 A. PROPOSTA DI RISOLUZIONE
Risoluzione sull'ambiente, la sicurezza e la politica estera: strategie per lo sfruttamento delle risorse militari a favore dell'ambiente
Il Parlamento europeo,
- vista la proposta di risoluzione presentata dalla on. Rehn Rouva sull'uso potenziale delle risorse di carattere militare per le strategie ambientali (B4-0551/95)
- visto lo studio delle Nazioni Unite dal titolo "Charting potential uses of resources allocated to military activities for civilian endeavours to protect the environment" (Individuazione degli usi potenziali in campo civile a fini di tutela ambientale delle risorse destinate alle attività militari) (UN A46/364, 17 settembre 1991),
- vista la sua risoluzione del 17 luglio 1995 dal titolo "Mine antiuomo: un ostacolo micidiale allo sviluppo" (1),
- viste le sue precedenti risoluzioni sulla non proliferazione delle armi nucleari e sugli esperimenti nucleari e visto il rapporto della Commissione di Canberra dell'agosto 1996 sull'eliminazione delle armi nucleari,
- vista la decisione unanime del Tribunale internazionale sull'obbligo per gli Stati detentori di armi nucleari di raggiungere per via negoziale un divieto delle armi nucleari (parere n. 96/22 dell'8 luglio 1996),
- vista la sua risoluzione del 19 aprile 1996 sulla proposta di decisione del Consiglio che istituisce un programma di azioni comunitarie a favore della protezione civile (2),
- viste le sue precedenti risoluzioni sulle armi chimiche,
- visti i risultati delle Conferenze delle Nazioni Unite di Kyoto (1997) e di Rio de Janeiro (1992),
- vista l'audizione sul sistema HAARP e sulle armi non letali convocata a Bruxelles il 5 febbraio 1998 dalla sottocommissione "Sicurezza e disarmo" della commissione per gli affari esteri, la sicurezza e la politica di difesa,
- visto l'articolo 148 del regolamento,
- vista la relazione della commissione per gli affari esteri, la sicurezza e la politica di difesa e il parere della commissione per la protezione dell'ambiente, la sanità pubblica e la tutela dei consumatori (A4-0005/99),
A. considerando che la fine della guerra fredda ha profondamente modificato l'assetto mondiale della sicurezza e che la distensione militare ha provocato un ragguardevole disarmo in campo militare in genere e a livello di armi nucleari in particolare, e che grazie a ciò si sono svincolate notevoli risorse militari,
B. considerando che, malgrado la totale trasformazione della situazione geostrategica conseguente alla fine della guerra fredda, il rischio di un danno immane all'integrità e alla sostenibilità dell'ambiente mondiale, in particolare alla sua biodiversità, non è diminuito in misura significativa, sia esso legato all'attivazione accidentale o non autorizzata di armi nucleari ovvero all'uso autorizzato di armi nucleari basato sulla minaccia percepita come tale ma infondata di un attacco incombente,
C. considerando che tale rischio potrebbe essere notevolmente ridotto entro un arco di tempo molto breve con la rapida attuazione da parte di tutte le potenze nucleari delle sei azioni indicate nella relazione di Camberra della Commissione concernenti, in particolare, il ritiro di tutte le armi nucleari dall'attuale stato di allerta ("hair trigger alert") e il progressivo trasferimento di tutte le armi nella riserva strategica,
D. considerando che l'articolo VI del Trattato di non proliferazione nucleare del 1968 (TNP) impegna tutte le parti a condurre negoziati in buona fede in vista di un trattato per un disarmo generale e completo; considerando che i principi e gli obiettivi adottati alla Conferenza TNP del 1995 riaffermano che obiettivo ultimo del trattato è la totale eliminazione delle armi nucleari,
E. rilevando che le minacce all'ambiente, le correnti di profughi, i conflitti etnici, il terrorismo e la criminalità internazionale rappresentano nuove e serie minacce alla sicurezza e che la capacità di gestire le varie forme di conflitti assume un'importanza sempre più grande man mano che viene a mutare il quadro della sicurezza; che, essendo le minacce alla sicurezza anche di tipo non militare, è importante che pure le risorse legate alla sfera militare vengano utilizzate a fini non militari,
F. considerando che le risorse della terra vengono sfruttate come se fossero inesauribili, ciò che ha comportato una sempre maggiore frequenza delle catastrofi naturali e ambientali; che le emergenze ecologiche sul piano locale e regionale possono avere ripercussioni considerevoli sulle relazioni internazionali; deplorando che ciò non si rispecchi più chiaramente nelle politiche estera, di sicurezza e di difesa perseguite dai vari Stati,
G. considerando che i conflitti mondiali sono prevalentemente a livello intrastatale anziché interstatale e che quando sorgono conflitti interstatali, essi riguardano in misura crescente l'accesso o la disponibilità di risorse vitali fondamentali, specialmente acqua, alimenti e combustibile,
H. considerando che l'accesso e la disponibilità di tali risorse naturali vitali sono intimamente legati al degrado e all'inquinamento ambientali, sia per quanto riguarda la causa che l'effetto, dal che consegue logicamente che la prevenzione dei conflitti deve incentrarsi maggiormente su questi aspetti,
I. considerando che la pressione esercitata sulla terra, sia arabile che abitabile, storicamente una delle principali cause di tensioni e di conflitti, è sempre più il risultato del degrado ambientale, in particolare dei cambiamenti climatici e del conseguente aumento del livello del mare,
J. considerando che tutti questi fattori, che si ripercuotono soprattutto sulle popolazioni più povere e più vulnerabili della terra, accrescono costantemente l'incidenza dei cosiddetti "rifugiati ambientali" con una conseguente pressione diretta sulle politiche relative all'immigrazione e alla giustizia dell'UE, sugli aiuti allo sviluppo e sulle spese per gli aiuti umanitari e, indirettamente, con un conseguente aumento dei problemi per l'UE per quanto riguarda la sicurezza, sotto forma di instabilità regionali in altre parti del mondo,
K. considerando che, in base ad una dettagliata ricerca internazionale raccolta e pubblicata dal Climate Institute di Washington, il numero di "rifugiati ambientali" supera ormai il numero dei "rifugiati tradizionali" (25 milioni rispetto a 22 milioni), che si prevede che tale cifra raddoppierà entro il 2010 e che, nella peggiore delle ipotesi, potrebbe essere di gran lunga superiore,
L. considerando che la questione dei "rifugiati ambientali" non è che il sintomo di un disastro umanitario di dimensioni molto più massicce che, in base a una definizione dell'ONU, coinvolge 1 miliardo e 300 milioni di persone che vivono in assoluta povertà; considerando che più di un quarto di queste persone cerca di sopravvivere in regioni del mondo estremamente vulnerabili dal punto di vista ambientale e contribuendo essenzialmente ai problemi ambientali globali quali la deforestazione e la desertificazione,
M. considerando che, dalla fine della guerra fredda, sebbene la gestione delle questioni globali sia stata ampiamente privata del contesto ideologico precedentemente dominante e sia ora molto meno determinata dalla questione dell'equilibrio militare, ciò deve ancora riflettersi nel sistema di governo globale dell'ONU attraverso una maggiore enfasi sulla coerenza e l'efficacia delle componenti sia militari che non militari della politica di sicurezza,
N. considerando tuttavia che nei lavori dell'ONU in materia di politica e di sicurezza globali viene accentuato in misura crescente essenzialmente l'aspetto non militare, con particolare riferimento alle relazioni tra scambi commerciali, aiuti, ambiente e sviluppo sostenibile,
O. considerando che occorre urgentemente mobilitare risorse adeguate per far fronte alla sfida in campo ambientale e rilevando che le risorse disponibili per la protezione dell'ambiente sono assai limitate, ciò che richiede un ripensamento per quanto riguarda lo sfruttamento delle risorse esistenti,
P. rilevando che, con questo svincolo delle risorse militari, le forze armate dispongono ora di una possibilità unica e di un potenziale ragguardevole per assistere gli sforzi dispiegati dal settore civile per contrastare i crescenti problemi ambientali,
Q. considerando che le risorse legate alla sfera militare sono risorse nazionali, mentre le minacce ambientali sono globali e che è quindi oltremodo necessario ricercare vie di cooperazione internazionali per quanto riguarda il ridispiegamento e l'utilizzo delle risorse militari a favore della protezione dell'ambiente,
R. rilevando che i costi nell'immediato a favore della protezione dell'ambiente vanno soppesati rispetto ai costi a lungo termine originati dalle negligenze in questo ambito e che risulta vieppiù necessario effettuare un'analisi dei costi e dei benefici delle varie strategie ambientali che tenga anche conto dei potenziali ridispiegamenti, ridestinazioni e ridislocamenti delle risorse militari,
S. considerando che l'obiettivo comune di riaggiustare l'ecosistema ferito della terra non può essere raggiunto disgiuntamente dalla questione del corretto sfruttamento delle risorse globali e che è necessario favorire la cooperazione tecnica internazionale e sostenere il trasferimento delle tecnologie militari più idonee,
T. considerando che, malgrado le convenzioni esistenti, la ricerca militare si applica attualmente alla manipolazione dell'ambiente come arma, come è il caso ad esempio del sistema HAARP con base in Alaska,
U. considerando che l'esperienza per quanto concerne lo sviluppo e l'uso di energia nucleare "a scopi pacifici" offre un salutare avvertimento sui modi in cui il segreto militare può impedire un'adeguata valutazione e supervisione di tecnologie miste civili/militari se la trasparenza è in ogni caso compromessa,
V. considerando che l'apprensione generale per il degrado ecologico e le emergenze ambientali richiedono l'approvazione di determinate priorità nel processo decisionale nazionale e che le nazioni devono reagire congiuntamente in modo efficace in caso di catastrofi ambientali,
1. invita la Commissione a presentare al Consiglio e al Parlamento una strategia comune, come previsto dal trattato di Amsterdam, che riunisca gli aspetti della PESC dell'UE con i suoi scambi commerciali, gli aiuti, lo sviluppo e le politiche internazionali in materia ambientale tra il 2000 e il 2010 per affrontare i seguenti singoli problemi e le relazioni tra di essi:
a) produzione agricola e alimentare e degrado ambientale;
b) carenza di risorse idriche e fornitura idrica transfrontaliera;
c) deforestazione e ripristino dei bacini carboniferi;
d) disoccupazione, sottoccupazione e assoluta povertà;
e) sviluppo sostenibile e cambiamenti climatici;
f) deforestazione, desertificazione e crescita demografica;
g) il legame tra tutti questi fattori e l'aumento globale della temperatura e l'impatto dell'aumento di eventi climatici estremi sull'uomo e sull'ambiente;
2. constata che l'opera di prevenzione sul piano ambientale rappresenta un importante strumento sul piano della politica di sicurezza; esorta pertanto gli Stati membri a definire obiettivi ambientali e sanitari nelle loro valutazioni, nella ricerca militare e nei loro piani d'azione a lungo termine in materia di politica di difesa e di sicurezza;
3. riconosce il ruolo importante assunto dall'esercito nella società democratica e i suoi compiti per la difesa nazionale nonché il fatto che iniziative volte a garantire e a ristabilire la pace possono fornire un contributo essenziale per evitare danni all'ambiente;
4. rileva che i test nucleari effettuati nell'atmosfera e nel sottosuolo hanno diffuso su tutto il pianeta, in conseguenza della precipitazione radioattiva, grandi quantità di cesio 137 radioattivo, stronzio 90 ed altri isotopi cancerogeni ed hanno provocato danni notevoli all'ambiente e alla salute umana nelle zone di sperimentazione,
5. ritiene che varie parti del mondo siano minacciate dallo stoccaggio e dallo scarico incontrollato, insicuro e inappropriato di sottomarini nucleari e imbarcazioni di superficie, con i loro combustibili radioattivi e reattori nucleari incrinati, da cui consegue un'elevata probabilità che ampie regioni siano contaminate dalle radiazioni;
