lunedì 3 dicembre 2012

[PoesiAzionArte] Elogio della cattiva scrittura {DIBATTITO}


Elogio della cattiva scrittura
Appunti per un Manifesto poetico tutto da scrivere
Autore: TITO BYYX
"All'inizio, la cosa più difficile è stata capire che un film non è
altro che la somma di tante immagini messe in serie,una dopo l'altra
con due possibilità estreme:
quella di riprodurre in modo squisitamente meccanico la realtà, e
quella di ricreare invece in modo fantastico, per riproporre la
stessa realtà ma in modo diverso."
- E. Kusturica, intervista… -
Oggi in poesia si è costretti ad assistere a una odiosa situazione
che affonda le radici negli anni del "riflusso". Ci sono sulla scena
grossomodo due filoni residuali, uno post-ermetico-tardo mitico o se
preferite neo-romantico, l'altro eternamente neo-post-avanguardista.
Ad una sommaria considerazione dei risultati veri e propri, al di là
delle dichiarazioni programmatiche, ci si accorge facilmente della
scarsa incisività e del formalismo di ambedue le tendenze, le quali
pur da diversi punti di partenza vanno a coincidere nella medesima
volontà di allontanare la realtà dal loro interesse, rinunciando in
altre parole, e a priori, ad una qualche tensione
comunicativa. "Tradizione e avanguardia si giustappongono ormai senza
conflitto, come linguaggi ornamentali e reciprocamente innocui" (R.
Luporini).
Siamo in presenza di gruppi diversi che in nome della bellezza
classica, della forza del mito, del fascino assoluto della poesia o
in nome di una presunta rivoluzione operata sul linguaggio, parlano
solo agli iniziati (pochi, fidati, amici degli amici). Siamo in una
situazione in cui tutti (dico tutti…) rinunciano a dire, a rischiare,
ad essere altro dal gusto comune, tutti appesi al filo del
proprio "particulare", così che gli artisti inseguono l'immagine e il
successo, i politici il contante, gli intellettuali le classifiche di
vendita, la cosiddetta società civile la sopravvivenza o poco più…
Io credo che la poesia abbia una capacità ineguagliabile di sintesi
concettuale, piuttosto che simbolica, allegorica e soprattutto
emotiva. La poesia ha le potenzialità per arrivare "in profondo" dove
ormai non si osa più nemmeno guardare; può, secondo il mio parere,
provocare una salutare scossa elettroenergetica a corpi stesi sul
miele del consumo e svuotati nel proprio senso. Però, è chiaro, deve
volerlo, cioè deve dare corso a una intenzione di comunicazione e
quindi deve dotarsi degli strumenti adatti per essere vicina
all'azione, alla vita. Se la scrittura poetica si autoprogramma come
mistero sacerdotale, iniziatica, aristocratica, incomunicabile,
chiusa nel suo specifico, allora si autoesclude, si condanna al
silenzio. Uno dei problemi che abbiamo oggi sotto gli occhi e
costituito dal fatto che la realtà, a causa della meravigliosa
pozione fatta di televisione-informazione-spettacolo, si sta
falsificando fino a scomparire… La vita sta diventando una parodia
della vita.
Io credo che la poesia possa compiere il tentativo di sfondare questo
muro di irrealtà (lo considero un fatto di responsabilità umana, non
solo un acuto gesto creativo). La poesia deve andare alla ricerca del
corpo reale… della vita reale, operando come un bisturi su un corpo
malato. La poesia può farlo. Chi fa poesia, chi usa questo "mezzo"
non può semplicemente consolarsi nella propria personale
espressività, nella descrizione delle proprie emozioni/sentimenti e
genialità… Non ci si può accontentare nemmeno di una eventuale
operazione mimetica rispetto al reale. La narrativa, il romanzo o il
racconto, sono certamente più consoni a questo tipo di intenzione, e
comunque… non mi pare ci sia una grande necessità di un'arte che
descriva il mondo così come è… No, non abbiamo bisogno di un'arte che
certifichi e celebri nell'immagine l'esistente poiché la realtà la
osserviamo coi nostri occhi e la subiamo quotidianamente; l'arte
invece, e quindi anche la letteratura, deve dare "strumenti" per
agire, deve dare "soluzioni" o perlomeno contribuire a crearle,
altrimenti è vuoto. La letteratura, e la poesia in primis, deve, a
mio modo di vedere