6. ritiene che non sia ancora stato risolto in modo adeguato il problema posto dalle armi chimiche e convenzionali scaricate dopo le due guerre mondiali in vari punti nei mari attorno all'Europa, essendo questa una soluzione "facile" per sbarazzarsi di tali ordigni; constata che fino ad oggi nessuno sa ancora quali potrebbero essere le conseguenze ecologiche a lungo termine, in particolare per la fauna ittica e la balneazione;
7. ritiene che l'Unione europea debba contribuire o ricercare una soluzione ai problemi causati in intere regioni dell'Africa dalla guerra che ha distrutto vite umane e strutture agricole; constata che le terre sono soggette adesso al disastro ambientale in particolare a causa della deforestazione e dell'erosione che portano alla desertificazione;
8. invita pertanto i militari a sospendere tutte le attività che contribuiscono a danneggiare l'ambiente e la salute e ad adottare tutte le misure necessarie per disinquinare e decontaminare le aree colpite;
Impiego delle risorse militari a favore dell'ambiente
1. ritiene che le risorse disponibili per risanare e preservare l'ambiente degradato non siano sufficienti per far fronte alla sfida globale in campo ambientale; raccomanda pertanto agli Stati membri di adoperarsi per l'utilizzo delle risorse militari a favore della protezione dell'ambiente:
a) dando vita alla formazione di soldati "difensori dell'ambiente" nell'intento di istituire una brigata ambientale europea coordinata
b) redigendo un inventario dei rispettivi fabbisogni in campo ambientale e delle risorse militari disponibili a fini ambientali e sfruttando tali risorse nel quadro dei piani ambientali nazionali
c) valutando quali risorse di tipo militare possono mettere a disposizione delle Nazioni Unite o dell'Unione europea temporaneamente, a lungo termine o come riserva in caso di emergenza, quale strumento di cooperazione internazionale in caso di catastrofi o emergenze ambientali
d) mettendo a punto dei piani per la creazione di unità di difesa internazionali ed europee utilizzando personale, attrezzature e strutture del settore militare da mettere a disposizione nel quadro del partenariato per la pace per essere utilizzate in caso di emergenze ambientali
e) contemplando nei rispettivi concetti di sicurezza gli obiettivi della protezione dell'ambiente e dello sviluppo sostenibile
f) garantendo che le forze armate si attengano alle norme ambientali prestabilite e che si ovvii alle conseguenze del degrado ambientale provocato in passato dalle forze armate stesse
g) contemplando considerazioni ambientali nei rispettivi programmi di ricerca e sviluppo in campo militare;
10. esorta altresì, data la limitatezza delle esperienze pratiche in questo campo, i governi nazionali dell'Unione europea a:
a) istituire centri per lo scambio di informazioni sulle esperienze compiute sul piano nazionale in materia di applicazione all'ambiente delle risorse militari
b) facilitare la divulgazione in tutto il mondo dei dati sull'ambiente, compresi i dati ottenuti mediante i satelliti militari e altre strutture per la raccolta di informazioni;
11. esorta gli Stati membri ad applicare la legislazione ambientale vigente per la società civile a tutte le attività militari e fare in modo che le forze armate si facciano carico, anche finanziariamente, della ricerca, della risistemazione e del risanamento delle zone danneggiate dalle passate attività militari di modo che possono essere nuovamente adibite ad usi civili; ciò è particolarmente importante per i vasti depositi di munizioni chimiche e convenzionali lungo le coste dell'UE;
12. esorta tutti gli Stati membri a formulare obiettivi ambientali e sanitari e piani d'azione per migliorare l'opera in campo ambientale e sanitario delle rispettive forze armate;
13. esorta i governi degli Stati membri a migliorare gradualmente la protezione dell'ambiente in seno alle forze armate facendo leva su formazione generale, sviluppo tecnologico e formazione di base in scienze ambientali per tutto il personale militare e per tutti i soldati di leva;
14. esorta l'Unione europea a cooperare in funzione di una nuova strategia ambientale in cui le risorse militari vengano utilizzate per la protezione comune dell'ambiente;
15. reputa che le strategie ambientali potrebbero contemplare il monitoraggio dell'ambiente globale, la valutazione dei dati raccolti, il coordinamento del lavoro scientifico e la divulgazione di informazioni, compreso lo scambio dei dati di rilievo forniti dai sistemi nazionali di ricognizione e sorveglianza, allo scopo di produrre in modo continuato un quadro complessivo della situazione ambientale;
16. rileva che una forte riduzione della spesa militare può comportare perturbazioni non indifferenti sul piano regionale ed esorta pertanto gli Stati membri ad intensificare i loro sforzi volti a riconvertire la produzione e le tecnologie militari in funzione di produzioni e applicazioni civili tanto attraverso i programmi nazionali che attraverso iniziative comunitarie come il programma CONVER;
17 sottolinea l'importanza di rafforzare la prevenzione nell'intento di scongiurare catastrofi ambientali e naturali;
18 esorta la Commissione a svolgere uno studio approfondito delle minacce ambientali con riflessi sul piano della sicurezza in Europa e ad elaborare un "Libro verde" sull'impatto ambientale delle attività delle forze armate;
19. invita il Consiglio ad intervenire energicamente affinché gli USA, la Russia, l'India e la Cina firmino senza indugio l'Accordo di Ottawa del 1997 relativo al divieto delle mine antiuomo.
20. è dell'avviso che l'Unione europea debba assistere in maggior grado le vittime delle mine e sostenere lo sviluppo delle tecniche di sminamento accelerando al tempo stesso la ricerca di nuovi metodi di sminamento;
21. reputa che la segretezza nell'ambito della ricerca militare vada combattuta e che occorra promuovere il diritto alla trasparenza e alla verifica democratica dei progetti di ricerca militari;
22. esorta gli Stati membri a sviluppare tecnologie valide e compatibili con l'ambiente per la distruzione delle armi;
23. rileva che una delle minacce ambientali potenzialmente più gravi non lontano dai confini dell'Unione europea è l'assenza di controlli sui residui prodotti dalla gestione delle armi nucleari e sui depositi di armi biologiche e chimiche come pure sul risanamento dei danni provocati dalle attività militari; sottolinea l'importanza del fatto che gli Stati membri si adoperino per una più stretta cooperazione internazionale, ad esempio nel quadro dell'ONU e della Partnership per la pace, allo scopo di distruggere queste armi nel modo meno nocivo possibile per l'ambiente;
24. ritiene che ogni ulteriore negoziato per la riduzione e l'eventuale eliminazione delle armi nucleari debba basarsi sui principi di una riduzione reciproca ed equilibrata;
25. ritiene che, date le circostanze particolarmente difficili in cui si trovano i paesi dell'ex Unione sovietica, la minaccia all'ambiente globale e locale, rappresentata dal degrado delle condizioni delle armi e dei materiali nucleari ancora detenuti in tali paesi, renda ancora più urgente raggiungere un accordo sull'ulteriore progressiva eliminazione delle armi nucleari;
Aspetti giuridici delle attività militari
26. esorta l'Unione europea ad adoperarsi affinché anche le nuove cosiddette tecnologie degli armamenti non letali e la messa a punto di nuove strategie degli armamenti siano contemplate e disciplinate dalle convenzioni internazionali;
27. reputa che il sistema HAARP (High Frequency Active Auroral Research Project) sia da considerarsi, a causa del notevole impatto sull'ambiente, una questione mondiale ed esige che le sue conseguenze giuridiche, ecologiche ed etiche vengano analizzate da un organismo internazionale indipendente prima di ogni nuova ricerca e di qualsiasi esperimento; lamenta il fatto che l'Amministrazione degli Stati Uniti abbia ripetutamente rifiutato di inviare un rappresentante per offrire prove nel corso dell'audizioni pubblica o in occasione di una riunione successiva della sua commissione competente in merito ai rischi per l'ambiente e per la salute collegati al programma di ricerca sulle radiazioni ad alta frequenza (HAARP) attualmente finanziato in Alaska;
28. chiede al gruppo di esperti per la valutazione delle opzioni scientifiche e tecnologiche (STOA) di accettare di esaminare le prove scientifiche e tecniche fornite in base ai risultati esistenti della ricerca sull'HAARP onde valutare la natura esatta e il livello di rischio posto dall' HAARP per l'ambiente locale e globale e la salute pubblica in generale;
29. invita la Commissione, in collaborazione con i governi di Svezia, Finlandia, Norvegia e Federazione russa a valutare le conseguenze per l'ambiente e per la salute pubblica del programma HAARP per quanto concerne l'Europa artica ed a riferire al Parlamento i risultati delle sue ricerche;
30. chiede in particolare una convenzione internazionale per una messa al bando globale di tutte le ricerche e di tutti gli sviluppi, sia militari che civili, volti ad applicare le conoscenze del funzionamento del cervello umano nel settore chimico, elettrico delle vibrazioni sonore o altro allo sviluppo di armi che possono consentire qualsiasi forma di manipolazione degli esseri umani, ivi compreso un divieto di qualsiasi impiego reale o possibile di tali sistemi;
31. esorta l'Unione europea e i suoi Stati membri ad adoperarsi per la conclusione di accordi internazionali volti a proteggere l'ambiente da inutili distruzioni in caso di guerra;
32. esorta l'Unione europea e i suoi Stati membri ad adoperarsi per la definizione di norme internazionali anche per la condotta delle forze armate in tempo di pace per quanto concerne il loro impatto ambientale;
33. esorta il Consiglio ad adoperarsi fattivamente per l'applicazione delle proposte della Commissione di Canberra e dell'articolo 6 dell'Accordo di non proliferazione sullo smantellamento degli arsenali nucleari;
34. invita il Consiglio e in particolare i governi britannico e francese, ad assumere la guida nell'ambito del TNP e della Conferenza sul disarmo nel proseguire i negoziati verso una piena applicazione, quanto più rapidamente possibile, degli impegni per quanto riguarda le riduzioni e l'eliminazione delle armi nucleari ad un livello provvisorio in cui lo stock globale delle armi ancora esistenti non rappresenti una minaccia per l'integrità e la sostenibilità dell'ambiente globale;
35. invita la presidenza del Consiglio, la Commissione e i governi degli Stati membri a sostenere l'approccio adottato nella presente risoluzione nel contesto di tutte le future riunioni delle Nazioni Unite che saranno organizzate sotto gli auspici del TNP, o in rapporto ad esso e della Conferenza sul disarmo;
36. invita la Presidenza del Consiglio e la Commissione, ai sensi dell'articolo J. 7 del Trattato sull'Unione europea, a riferirgli in merito alla posizione dell'Unione per quanto concerne i punti specifici contenuti nella presente risoluzione nell'ambito delle prossime riunioni delle Nazioni Unite, delle sue agenzie ed organi, in particolare del Comitato preparatorio del TNP del 1999, della Conferenza sul disarmo e di tutti gli altri fori internazionali competenti;
37. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, agli Stati membri dell'Unione europea e alle Nazioni Unite.

() GU C 183 del 17.7.1995, pag. 47. (A4-0149/95).
() GU C 141 del 13.5.1996, pag. 258. (A4-0100/96).

 B. MOTIVAZIONE
Una difesa contro le minacce ambientali
La situazione sul piano della sicurezza ha subito notevoli mutamenti in un tempo relativamente breve. Neanche dieci anni or sono la cortina di ferro attraversava da una parte all'altra un'Europa dotata di armi nucleari. Attualmente invece l'Europa si sta unificando: l'Unione europea si sta ampliando per accogliere nel suo seno paesi che erano un tempo membri del Patto di Varsavia. La guerra fredda è ormai finita e sembra oggi impossibile che in Europa possa scoppiare un conflitto su vasta scala. Al tempo stesso emergono nuovi scenari di rischio: notevoli correnti di profughi, conflitti etnici, terrorismo e criminalità internazionale costituiscono alcuni esempi delle attuali minacce alla sicurezza. Un'altra minaccia seria è quella delle catastrofi naturali e dei problemi ambientali causati dalla natura stessa e dal modo in cui l'uomo sfrutta le risorse della terra.
Tutta una serie di catastrofi naturali ha posto l'umanità dinanzi a nuovi problemi, di cui il crollo di un bacino artificiale in Spagna non è che l'ultimo. Il fenomeno dell'erosione in Italia, le devastazioni provocate da El Niño e l'incidente nucleare di Cernobyl sono altri esempi delle conseguenze devastanti delle catastrofi naturali e ambientali. In alcune parti del mondo la siccità può comportare la perdita dei raccolti per molti anni di fila, il che a sua volta rende vittime della carestia gran parte dei loro abitanti, in molti casi con esito letale. La difesa dell'umanità da queste catastrofi risulta oggidì assai carente.
Le catastrofi ambientali e naturali sono delle tragedie per i singoli e possono avere conseguenze catastrofiche per la società e per intere nazioni. I loro costi sono enormi tanto a livello di perdita di vite umane quanto a livello di spese per la riparazione dei danni materiali. Il fatto stesso che catastrofi del genere si verifichino è la prova evidente che non si disponeva di risorse sufficienti per scoprirle per tempo e scongiurarle. Senza contare che in genere gli interventi sono spesso troppo tardivi. E' quindi necessario rafforzare l'opera di prevenzione. Gli interventi necessari a tal fine sono enormi e le risorse a disposizione assai limitate. Tutto questo richiede una nuova filosofia per lo sfruttamento delle risorse disponibili e al tempo stesso occorre creare nuove risorse. E' evidente che una nazione non è in grado di difendersi da sola dalle catastrofi ambientali, sicché i problemi ambientali richiedono la cooperazione tra nazioni. Gli scenari di rischio sono globali, per cui la cooperazione internazionale è fondamentale.
I problemi ecologici su scala locale e regionale possono avere ripercussioni notevoli sulle relazioni internazionali. Le piogge radioattive, le inondazioni e la siccità non conoscono frontiere nazionali. I profughi ambientali attraversano le frontiere di nazioni altrettanto o ancora più povere. Queste nuove cause di instabilità e di incertezza devono trovare riscontro, sul piano del contenuto e della forma, nel modo in cui le nazioni salvaguardano e instaurano la pace e la sicurezza. Come conseguenza del fatto che i problemi ambientali ed ecologici rappresentano gravi minacce contro la pace e la sicurezza è necessario che le politiche estera, di difesa e di sicurezza tengano conto anche di questo. E' necessario analizzare in qual modo le risorse militari possano essere impiegate contro questa sempre maggiore minaccia alla sicurezza per eliminare queste nuove fonti di instabilità e di apprensione. E' urgente mobilitare risorse che consentano di far fronte alla sfida ambientale.
La mutata situazione sul piano della politica di sicurezza ha favorito la distensione, il disarmo e le misure volte a creare fiducia tra gli ex arcinemici Stati Uniti e Russia. Ciò ha comportato notevoli tagli ai bilanci della difesa e lo smantellamento di intere unità militari, con il conseguente esubero di materiale militare. In particolare la Russia e gli Stati Uniti hanno attuato notevoli riduzioni delle rispettive forze armate, ma anche in Europa le spese per la difesa si sono ridotte(1).
Con lo svincolo di queste risorse militari, le forze armate dispongono di una possibilità unica e di un potenziale enorme per far fronte alle sempre più gravi problematiche ambientali. Le forze armate dispongono di un'organizzazione ben preparata e di notevoli risorse tecniche che senza grosse spese possono essere utilizzate per migliorare l'ambiente. Ciò può aver luogo con un ridispiegamento o una ridestinazione delle risorse. L'Unione europea può cooperare in funzione di una nuova strategia ambientale in base alla quale le risorse militari vengano impiegate per la difesa comune dell'ambiente. L'Unione europea può svolgere un importante ruolo propulsore per un'assunzione di responsabilità comune e globale sul piano ecologico, promuovendo al tempo stesso le misure per l'instaurazione di un clima di pace e di fiducia.
Gli Stati membri dell'Unione europea possiedono i presupposti tecnici ed economici per assumere una notevole responsabilità nei confronti dell'ambiente. Essi sanno peraltro assai bene che cosa comporterebbe il non far fronte alla sfida ambientale. Il degrado ambientale influenza negativamente i presupposti per la crescita e lo sviluppo economico, ma ciò nonostante su scala mondiale le spese per la difesa sono il triplo o il quintuplo di quelle per la protezione dell'ambiente(2).
Le forze armate costituiscono di per sé un grande settore di degrado ambientale, motivo per cui esse dovrebbero assumersi una responsabilità molto più grande per la protezione della natura.
Moderne minacce alla sicurezza
Esiste nel mondo una consapevolezza sempre più grande circa la portata dei problemi ambientali. Ne sono prova anche le conferenze di verifica realizzate dalle Nazioni Unite: sulle acque (Mar del Plata), sulla desertificazione (Nairobi), sull'ambiente e lo sviluppo (Rio de Janeiro) e sui mutamenti climatici (Kyoto). I problemi ambientali possono mettere seriamente a repentaglio la sicurezza degli uomini e degli Stati. Essi possono anche avere ripercussioni sulle relazioni internazionali tra gli Stati. Aria e acqua non conoscono frontiere nazionali. Seguono i appresso esempi concreti di minacce ambientali potenziali o già in atto.
Limitatezza delle risorse idriche
Di pari passo con l'aumento della popolazione mondiale aumenta anche la domanda di acqua pura. L'acqua dolce è una risorsa naturale distribuita in modo assai diseguale, se solo si pensa che meno di 10 paesi detengono il 60% delle risorse complessive di acqua dolce della terra(3) e molti paesi europei sono dipendenti dalle importazioni di acqua. In caso di futuri conflitti, le sorgenti d'acqua dolce non soltanto potranno rappresentare di per sé degli obiettivi militari, ma potranno anche rivelarsi dei veri e propri pomi della discordia. I conflitti in materia di diritto di accesso all'acqua potranno provocare un aumento della tensione internazionale e conflitti locali e/o internazionali. Le controversie sullo status del fiume Indo potrebbero ad esempio scatenare un conflitto armato tra India e Pakistan, i cui rapporti reciproci sono già di per sé molto tesi. Ma l'elenco dei potenziali conflitti per l'acqua dolce potrebbe allungarsi di molto. Si calcola che 300 tra fiumi, laghi e falde idriche si trovano a ridosso di confini internazionali(4). Nel Medio Oriente, 9 dei 14 paesi della zona hanno risorse idriche carenti, mentre gli altri 5 corrono seriamente il rischio di essere colpiti dallo stesso problema(5). Nel 1995 un quinto della popolazione mondiale non aveva accesso ad acqua pura e si ritiene che tale proporzione aumenterà nel 2025 a due terzi(6).
Mutamenti climatici
Con l'aumento delle emissioni, tra l'altro di biossido di carbonio(7), la temperatura media terrestre è aumentata di 5 gradi nel corso dell'ultimo secolo. Il caldo è diventato anche più intenso. I ricercatori hanno scoperto che negli ultimi vent'anni l'umidità atmosferica è aumentata del 10%. Tale aumento dell'umidità può essere causa di tempeste più intense e più frequenti in certe zone, mentre altre aree vengono colpite dalla siccità. Ci potrebbero volere anche due decenni di intensa ricerca sui mutamenti climatici globali prima di poter adottare decisioni più precise sulle misure da prendere.
Lo Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), un'organizzazione internazionale alla quale collaborano 2.000 tra i più eminenti ricercatori del mondo, prevede che la temperatura della terra aumenterebbe di 1,5-4,5 gradi e il livello dei mari salirebbe di 50 cm entro il 2100 se si continuassero ad emettere gli attuali livelli di biossido di carbonio. Si ritiene che quasi un terzo della popolazione mondiale ed oltre un terzo delle infrastrutture si trovino in zone costiere. Un innalzamento del livello dei mari inonderebbe vastissime zone e costringerebbe alla fame svariati milioni di persone per la perdita di rilevanti superfici agricole.
Queste ed altre minacce ambientali potrebbero innescare correnti di profughi. I profughi ambientali stanno diventando in sempre maggior misura oggetto dell'attenzione internazionale. Si valuta che 25 milioni di persone siano costrette all'esodo a causa di siccità, erosione del suolo, desertificazione ed altri problemi ambientali, cifra questa che può essere messa a confronto con i circa 22 milioni di rifugiati di tipo "tradizionale". I profughi ambientali potrebbero scatenare, secondo gli esperti, "una delle più gravi emergenze umanitarie della nostra era"(8). Essi sono vittime di problemi sociali, politici ed economici che potrebbero sfociare in conflitti e violenze. E' necessario che i profughi ambientali vengano riconosciuti ufficialmente. Occorre intensificare la cooperazione a livello internazionale per contenere questi problemi e bisogna dare maggior sostegno ai paesi colpiti e ai loro abitanti.
Impatto ambientale delle forze armate in tempo di guerra e in tempo di pace
Le attività militari sono responsabili di un enorme degrado ambientale. Esse hanno vastissime ripercussioni negative sull'ambiente, tanto in tempo di pace che in tempo di guerra, ripercussioni che possono essere sia intenzionali sia indesiderate. Fin dall'antichità distruggere l'ambiente è sempre stato un metodo ben consolidato di condurre la guerra. La guerra stessa rappresenta di gran lunga la più grave delle minacce all'ambiente. Un esempio concreto sono le conseguenze devastanti della guerra del Golfo, in cui centinaia di pozzi petroliferi furono dati alle fiamme sprigionando nell'atmosfera enormi quantitativi di sostanze velenose. Ci vorrà moltissimo tempo prima che l'ambiente si riprenda. Certi danni potrebbero essere addirittura irreparabili.
Il settore militare sviluppa armi sempre più potenti che provocano enormi e devastanti danni all'ambiente. Una guerra moderna comporta un degrado ambientale più grave di qualsiasi altra attività nociva all'ambiente. In appresso si descrivono alcuni sistemi di armamenti che comportano gravi ripercussioni nocive sull'ambiente anche in tempo di pace.
Mine
Le mine sono responsabili di enormi distruzioni ambientali. Secondo l'UNEP (United Nations Environment Programme), le mine terrestri rappresentano uno dei residuati bellici più diffusi e sono capaci di influenzare l'equilibrio ecologico. La posa delle mine distrugge vasti territori, spesso superfici agricole, che diventano così inutilizzabili per lungo tempo. Le mine costituiscono l'ostacolo più grande allo sviluppo in molte delle zone più povere del mondo. In 65 paesi del mondo sono collocate da 80 a 100 milioni di mine. Esse possono detonare molti decenni dopo la posa e la maggioranza delle loro vittime sono civili, soprattutto bambini. Lo sminamento è un processo assai pericoloso e costoso e prende molto tempo. Lo sviluppo di nuovi metodi di sminamento procede troppo lentamente e deve quindi essere accelerato.
Un risultato positivo è quello della Conferenza di Oslo del 1997, in cui si è deciso di vietare senza eccezione tutte le mine antiuomo, di distruggere tutte le mine presenti negli arsenali(9) entro quattro anni e di concedere maggiori aiuti ai paesi colpiti dalle mine. Diversamente da una folta schiera di Stati, altri, tra cui gli Stati Uniti, la Russia, l'India e la Cina, non hanno sottoscritto la Convenzione di Ottawa del 1997. L'Unione europea deve adoperarsi acciocché questi paesi aderiscano senza indugio all'accordo. L'Unione europea deve assistere in maggior misura le vittime delle mine e favorire lo sviluppo di nuove tecniche di sminamento.
Le cosiddette armi non letali(10)
Le cosiddette armi non letali non sono un nuovo tipo di armi, ma esistono ormai da molti anni sotto forma, ad esempio, di idranti per disperdere dimostranti, proiettili di gomma e gas lacrimogeni. Oggidì sono però state messe a punto tecniche ben più avanzate che, sebbene possano provocare notevoli danni e persino l'invalidità o la morte, vengono chiamate non letali.
Sono state messe a punto tecnologie in grado di agire sia contro le cose che contro la persona. Un esempio sono le armi acustiche che, producendo suoni molto bassi, i cosiddetti infrasuoni, possono confondere e disorientare e quindi neutralizzare il nemico. Altri esempi sono gli schiumogeni a base di colla e i laser accecanti. I coloranti chimici immessi nell'acqua possono nuocere sia all'agricoltura che alla popolazione. Con l'aiuto di raggi elettromagnetici si possono mettere fuori funzione i sistemi informatici, di navigazione e di comunicazione del nemico. Le cosiddette armi non letali possono essere impiegate anche contro le infrastrutture e le autorità di uno Stato, mettendo fuori uso la rete ferroviaria o creando il caos nel mondo finanziario di un paese. Il comun denominatore di queste armi è che sono progettate per ritardare, ostacolare e battere un potenziale nemico a "livello strategico"(11).
Il fatto che tutti questi vari tipi di armi rientrino nella denominazione comune di "non letale" è gravemente fuorviante e ingannevole. La denominazione "non letale" punta a far passare queste armi per più umane rispetto alle armi convenzionali, dimenticando che armi "umane" non esistono. L'impiego di ogni tipo di armi comporta il pericolo di danni o di morte, che è poi l'obiettivo stesso delle armi. Le cosiddette armi non letali vengono solitamente utilizzate in una fase precoce del conflitto, ma possono anche essere loro stesse a scatenarlo. Il ricorso alla violenza da parte di soldati e forze di polizia potrebbe aumentare per il fatto che queste armi vengono presentate come meno pericolose. Il rischio incombente è che queste armi abbassino la soglia del ricorso alla violenza per risolvere i conflitti.
L'idea sarebbe quella di neutralizzare il nemico senza lunghe sofferenze e senza esito letale, ma in qual modo e contro chi le cosiddette armi non letali vengono impiegate è un aspetto importante per capire quali sono le loro conseguenze, dal momento che un'arma in grado di neutralizzare un soldato potrebbe ferire o addirittura uccidere un bambino o un anziano. Altri fattori che concorrono a determinare gli effetti di un'arma sono la distanza da cui si spara e la quantità di colpi esplosi. A mo' di raffronto si pensi che le armi convenzionali comportano "soltanto" un tasso di mortalità del 25%(12).
Le cosiddette armi non letali vengono impiegate come efficace strumento nelle guerre moderne, o da sole o a integrazione delle armi convenzionali. Nella guerra del Golfo, per mettere fuori uso la rete energetica dell'Iraq(13), gli Stati Uniti impiegarono ad esempio armi basate sulle frequenze radio, anche senza conoscerne gli effetti sull'uomo. E' per questo che le cosiddette armi non letali non vanno considerate come categoria a se stante, ma vanno viste come una componente di un sistema micidiale. Lo sviluppo delle cosiddette armi non letali aumenta la gamma di opzioni di cui avvalersi in caso di guerra. Il risultato è un maggior dispiegamento di forze e non il contrario. Le cosiddette armi non letali non sono mai all'origine di conflitti non letali.
Di pari passo con lo sviluppo di sempre più diversificati tipi di cosiddette armi non letali aumenta l'interesse, da parte delle forze armate, delle forze di polizia e del mondo politico, a sperimentare il modo in cui funzionano. Le cosiddette armi non letali non devono poter essere utilizzate come strumento d'ingerenza politica e di supremazia da parte dei paesi del nord del mondo nei confronti dei paesi del sud.
Non esiste una legislazione efficace per le cosiddette armi non letali. Soltanto un numero ristretto di armi e tecniche cosiddette non letali possono essere vietate interpretando le varie normative sul controllo degli armamenti, ad esempio gli schiumogeni a base di colla (utilizzati peraltro in Somalia e in Bosnia). Alcuni tipi di laser (quello accecante) sono stati anche limitati dalla Convenzione su talune armi convenzionali. Le armi biologiche (ad esempio la salmonella e altri batteri) sono vietate dalla Convenzione sulle armi biologiche. Molte di queste armi possono avere conseguenze durature sull'ambiente. Occorre pertanto rafforzare il diritto internazionale in modo da disciplinare tutte le nuove armi che vengono di continuo messe a punto.
Il "Progetto Cyrus" del Comitato internazionale della Croce Rossa potrebbe essere utilizzato in assenza di altre norme internazionali affidabili per le cosiddette armi non letali. Questo progetto ha fissato dei criteri e ha classificato le armi convenzionali rispetto a vari fattori come mortalità, invalidità, necessità di trattamento, di trasfusioni di sangue, ecc. L'Unione europea deve adoperarsi affinché anche le nuove tecniche degli armamenti e la messa a punto di nuove strategie degli armamenti vengano contemplate e disciplinate dalle convenzioni internazionali.
Armi chimiche
L'impegno delle Nazioni Unite a distruggere le armi chimiche e altre armi di sterminio di massa in Iraq ha originato una seria apprensione circa l'impatto ambientale delle attività militari e ha rafforzato l'esigenza di ricercare metodi ecologicamente sicuri per lo smantellamento delle armi. La Convenzione contro le armi chimiche (CWC) è entrata in vigore nell'aprile 1997. In base all'articolo 1, gli Stati che hanno ratificato la Convenzione si impegnano a non sviluppare, produrre o esportare mai più in alcun caso armi chimiche. Essi si impegnano anche a non utilizzare mai le armi chimiche e a distruggere gli arsenali chimici esistenti. In base all'articolo 3, gli Stati contraenti devono fornire, entro e non oltre 30 giorni dall'entrata in vigore della Convenzione, informazioni sul possesso e l'ubicazione di armi chimiche e presentare un piano per la loro distruzione. La distruzione va avviata iniziando con gli arsenali più vecchi. 165 Stati hanno sottoscritto la Convenzione e 110 l'hanno già ratificata. 26 Stati non hanno aderito al CWC, tra cui alcuni importanti paesi del Medio Oriente.
La distruzione delle armi chimiche dà origine a serie apprensioni per l'ambiente in quanto che esse contengono decine di migliaia di tonnellate di iprite, gas nervino e altre sostanze chimiche. Gli arsenali chimici possono essere distrutti per combustione, ma sono soltanto pochi i paesi che dispongono di impianti adeguati. Disarmare le armi chimiche è costosissimo, da tre a dieci volte più caro che produrle. Perché la Russia, che dispone di depositi enormi, possa realizzare tale opera di distruzione occorrono aiuti economici da parte di altri paesi. In una città russa, Kambarka, sono depositate 6.000 tonnellate di armi chimiche in capannoni di legno che distano solo 2 km dal centro abitato. Gestire quantitativi così grandi di sostanze pericolose richiede un notevole dispiegamento di mezzi e la distruzione richiederà numerosi anni. Sono forti i rischi sia di incidenti sia di dirottamento delle armi.
E' stato confermato che circa 150.000 tonnellate di bombe, granate e mine caricate con sostanze chimiche, in particolare iprite, fosgene, tabun e sostanze a base di arsenico sono state scaricate nello Skagerrak dopo il termine della seconda guerra mondiale. Altre 40.000 tonnellate sono state scaricate nel Mar Baltico. Molti contenitori si sono arrugginiti, per cui le sostanze chimiche vengono a contatto diretto con l'acqua del mare. E' stato tuttavia deciso di lasciarle per ora sul fondo del mare, dal momento che in caso di recupero i rischi di grosse dispersioni sembrano essere molto più grandi.
Armi nucleari
L'impatto ambientale di una guerra nucleare sarebbe smisurato. E' probabile che gli effetti combinati delle precipitazioni radioattive su vasti territori, dell'assottigliamento della fascia di ozono causato dagli ossidi di azoto sprigionati dalle esplosioni nucleari e dei mutamenti climatici provocati da incendi di ampie dimensioni e di lunga durata provocherebbero enormi catastrofi ambientali su quasi tutto l'orbe terracqueo.
Anche gli esperimenti nucleari hanno evidenti ripercussioni nocive sull'ambiente. Si calcola che il quantitativo totale di scorie radioattive sprigionate nell'aria con gli esperimenti nell'atmosfera sia da 100 a 1.000 volte più grande delle emissioni provocate dall'incidente di Cernobyl(14). La moratoria parziale degli esperimenti concordata nel 1963 da USA, URSS e Gran Bretagna prevede il divieto di esperimenti nucleari nell'atmosfera, nello spazio esterno e nell'acqua, vale a dire in tutti gli ambienti tranne che nel sottosuolo.
Dal 1966 la Francia ha effettuato più di 180 esperimenti nucleari sull'atollo di Mururoa nel Pacifico, con un impatto ambientale non indifferente(15). Nei sedimenti dei fondali delle lagune degli atolli di Mururoa e di Fangataufa sono stati rinvenuti svariati chili del pericoloso plutonio. Su tre isole presso Mururoa sono state disperse particelle di plutonio anche sul terreno(16). Anche l'India e il Pakistan hanno effettuato di recente esperimenti nucleari(17). Siccome questi esperimenti sembrano non essere sufficientemente sotto controllo, essi potrebbero avere ripercussioni sull'ambiente anche molto lontano dalla regione in questione. Occorre effettuare senza indugio un'indagine internazionale indipendente dell'impatto ambientale sui siti degli esperimenti e nelle loro vicinanze.
Il plutonio è la sostanza conosciuta più pericolosa in assoluto. Molti paesi detengono grossi quantitativi di plutonio militare e le armi nucleari possono essere prodotte in modo relativamente semplice utilizzando plutonio "civile". Gli impianti attualmente destinati a usi civili possono essere convertiti in breve tempo per la produzione di armi. Dalla lavorazione del plutonio si ottengono grossi quantitativi di scorie liquide altamente radioattive. La gestione delle scorie nucleari comporta notevoli problemi. La rilevante produzione di armi di distruzione di massa degli ultimi decenni ha originato grossi quantitativi di scorie. Non si conosce nessun metodo sicuro per conservare le scorie radioattive. Esse vengono di norma custodite in contenitori, ma grossi quantitativi sono stati rilasciati direttamente nella natura. Le scorie radioattive sono molto facilmente infiammabili e possono esplodere in assenza di ventilazione o di raffreddamento. Nel 1957 si produsse un incidente nella centrale nucleare di Celiabinsk-65 presso la città di Kystym negli Urali allorché un contenitore radioattivo esplose e le scorie radioattive si diffusero su una superficie di 1.000 kmq. 10.000 persone dovettero essere sgomberate. Nel Lago di Karaciai, in prossimità della centrale di Celiabinsk-65, si rischia ancora, semplicemente recandosi sulle sue rive, di subire un irradiamento radioattivo così forte da provocare la morte immediata(18).
In prossimità del Mar Baltico ampie zone sono inquinate dalle passate attività militari sovietiche. Il Lago di Sillanmä in Estonia, chiamato anche "lago atomico", racchiude scorie radioattive militari per un equivalente di migliaia di bombe atomiche. Sillanmä si trova a 100 m dalla costa del Baltico. Una fuoriuscita nel mare avrebbe conseguenze devastanti per l'ambiente di tutto il bacino del Baltico.
Alla fine degli anni '80 l'Unione Sovietica disponeva da sola di più sommergibili nucleari di tutti gli altri paesi del mondo messi insieme. La penisola di Kola e Severodvinsk in Russia detengono oggi la più alta concentrazione di reattori per la produzione di armi nucleari al mondo (240)(19). Notevoli quantitativi di scorie nucleari e di sommergibili nucleari sono conservati in cantieri navali della penisola di Kola. La Russia e la flotta russa si trovano in una situazione tale da non riuscire a gestire i reattori in disarmo. Mancano le potenzialità economiche per finanziare uno smantellamento senza rischi. Il basso livello dei salari ha fatto sì che il personale maggiormente qualificato abbandonasse i cantieri, per cui vi è ora una grande carenza di personale competente.
Anche nel centro di Mosca sono state individuate 1.200 fonti di inquinamento radioattivo, ad esempio nei cassonetti della sabbia, nei rifugi, in appartamenti privati, in garage e in campi sportivi(20). Non va sottovalutata la possibilità di imbattersi in Russia in armi nucleari, chimiche o biologiche provenienti da depositi militari o in sostanze provenienti dagli istituti di ricerca o dall'industria.
E' molto grave che manchino le attrezzature adeguate per gestire le scorie in un modo che non presenti rischi per l'ambiente. Se dovesse succedere un incidente, ciò avrebbe conseguenze devastanti sia dal punto di vista economico che da quello ambientale. Per ogni anno che passa senza che siano adottate misure sufficienti aumentano i rischi e le conseguenze di gravi incidenti.
Esiste una proposta concreta e realistica su come eliminare gradualmente le armi nucleari presenti nel mondo. La proposta fu presentata nell'agosto 1996 dal gruppo di esperti indipendenti di cui si componeva la Commissione di Canberra(21). Nel luglio 1996 il Tribunale internazionale dell'Aia ha valutato all'unanimità che l'articolo 6 del trattato di non proliferazione obbliga gli Stati in possesso di armi nucleari ad avviare trattative in materia di disarmo nucleare. La Corte ha decretato altresì che tanto la minaccia di utilizzo quanto l'utilizzo stesso delle armi nucleari violano il diritto internazionale. L'Unione europea deve adoperarsi attivamente per la realizzazione delle proposte della Commissione di Canberra e per l'applicazione dell'articolo 6 del trattato di non proliferazione.
HAARP - Un sistema di armamenti con effetti devastanti sul clima
Il 5 febbraio 1998 la sottocommissione "Sicurezza e disarmo" del Parlamento europeo tenne un'audizione in cui si parlò anche di HAARP. Benché invitati, i rappresentanti della NATO e degli USA preferirono non partecipare. La commissione deplora che gli USA non abbiano inviato nessuno all'audizione e non abbiano approfittato dell'occasione per commentare il materiale presentato(22).
HAARP, il programma di ricerca sulle radiazioni ad alta frequenza (High Frequency Active Auroral Research Project) è condotto congiuntamente dall'aeronautica militare e dalla marina militare americane e dall'Istituto di geofisica dell'Università dell'Alaska di Fairbanks. Progetti analoghi vengono condotti addirittura in Norvegia, probabilmente in Antartide, ma anche nell'ex Unione Sovietica(23). HAARP è un progetto di ricerca in cui, attraverso impianti basati a terra e una serie di antenne, ciascuna alimentata da un proprio trasmettitore, si riscaldano con potenti onde radio parti della ionosfera(24). L'energia così generata riscalda talune parti della ionosfera provocando buchi e lenti artificiali.
Lo HAARP può essere impiegato per molti scopi. Manipolando le proprietà elettriche dell'atmosfera si diventa in grado di porre sotto controllo forze immani. Facendovi ricorso quale arma militare, le conseguenze potrebbero essere devastanti per il nemico. Attraverso HAARP è possibile convogliare in una zona prestabilita energia milioni di volte più intensa di quella che sarebbe possibile inviare con qualsiasi altro trasmettitore tradizionale. L'energia può anche essere indirizzata verso un obiettivo mobile, per cui si potrebbe applicare anche contro i missili del nemico.
Il progetto consente anche di migliorare le comunicazioni con i sommergibili e di manipolare la situazione meteorologica globale. Ma è possibile anche il contrario, cioè disturbare le comunicazioni. Manipolando la ionosfera è possibile ostacolare le comunicazioni globali facendo però arrivare a destinazione le proprie. Un'altra applicazione del sistema è quella di scandagliare a raggi X la terra per vari chilometri di profondità (con un'apposita tomografia a effetto penetrante) per esplorare campi di petrolio e di gas, ma anche attrezzature militari sotterranee. Radar in grado di vedere oltre l'orizzonte e di definire gli oggetti a grande distanza sono un'altra delle applicazioni del sistema HAARP. Ciò consente di individuare gli oggetti in arrivo da dietro la curvatura del pianeta.
A partire dagli anni '50 gli Stati Uniti hanno effettuato esplosioni di materiale nucleare nelle fasce di Van Allen(25) per sondare gli effetti delle esplosioni atomiche ad un'altezza così elevata sulle trasmissioni radio e le operazioni radar in virtù dell'intenso impulso elettromagnetico scatenato dalle deflagrazioni. Esse crearono nuove fasce di radiazione magnetica comprendenti quasi tutta la terra. Gli elettroni correvano lungo linee di campo magnetiche creando un'aurora boreale artificiale sopra il Polo Nord. Con questi test militari si rischia seriamente di danneggiare per molto tempo la fascia di Van Allen. Il campo magnetico terrestre può essere distrutto in vaste aree impedendo le comunicazioni via radio. Secondo scienziati americani ci vorranno probabilmente molte centinaia di anni prima che la fascia di Van Allen si stabilizzi nella sua posizione normale. Il sistema HAARP può provocare mutamenti delle costanti meteorologiche. Esso può anche influenzare tutto l'ecosistema, soprattutto nella sensibile area antartica.
Un'ulteriore seria conseguenza del sistema HAARP sono i buchi ionosferici causati dalle potenti onde radio inviate. La ionosfera ci protegge dalle radiazioni provenienti dal cosmo. Si spera che i buchi giungano a riempirsi nuovamente, ma le esperienze compiute con i mutamenti dello strato di ozono puntano in direzione contraria. Ciò significa che esistono buchi non indifferenti nella fascia protettiva della ionosfera.
A causa delle sue notevoli ripercussioni sull'ambiente, HAARP è una questione che riguarda tutto il mondo e bisogna anche chiedersi se i vantaggi di sistemi del genere controbilancino effettivamente i rischi. Le conseguenze ecologiche ed etiche vanno analizzate approfonditamente prima di qualsiasi altra ricerca e sperimentazione. HAARP è un progetto quasi totalmente sconosciuto all'opinione pubblica, ed è importante aumentare la consapevolezza di quest'ultima in proposito.
HAARP è il proseguimento di cinquant'anni di ricerca spaziale intensiva di chiaro stampo militare, portata avanti anche nel quadro delle "guerre stellari" per il controllo delle fasce più alte dell'atmosfera e delle comunicazioni. Tale ricerca va considerata seriamente nociva per l'ambiente, con conseguenze incalcolabili per la vita umana. Nessuno è oggi in grado di dire con sicurezza quali possono essere le conseguenze di HAARP. La cultura della segretezza nell'ambito della ricerca militare dev'essere combattuta. E' necessario promuovere il diritto alla trasparenza e alla verifica democratica dei progetti di ricerca militari, come pure il controllo parlamentare.
Tutta una serie di atti normativi internazionali ("Convenzione sul divieto dell'utilizzo a scopi militari
o ad altri scopi ostili delle tecniche di modificazione dell'ambiente", "The Antarctic Treaty", "Trattato recante principî per il comportamento degli Stati nell'esplorazione dello spazio esterno, compresi la luna e gli altri corpi celesti" e la Convenzione dell'ONU sulle leggi del mare) fanno risultare HAARP assai dubbio non soltanto dal punto di vista umano e politico, ma anche da quello giuridico. Il trattato sull'Antartide prevede che l'Antartide possa essere utilizzata unicamente a scopi pacifici(26). Ciò potrebbe anche significare che HAARP rappresenta una violazione del diritto internazionale. Tutte le conseguenze dei nuovi sistemi di armamenti devono essere valutate da organismi internazionali indipendenti. Vanno inoltre elaborati altri accordi internazionali tesi a proteggere l'ambiente da inutili devastazioni in caso di guerra.
Impatto ambientale delle attività militari
Non sono soltanto i sistemi di armamenti, ma anche in generale tutte le attività militari ad avere una qualche forma di impatto ambientale, anche le esercitazioni realizzate in tempo di pace. Tuttavia, nel discutere del degrado ambientale, il ruolo delle forze armate in generale non è mai stato toccato, essendo stato criticato soltanto l'impatto ambientale della società civile. Vi sono almeno due spiegazioni per questo(27). Le attività militari sono più complicate da discutere a causa della loro segretezza ed è difficile controbattere con motivazioni ambientali l'interesse supremo di una nazione che è la sua sicurezza e la sua difesa. Oggidì tuttavia, visto il carattere di grave minaccia alla sicurezza delle catastrofi ambientali e naturali, queste argomentazioni risultano più dubbie.
In tempo di pace le forze armate si addestrano ad esercitare compiti tipici dei periodi di guerra in condizioni quanto più realistiche possibile. Le esercitazioni vengono pertanto realizzate in condizioni analoghe a quelle di una guerra, ciò che comporta grandi sollecitazioni sull'ambiente, come dimostrano ad esempio il ritiro delle truppe sovietiche e l'abbandono delle basi militari nell'Europa centrale e dell'Est che hanno lasciato notevoli tracce sull'ambiente locale. Le esercitazioni militari comportano notevoli danni al paesaggio e alla fauna. Le esercitazioni di truppe espongono notevoli superfici di terreno a un degrado ambientale non indifferente. I campi di tiro dell'artiglieria e i siti di lancio dei missili tattici tendono a occupare vastissime superfici a scopi militari. Anche la produzione di materiale bellico e l'industria dei prodotti militari causano notevoli problemi ambientali.
Le forze armate sono responsabili dell'emissione di svariati gas che hanno un'influenza sul clima, innanzitutto biossido di carbonio, ma anche della combustione di combustibili fossili e dell'emissione di freon, responsabile dell'assottigliamento dello strato di ozono(28). L'utilizzo di combustibili per l'aeronautica rappresenta una notevole fonte di emissioni di sostanze acidificanti, come ossidi di azoto e ossido di zolfo. Le forze armate sono responsabili di gran parte dei consumi totali dei combustibili per l'aeronautica e sono responsabili di grandissima parte delle emissioni complessive degli aerei(29). Un impatto particolarmente nocivo sull'ambiente è quello degli aeroplani d'alta quota e dei missili, tanto sotto forma di inquinamento acustico che di emissioni gassose. Tutti i missili alimentati a combustibile solido emettono enormi quantità di acido cloridrico e ogni volo di una navicella spaziale rilascia circa 75 tonnellate di cloro altamente nocivo per l'ozono. Ma anche l'inquinamento acustico provocato dalle esercitazioni militari con l'impiego di munizioni di grosso calibro può provocare disturbi all'ambiente.
Con le esercitazioni di tiro la natura viene inquinata dall'emissione di metalli. Molto spesso viene impiegato un gran numero di munizioni di piccolo calibro contenenti piombo, per cui notevoli quantitativi di questo metallo vengono dispersi nella natura. Non si dispone purtroppo di informazioni complessive circa il consumo dei metalli.
Le conseguenze del disarmo sotto forma di problemi ambientali sono state messe in risalto soltanto di recente. Ogni anno vengono distrutti grossi quantitativi di sostanze esplosive, la maggior parte dei quali per via industriale. Certe munizioni non possono per vari motivi essere distrutte in questo modo ma devono essere fatte esplodere. Questo smantellamento è certamente necessario e positivo, ma il processo andrebbe portato avanti in modo compatibile con l'ambiente. Occorre mettere a punto una tecnologia valida e compatibile con l'ambiente per la distruzione degli armamenti.
Svariati paesi hanno già iniziato a sfruttare le possibilità di utilizzare le risorse militari per ripristinare l'ambiente distrutto dalle forze armate. Come qualsiasi settore della società, anche il settore militare deve assumersi una propria precisa responsabilità nei confronti dell'ambiente. Le questioni ambientali devono, come per gli altri settori della società, formare parte integrante delle attività delle forze armate ed essere contemplate nel processo decisionale e finanziario. Nel maggio del 1993 l'organismo ambientale delle Nazioni Unite UNEP (Programma ambientale delle Nazioni Unite) decise di esortare i governi nazionali a definire norme nazionali per il settore militare ("Application of Environmental Norms to Military Establishments"). Un paese come la Finlandia ha messo a punto un "Libro verde" per disciplinare l'impatto ambientale delle attività delle forze armate. Anche la Svezia ha operato in tal senso(30). Nel giugno del 1996 la Svezia ha altresì elaborato, insieme agli USA, delle direttive ambientali per le attività militari(31). Le forze armate dovrebbero definire obiettivi ambientali e proposte di misure in modo da contribuire a un minore impatto sull'ambiente in conformità dell'Agenda 21 e della "Dichiarazione di Rio"(32). Esse dovrebbero altresì elaborare relazioni in cui si specificano i fattori che al loro interno hanno un'influenza sull'ambiente. Anteriormente all'avvio di nuovi progetti e negli appalti pubblici per l'acquisto di materiali per uso civile e militare, occorre realizzare valutazioni dell'impatto ambientale.
Ciascun governo dovrebbe repertoriare il proprio fabbisogno ambientale e definire le risorse militari disponibili per finalità ambientali, elaborare piani ambientali nazionali e riferire le proprie esperienze ad un apposito organismo in seno all'Unione europea e alle Nazioni Unite.
Tutto il personale militare e anche i soldati di leva dovrebbero ricevere una formazione di base in materia di scienze ambientali. Si ritiene che le forze armate americane abbiano compiuto notevoli progressi in materia ambientale, soprattutto per quanto riguarda i materiali, ma anche sul piano della formazione. L'Unione europea dovrebbe cooperare in più ampia misura e procedere a uno scambio di informazioni in materia con gli Stati Uniti.
Strategie per l'impiego delle risorse militari a fini ambientali
Per prevenire le crisi ambientali sono necessarie infrastrutture, organizzazione e maggiori risorse. Le forze armate dispongono di tutto questo. Molte delle risorse attualmente disponibili nel settore militare potrebbero essere impiegate per proteggere, migliorare e risanare l'ambiente. Ciò dovrebbe sostanzialmente basarsi su due fasi: uno stadio di repertoriazione, in cui si valuta l'idoneità delle risorse militari, e un piano d'azione politico teso a garantirne la messa a disposizione.
Le risorse militari variano ovviamente molto da uno Stato all'altro, ma in ogni caso comprendono personale qualificato, tecnici, attrezzature avanzate dell'alta tecnologia, capacità organizzative e attività di ricerca e sviluppo in campo militare. Per molti aspetti il settore militare detiene una posizione unica per coadiuvare il settore civile internazionale a realizzare strategie ambientali. Il personale militare è ben equipaggiato per intervenire in caso di catastrofi. Diversamente dalle forze civili, quelle armate sono addestrate ad eseguire missioni in condizioni estreme. Esse possono anche essere impiegate per interventi in caso di emergenze ambientali e per gestire e distruggere sostanze altamente velenose, radioattive o comunque pericolose.
Le forze armate dispongono altresì di notevoli informazioni capaci di contribuire all'individuazione di mutamenti nell'atmosfera, nei mari e sulla superficie terrestre e quindi di lanciare un allarme e scongiurare le catastrofi ambientali. I satelliti, gli aerei, le imbarcazioni e i sommergibili militari possono raccogliere ulteriori informazioni sui mutamenti climatici oltre che sulle correnti e l'andamento delle temperature in mare. I radar sviluppati a scopi militari possono essere impiegati a fini ambientali. I radar a raggi infrarossi possono scoprire mutamenti delle temperature sulla superficie terrestre. Ad esempio, i satelliti militari americani sono stati impiegati per determinare il numero di balene esistenti, classificarle e, in ultima analisi, salvarle.
Per la loro stessa natura, i problemi ambientali sono globali, per cui la cooperazione internazionale è decisiva allo scopo di scongiurare future catastrofi ambientali. La cooperazione internazionale può essere anche utile a un altro fine, che è quello di creare fiducia reciproca: ci si aiuta l'un l'altro proprio perché si tratta di un problema comune. Ciò potrebbe anche indurre i vari paesi ad assumere su se stessi una parte ragionevole della responsabilità per l'ambiente, ovviamente in proporzione al proprio potenziale(33). Ambiti importanti per azioni comuni potrebbero essere il trasferimento di tecnologie e l'addestramento e la formazione comuni.
Le strategie ambientali potrebbero contemplare il monitoraggio dell'ambiente terrestre, la valutazione dei dati raccolti, il coordinamento dei lavori scientifici e la divulgazione di informazioni. Una forma tutta particolare di aiuto internazionale potrebbe essere quella di mettere le risorse nazionali a disposizione dell'UE e delle Nazioni Unite, di modo che se ne possa avvalere, su richiesta, un paese colpito da una catastrofe ambientale. Nel quadro delle strategie ambientali dovrebbe anche aver luogo una repertoriazione globale delle risorse idonee ai fini della protezione dell'ambiente.
Potrebbe inoltre essere creata una forza d'emergenza, composta da personale sia civile sia militare, incaricata di intervenire nelle situazioni di crisi. Partecipare ad azioni internazionali umanitarie e volte a promuovere la pace è già di per sé un compito importante per le forze armate. Occorre tuttavia operare una distinzione tra le missioni eseguite all'interno dei confini nazionali e quelle che hanno luogo sotto la giurisdizione di un altro Stato. A questo proposito si dovrebbe trarre insegnamento dalle esperienze dell'ONU e, ovviamente, esercitazioni o interventi sul territorio di un'altra nazione devono svolgersi in conformità del diritto internazionale. Occorre analizzare quali risorse possono essere messe a disposizione dell'ONU o dell'Unione europea temporaneamente, nel lungo termine o come riserva, quale strumento di cooperazione in caso di catastrofi o emergenze ambientali.
La cooperazione bilaterale e multilaterale tra forze armate è aumentata notevolmente. In ambito NATO si sta formando una forza dano-tedesco-polacca da utilizzare, oltre che per i compiti tradizionali, anche a fini di protezione civile. Dovrebbe essere operativa nella primavera del 1999.
Risorse tecnologiche nell'ambito dell'establishment militare
Negli Stati membri dell'Unione europea il settore militare registra un'intensa attività di ricerca e sviluppo. Per quanto riguarda le grandi potenze militari, il potenziale tecnologico non è soltanto vastissimo, ma è anche sostanzialmente rimasto al riparo dai tagli di bilancio operati ad esempio nel settore delle armi convenzionali. Il processo di sviluppo di nuove armi sofisticate è tuttora in corso. Il settore militare sarà probabilmente uno dei principali consumatori di tecnologie avanzate nel corso del prossimo futuro.
La maggior parte delle moderne tecnologie sono a doppio raggio di azione, vale a dire che possono essere utilizzate tanto a fini militari che a fini civili. Ciò significa che le tecnologie in ambito militare possono essere trasferite al settore civile senza bisogno di costose modificazioni. Va tuttavia preso atto del fatto che i sistemi militari basati sulle tecnologie avanzate, estremamente complicati, non sono disegnati in funzione dell'ambiente, sicché richiedono determinate riconversioni.
Il potenziale tecnologico delle organizzazioni militari nella maggior parte dei paesi in via di sviluppo è insufficiente per far fronte ai problemi ambientali che essi lamentano.
I paesi della Comunità di Stati indipendenti e i paesi africani accusano grosse carenze sul piano delle tecnologie e delle scienze ambientali. In una prospettiva internazionale, i trasferimenti di tecnologie e conoscenze rappresentano quindi un compito estremamente importante per le forze armate.
La raccolta di dati sull'ambiente e il monitoraggio possono essere agevolati impiegando imbarcazioni, aerei e veicoli spaziali nell'intento di individuare e perseguire gli abusi ambientali come scarichi di rifiuti e di petrolio o rischi naturali come gli incendi boschivi.
Un'altra possibile applicazione delle risorse militari è quella di impiegare il potenziale militare per monitorare le attività capaci di arrecare danni all'ambiente. Le risorse militari possono essere anche impiegate per il monitoraggio di agricoltura, siccità, rimboschimenti e altri tipi di gestione del territorio. Altri ambiti di applicazione possono essere gli aiuti umanitari nei paesi sottosviluppati, ad esempio in forma di trasporti e aiuti d'emergenza, calcinatura di laghi e boschi con l'aiuto di aerei e imbarcazioni militari, ma anche lotta agli scarichi di petrolio e messa a disposizione di strutture di ricerca e sviluppo per azioni globali in campo ambientale.
Le forze armate al servizio dell'ambiente: un esempio
Il parlamento svedese decise, il 13 dicembre 1996, di puntare in modo particolare sulla protezione dell'ambiente nell'ambito delle forze armate e di formare ogni anno in futuro 10.000 reclute della cosiddetta "difesa totale" (insieme delle attività di difesa militari e civili) nel quadro della protezione civile(34). La decisione non è ancora stata applicata, ma ha costituito la base di partenza della proposta elaborata da un gruppo di ufficiali(35). La proposta fu presentata a un'audizione della sottocommissione "Sicurezza e disarmo" del Parlamento europeo il 19 maggio 1998. Segue in appresso una breve illustrazione della proposta(36).
Una formazione dei soldati di leva in funzione della difesa dell'ambiente è pienamente possibile e anche necessaria per avere risorse e capacità con cui affrontare le problematiche ambientali. Creare una struttura per la formazione dei soldati di leva in funzione della difesa dell'ambiente serve a salvaguardare le risorse esistenti nella società e crea un nuovo potenziale di azioni internazionali a favore dell'ambiente.
La formazione dei "soldati dell'ambiente" può aver luogo in cooperazione con le varie autorità della "difesa totale", con i comuni, i consigli regionali, le università e le scuole superiori, ma anche con le associazioni ambientaliste, con l'industria (ad esempio quella petrolchimica, quella dell'energia, quella mineraria e l'industria della trasformazione in genere) e con interlocutori internazionali.
Coloro che effettuano il servizio obbligatorio di difesa dell'ambiente devono innanzitutto essere formati in funzione dei maggiori rischi ambientali in caso di guerra, ma anche per essere utilizzati come truppe di soccorso e rimozione tanto in tempo di pace che in tempo di guerra. Secondo la proposta, questa formazione dovrà interessare, nella fase finale, sei compagnie per ogni brigata ambientale in due tempi, vale a dire dodici compagnie in totale per brigata e all'anno. Alla guida della formazione vi è un capo istruttore, un capo ricognizione e informazione e un comandante. Sotto la loro direzione vi sono sei compagnie ambientali, comprendenti un capo compagnia, un tecnico dell'ambiente, un tecnico di compagnia, un aiutante e dodici formatori. Il tecnico dell'ambiente permane in stretto contatto tanto con l'ente protezione civile che con i ricercatori. Essi possono contare sul sostegno di un'unità che si occupa dell'economato, del personale, delle salmerie, del vettovagliamento e dei soldati di leva. Quale primo passo, i capigruppo ricevono un'apposita formazione dirigenziale e una formazione di base in materia di protezione dell'ambiente.
Nella fase introduttiva, i soldati ricevono una formazione di base, tanto militare che in materia di protezione dell'ambiente, basata sull'addestramento militare e l'esercizio fisico. Ha poi luogo una formazione in campo ambientale e il servizio prestato è rivolto in funzione delle rispettive competenze dei soldati. La fase finale della formazione viene utilizzata per azioni in campo ambientale prestabilite. Durante le formazione di base, i soldati di leva possono essere utilizzati anche al di là delle azioni già prestabilite in caso di acute crisi ambientali per venire in aiuto alla società nel suo complesso in caso di incendi boschivi, tempeste di neve, frane, ecc. Con una brigata ambientale ben funzionante, delle azioni efficaci avrebbero potuto rapidamente aver luogo in occasione delle alluvioni in Polonia, Cechia e Germania nel 1997, del crollo della diga in Spagna e della frana in Italia nel 1998.
Dopo la formazione di base per le operazioni in tempo di pace e in tempo di guerra, per cinque anni i soldati possono essere richiamati per 24-48 ore in caso di catastrofi ambientali o altre gravi situazioni. Ciò può aver luogo coercitivamente o su base volontaria.
In campo operativo, la compagnia ambientale è un'unità mobile la cui mansione principale è realizzare, all'interno come all'esterno del paese, un'opera di risanamento dei comuni svedesi, o anche di nazioni straniere dietro precise istruzioni in tal senso (soltanto in Svezia esistono 10.000 "bombe ambientali" di vario tipo che devono essere disinnescate). La compagnia svolge i propri compiti autonomamente
o in cooperazione con altre compagnie e unità dell'ente protezione civile, sotto la direzione di quest'ultimo e/o del comune che ha dato l'incarico. La compagnia deve potersi spostare da una parte all'altra del paese con propri mezzi di trasporto e avere un'autonomia pari a 72 ore di intervento.
Esattamente come le mansioni dei soldati dell'ONU nelle operazioni di mantenimento della pace, anche i soldati specializzati nella protezione dell'ambiente possono prestare servizio a livello internazionale ed esattamente come i soldati dell'ONU arruolarsi come volontari.

() SIPRI Yearbook 1997, Appendix 6A. Tables of military expenditure e 6B. Tables of NATO military expenditure.
() Charting potential uses of resources allocated to military activities for civilian endeavours to protect the environment, UN: A46/364 1991, par. 74.
() (Brasile, Russia, Cina, Canadà, Indonesia, Stati Uniti, India, Colombia e Congo) International Freshwater Conflict: Issues and prevention Strategies, Green Cross International 1997, pag. 4.
() Ibid, pag. 1.
() Ibid, par. 3.
() Edizione straordinaria della rivista Time, novembre 1997, pag. 18.
() Vengono emessi quotidianamente nell'atmosfera 25 miliardi di tonnellate di biossido di carbonio.
() Climate Institute di Washington "Environmental Exodus: An Emergent Crisis in the Global Arena". 
() Vi sono circa 100 milioni di mine depositate negli arsenali.
() Il 5 febbraio 1998 la sottocommissione "Sicurezza e disarmo" del Parlamento ha organizzato un'audizione pubblica sullo HAARP e le cosiddette armi non letali. Questo paragrafo si basa sull'audizione.
() Esse sono prodotte ad esempio negli Stati Uniti, in Cina, in Gran Bretagna, in Russia e in Israele.
() Dott. Robin Coupland, Croce Rossa Internazionale, oratore all'audizione.
() Nonlethal technology and airpower, 1993. Air Command and Staff College research project.
() Charting potential uses of resources allocated to military activities for civilian endeavours to protect the environment, UN: A46/364 1991, par. 26.
() The Impact of nuclear testing at Mururoa and Fangataufa, 1995.
() Rivista scientifica New Scientist, 1998.
() Tra l'11 e il 13 maggio 1998 l'India ha effettuato cinque test nucleari. Il Pakistan ne ha effettuati sei tra il 28 e il 30 maggio 1998.
() Plutonium, Deadly Gold of the Nuclear Age, IPPNW e IEER 1995, pag. 65.
() Vi si trova il 18% dei reattori nucleari del mondo, Bellona Report Volume 2: 1997 The Russian Northern Fleet, pag. 10.
() Atom declassified, 2 ediz. IPPNW Moskva 1996, pag. 83.
() La proposta si trova su Internet: www.dfat.gov.au/dfat/cc/cchome.html.
() Il presente paragrafo si basa sulle informazioni emerse nel corso dell'audizione.
() Dr. Nick Begich, oratore all'audizione.
() Nella ionosfera si trovano enormi campi magnetici protettivi denominati fasce di Van Allen, i quali intercettano particelle cariche (protoni, elettroni e particelle alfa).
() Nel 1958 la US Navy fece esplodere tre bombe dotate di materiale nucleare fissile a un'altezza di 480 km sopra l'Atlantico meridionale. Test concepito dal Ministero della difesa degli Stati Uniti e dalla Commissione per l'energia atomica con il nome in codice "Progetto Argus". Fonte: dr. Rosalie Bertell.
() Articolo 1.
() Statens offentliga utredningar (Inchieste pubbliche dello Stato) SOU 1992: 104, pag. 54.
() Le forze armate e l'ambiente, relazione FF.AA. svedesi 1995, pag. 8.
() Soltanto le forze armate svedesi hanno emesso nel corso di un anno 866.199 tonnellate di biossido di carbonio, ibid. pag. 60.
() Manuale sull'ambiente ad uso delle forze armate.
() "Environmental Guidelines for the Military Sector" con il sostegno del Comitato NATO per le sfide della società moderna.
() L'Agenda 21 e la Dichiarazione di Rio sono i risultati concreti della Conferenza ONU su ambiente e sviluppo tenutasi nel 1992 a Rio de Janeiro.
() Charting potential uses of resources allocated to military activities for civilian endeavours to protect the environment, UN: A46/364 1991.
() Prop. 1995/96: 12 La difesa totale in rinnovamento. 
() "Formazione di chi effettua il servizio civile obbligatorio al servizio dell'ambiente" e "Formazione dei militari di leva", Brigata ambientale di Borås.
() La proposta di formazione si basa sul reggimento di stanza a Borås, ma può essere applicata anche ad altre unità.

 Allegato 1
PROPOSTA DI RISOLUZIONE (B4-0551/95)
presentata a norma dell'articolo 45 del regolamento
dall'on. Rehn
sull'uso potenziale delle risorse di carattere militare per le strategie ambientali
Il Parlamento europeo,
A. considerando che l'ambiente internazionale e i problemi ecologici di oggi sono caratterizzati da nuove fonti di insicurezza e di conflitto;
B. considerando che tali mutamenti dovrebbero riflettersi nel contenuto e nella forma delle misure volte al mantenimento e alla creazione di sicurezza, ossia nelle politiche di sicurezza e di difesa;
C. considerando la necessità di riorientare gli obiettivi e le risorse di tali politiche,
D. considerando che per tale iniziativa è necessario mobilitare risorse adeguate onde far fronte in modo efficace alla sfida posta dalla protezione dell'ambiente e che il potenziale unico di cui dispongono le strutture militari potrebbe aumentare le possibilità di conseguire tale obiettivo;
E. considerando che l'iniziativa di integrare le risorse di carattere militare nell'ambito di strategie di protezione dell'ambiente costituirebbe per l'Unione europea l'opportunità di svolgere un ruolo guida nell'impiego di nuovi strumenti pacifici,
F. considerando che i costi per l'attuazione di tali strategie potrebbero ammontare a 774 miliardi di dollari nei prossimi dieci anni e che ciò dimostra la necessità di cooperazione,
G. considerando che la nuova situazione internazionale, la distensione politica e il disarmo militare offrono una nuova serie di possibilità finora inesplorate,
1. propone la messa a punto di un piano d'azione europeo per integrare le risorse di carattere militare nell'ambito delle strategie ambientali.
26 novembre 1998

 PARERE
(articolo 147 del regolamento)
destinato alla commissione per gli affari esteri, la sicurezza e la politica di difesa
sulla proposta di risoluzione concernente strategie per lo sfruttamento delle risorse militari a favore della protezione dell'ambiente (relazione dell'on. Theorin)
Commissione per la protezione dell'ambiente, la sanità pubblica e la tutela dei consumatori
Relatore per parere: on. Karl-Erik Olsson
PROCEDURA
Nella riunione del 20 luglio 1998 la commissione per la protezione dell'ambiente, la sanità pubblica e la tutela dei consumatori ha nominato relatore per parere l'on. Olsson.
Nelle riunioni del 12 ottobre e 25 novembre 1998 ha esaminato il progetto di parere.
Nell'ultima riunione indicata ha approvato le conclusioni in appresso con 26 voti favorevoli, 2 contrari e 1 astensione.
Hanno partecipato alla votazione gli onn. Collins, presidente; Dybkjær, vicepresidente; Olsson, relatore; d'Aboville, Blokland, Bowe, Breyer, Cabrol, Correia, Eisma, Estevan Bolea (in sostituzione dell'on. Bébéar), Flemming, Florenz, González Álvarez, Graenitz, Hulthén, Kuhn, Lange (in sostituzione dell'on. Díez de Rivera Icaza), Leopardi, McKenna, Oomen-Ruijten, Pimenta (in sostituzione dell'on. Burtone), Pollack, Roth-Behrendt, Tamino, Trakatellis, Valverde López, Virgin e White.
MESS
1. INTRODUZIONE
Il crollo dell'Unione sovietica, la fine della guerra fredda e il successivo disarmo hanno comportato dopo il 1998 una riduzione delle spese militari globali del 34% (1). Se da un lato i tagli alle spese militari hanno svincolato enormi risorse economiche, dall'altro, fattori come crisi degli approvvigionamenti, squilibri ecologici, flussi migratori, nazionalismo, conflitti etnici e criminalità internazionale costituiscono una minaccia sempre più grave contro la stabilità internazionale. Altri fattori in grado di influenzare l'evoluzione a lungo termine sul piano della sicurezza sono ad esempio il degrado ambientale e la penuria di acqua potabile e di prodotti alimentari.
Ciò sottolinea la necessità di contemplare in maggior misura le preoccupazioni ambientali nelle strategie per la sicurezza e dimostra che gli investimenti nell'ambiente rappresentano una parte importantissima degli sforzi dispiegati per garantire in futuro la stabilità sul piano della sicurezza.
2. OSSERVAZIONI
Non esiste oggi una minaccia militare diretta contro l'Europa e il rischio di una guerra in grande stile non si presenta. Al tempo stesso è venuta alla luce tutta una serie di altre minacce non militari, come ad esempio il continuo degrado dell'ambiente. La penuria d'acqua potabile, la desertificazione, i mutamenti climatici e gli incidenti in industrie chimiche e in centrali nucleari costituiscono minacce reali alla sicurezza internazionale. La questione dei diritti sulle risorse naturali, peraltro in costante diminuzione, non rappresenta più principalmente uno strumento di potere politico ma è sovente all'origine stessa dei conflitti internazionali.
Tutto questo richiede un ampliamento del concetto di sicurezza e difesa europea in modo da contemplare in maggior misura le minacce ambientali. Il settore militare è in grado di contribuire con le proprie risorse e le proprie competenze a un miglioramento della protezione ambientale, ad esempio mediante il monitoraggio satellitare, operazioni di risanamento in caso di incidenti in industrie e in centrali nucleari e con interventi in caso di catastrofi naturali. Il relatore è tuttavia dell'avviso che il mutato quadro delle minacce vada affrontato innanzi tutto attraverso una ridistribuzione degli stanziamenti di bilancio riducendo quelli destinati alla difesa militare e aumentando quelli destinati alle operazioni di protezione dell'ambiente condotte in ambito civile, ad esempio opere di prevenzione in campo ambientale, risanamento di acque e terre, rafforzamento dei servizi di soccorso e della protezione civile e aumento dell'aiuto ambientale internazionale.
Le forze armate e l'industria militare hanno un notevole impatto negativo sull'ambiente; ad esempio, i trasporti militari provocano notevoli emissioni di gas a effetto serra e di agenti acidificanti e i terreni adibiti alle esercitazioni militari subiscono di norma danni rilevanti sul piano della diversità biologica e devono spesso essere risanati prima di poter essere ridestinati a usi civili. Ad onta del loro impatto ambientale le forze armate non sono di norma mai state soggette alla legislazione vigente per la società civile. Alla luce del suo sempre maggiore impatto ambientale anche la difesa militare deve essere assoggettata alle normative esistenti e farsi carico del risanamento delle zone che hanno subito un degrado a causa delle passate attività militari. Tale inserimento delle problematiche ambientali nelle attività delle forze armate può anche essere favorito dalla fissazione di obiettivi ambientali e da una formazione in campo ambientale del personale militare.
Uno dei problemi ambientali potenzialmente più gravi sulla scorta del disarmo globale è l'assenza di controlli sui residui provenienti della passata gestione di armi nucleari e sui depositi di armi biologiche e chimiche. Molto spesso è assai più costoso distruggere le armi che non produrle. Ad esempio per le armi chimiche, distruggerle costa fino a 10 volte di più che produrle.
La caotica situazione economica in Russia e nelle ex Repubbliche sovietiche ha comportato carenze nei controlli e nello stoccaggio delle eccedenze di armi, senza contare che la loro distruzione è stata ritardata. Il relatore esorta pertanto gli Stati membri ad adoperarsi per una più stretta cooperazione internazionale, ad esempio nel quadro delle Nazioni Unite e della Partnership per la pace, affinché queste armi vengano distrutte nel modo meno nocivo possibile per l'ambiente.
Dal momento che in molti Stati membri della UE l'industria militare è concentrata in determinate regioni, l'opera di disarmo in corso potrebbe innescare crisi non indifferenti sul piano della politica regionale. L'Unione europea e gli Stati membri devono pertanto aumentare i loro sforzi per convertire la produzione e le tecnologie militari in produzioni e applicazioni civili attraverso programmi finanziati tanto sul piano nazionale che a livello dell'Unione europea.
3. CONCLUSIONI
La commissione per la protezione dell'ambiente, la sanità pubblica e la tutela dei consumatori invita la commissione per gli affari esteri, la sicurezza e la politica di difesa, competente nel merito, a inserire nella sua relazione le seguenti conclusioni.
La commissione per la protezione dell'ambiente, la sanità pubblica e la tutela dei consumatori:
A. considerando che i conflitti mondiali sono prevalentemente a livello intrastatale anziché interstatale e che quando sorgono conflitti interstatali, essi riguardano in misura crescente l'accesso o la disponibilità di risorse vitali fondamentali, specialmente acqua, alimenti e combustibile,
B. considerando che l'accesso e la disponibilità di tali risorse naturali vitali sono intimamente legati al degrado e all'inquinamento ambientali, sia per quanto riguarda la causa che l'effetto, dal che consegue logicamente che la prevenzione dei conflitti deve incentrarsi maggiormente su questi aspetti,
C. considerando che la pressione esercitata sulla terra, sia arabile che abitabile, storicamente una delle principali cause di tensioni e di conflitti, è sempre più il risultato del degrado ambientale, in particolare dei cambiamenti climatici e del conseguente aumento del livello del mare,
D. considerando che tutti questi fattori, che si ripercuotono soprattutto sulle popolazioni più povere e più vulnerabili della terra, accrescono costantemente l'incidenza dei cosiddetti "rifugiati ambientali" con una conseguente pressione diretta sulle politiche relative all'immigrazione e alla giustizia dell'UE, sugli aiuti allo sviluppo e sulle spese per gli aiuti umanitari e, indirettamente, con un conseguente aumento dei problemi per l'UE per quanto riguarda la sicurezza, sotto forma di instabilità regionali in altre parti del mondo,
E. considerando che, in base ad una dettagliata ricerca internazionale raccolta e pubblicata dal Climate Institute di Washington, il numero di "rifugiati ambientali" supera ormai il numero dei "rifugiati tradizionali" (25 milioni rispetto a 22 milioni), che si prevede che tale cifra raddoppierà entro il 2010 e che, nella peggiore delle ipotesi, potrebbe essere di gran lunga superiore,
F. considerando che la questione dei "rifugiati ambientali" non è che il sintomo di un disastro umanitario di dimensioni molto più massicce che, in base a una definizione dell'ONU, coinvolge 1 miliardo e 300 milioni di persone che vivono in assoluta povertà; considerando che più di un quarto di queste persone cerca di sopravvivere in regioni del mondo estremamente vulnerabili dal punto di vista ambientale e contribuendo essenzialmente ai problemi ambientali globali quali la deforestazione e la desertificazione,
G. considerando che, dalla fine della guerra fredda, sebbene la gestione delle questioni globali sia stata ampiamente privata del contesto ideologico precedentemente dominante e sia ora molto meno determinata dalla questione dell'equilibrio militare, ciò deve ancora riflettersi nel sistema di governo globale dell'ONU attraverso una maggiore enfasi sulla coerenza e l'efficacia delle componenti sia militari che non militari della politica di sicurezza,
H. considerando tuttavia che nei lavori dell'ONU in materia di politica e di sicurezza globali viene accentuato in misura crescente essenzialmente l'aspetto non militare, con particolare riferimento alle relazioni tra scambi commerciali, aiuti, ambiente e sviluppo sostenibile,
1. invita la Commissione a presentare al Consiglio e al Parlamento una strategia comune, come previsto dal trattato di Amsterdam, che riunisca gli aspetti della PESC dell'UE con i suoi scambi commerciali, gli aiuti, lo sviluppo e le politiche internazionali in materia ambientale tra il 2000 e il 2010 per affrontare i seguenti singoli problemi e le relazioni tra di essi:
a) produzione agricola e alimentare e degrado ambientale;
b) carenza di risorse idriche e fornitura idrica transfrontaliera;
c) deforestazione e ripristino dei bacini carboniferi;
d) disoccupazione, sottoccupazione e assoluta povertà;
e) sviluppo sostenibile e cambiamenti climatici;
f) deforestazione, desertificazione e crescita demografica;
g) il legame tra tutti questi fattori e l'aumento globale della temperatura e l'impatto dell'aumento di eventi climatici estremi sull'uomo e sull'ambiente;
2. ritiene che la strategia comune dell'UE debba esaminare ciascuno dei fattori di cui sopra nel contesto del loro contributo individuale e collettivo a livello di crimine internazionale, con particolare riferimento al traffico di stupefacenti, all'aumento della pressione dell'immigrazione sull'UE e al loro impatto sulle politiche estere, di sviluppo e di sicurezza dell'UE alla luce dei loro effetti sulla stabilità e lo sviluppo regionali;
3. constata che i problemi ambientali rappresentano oggi la più grande minaccia contro l'umanità e che l'attuale quadro delle minacce alla sicurezza va al di là dei tradizionali conflitti di potere fino a includere anche minacce di tipo non militare quali crisi degli approvvigionamenti e squilibri ecologici;
4. constata che l'opera di prevenzione sul piano ambientale rappresenta un importante strumento sul piano della politica di sicurezza; esorta pertanto gli Stati membri a definire obiettivi ambientali e sanitari nelle loro valutazioni, nella ricerca militare e nei loro piani d'azione a lungo termine in materia di politica di difesa e di sicurezza;
5. riconosce il ruolo importante assunto dall'esercito nella società democratica e i suoi compiti per la difesa nazionale nonché il fatto che iniziative volte a garantire e a ristabilire la pace possono fornire un contributo essenziale per evitare danni all'ambiente;
6. esorta gli Stati membri ad applicare la legislazione vigente per la società civile a tutte le attività militari e fare in modo che le forze armate si facciano carico, anche finanziariamente, della ricerca, della risistemazione e del risanamento delle zone danneggiate dalle passate attività militari di modo che possono essere nuovamente adibite ad usi civili; ciò è particolarmente importante per i vasti depositi di munizioni chimiche e convenzionali lungo le coste dell'UE;
7. esorta tutti gli Stati membri a formulare obiettivi ambientali e sanitari e piani d'azione per migliorare l'opera in campo ambientale e sanitario delle rispettive forze armate;
8. rileva il drastico mutamento della situazione globale della sicurezza che ha avuto luogo sulla scorta della fine della guerra fredda e del ridotto fabbisogno di risorse militari; esorta gli Stati membri ad operare una vigorosa ridistribuzione degli stanziamenti di bilancio riducendo quelli destinati al settore militare, ivi compresa la ricerca diretta o indiretta nel settore militare, a favore di altri settori come servizi di soccorso, protezione civile, risanamento di acque e terre e opere di prevenzione ambientale ed a istituire, nel settore militare, unità specifiche di protezione dell'ambiente cui poter fare rapidamente ricorso in caso di catastrofi;
9. ritiene che l'uso delle fonti energetiche radioattive (RTG) nei veicoli spaziali sia nei programmi spaziali militari che civili (per esempio il progetto Cassini di volo in prossimità della terra previsto per il prossimo anno) e il continuo sviluppo dei sistemi delle "guerre stellari" costituiscano un considerevole rischio per l'ambiente e chiede l'immediata sospensione di tali attività, vista in particolare l'attuale possibilità di sviluppare in quasi tutte le missioni pannelli solari quale alternativa alle RTG;
10. rileva che una delle minacce ambientali potenzialmente più gravi non lontano dai confini dell'Unione europea è l'assenza di controlli sui residui prodotti dalla gestione delle armi nucleari e sui depositi di armi biologiche e chimiche come pure sul risanamento dei danni provocati dalle attività militari; sottolinea l'importanza del fatto che gli Stati membri si adoperino per una più stretta cooperazione internazionale, ad esempio nel quadro dell'ONU e della Partnership per la pace, allo scopo di distruggere queste armi nel modo meno nocivo possibile per l'ambiente;
11. considera il sistema militare USA di manipolazione ionosferica, HAARP, con base in Alaska - che è solo una parte dello sviluppo e dell'impiego di armi elettromagnetiche ai fini della sicurezza sia interna che esterna - un esempio della più grave minaccia militare emergente per l'ambiente globale e la salute umana, dato che esso cerca di manipolare a scopi militari la sezione della biosfera altamente sensibile ed energetica, mentre tutte le sue conseguenze non sono chiare; invita inoltre la Commissione, il Consiglio e gli Stati membri ad esercitare pressioni sui governi degli Stati Uniti, della Russia e di qualsiasi altro Stato impegnati in tali attività affinché vi pongano fine e si giunga ad una convenzione globale contro questo tipo di armi;
12. chiede in particolare una convenzione internazionale per una messa al bando globale di tutte le ricerche e di tutti gli sviluppi, sia militari che civili, volti ad applicare le conoscenze del funzionamento del cervello umano nel settore chimico, elettrico delle vibrazioni sonore o altro allo sviluppo di armi che possono consentire qualsiasi forma di manipolazione degli esseri umani, ivi compreso un divieto di qualsiasi impiego reale o possibile di tali sistemi;
13. ritiene, alla luce di quanto precede, che la minaccia all'ambiente globale rappresentata dall'esistenza di un potenziale uso, accidentale o non autorizzato, delle armi nucleari superi ora di gran lunga qualsiasi immaginabile minaccia alla difesa e alla sicurezza dei cinque Stati che detengono ufficialmente armi nucleari, come definita dal Trattato di non proliferazione nucleare (TNP) nei confronti della quale in origine tali armi erano state concepite e impiegate;
14. ritiene che, date le circostanze particolarmente difficili in cui si trovano i paesi dell'ex Unione sovietica, la minaccia all'ambiente globale e locale, rappresentata dal degrado delle condizioni delle armi e dei materiali nucleari ancora detenuti in tali paesi, renda ancora più urgente raggiungere un accordo sull'ulteriore progressiva eliminazione delle armi nucleari;
15. invita il Consiglio e in particolare i governi britannico e francese, ad assumere la guida nell'ambito del TNP e della Conferenza sul disarmo nel proseguire i negoziati verso una piena applicazione, quanto più rapidamente possibile, degli impegni per quanto riguarda le riduzioni e l'eliminazione delle armi nucleari ad un livello provvisorio in cui lo stock globale delle armi ancora esistenti non rappresenti una minaccia per l'integrità e la sostenibilità dell'ambiente globale;
16. rileva che una forte riduzione della spesa militare può comportare perturbazioni non indifferenti sul piano regionale ed esorta pertanto gli Stati membri ad intensificare i loro sforzi volti a riconvertire la produzione e le tecnologie militari in funzione di produzioni e applicazioni civili tanto attraverso i programmi nazionali che attraverso iniziative comunitarie come il programma CONVER;
17. invita la Presidenza del Consiglio e la Commissione, ai sensi dell'articolo J. 7 del Trattato sull'Unione europea, a riferirgli in merito alla posizione dell'Unione per quanto concerne i punti specifici contenuti nella presente risoluzione nell'ambito delle prossime riunioni delle Nazioni Unite, delle sue agenzie ed organi, in particolare del Comitato preparatorio del TNP del 1999, della Conferenza sul disarmo e di tutti gli altri fori internazionali competenti;
18. invita il Consiglio ad intervenire energicamente affinché gli USA, la Russia, l'India e la Cina firmino senza indugio l'Accordo di Ottawa del 1997 relativo al divieto delle mine antiuomo.

() Fonte: Stockolm International Peace Reserch Institute (SIPRI). Nel 1998 le spese militari globali ammontavano a 1066 miliardi di dollari, mentre per il 1997 il SIPRI valuta che siano state di 704 miliardi di dollari.

Franco

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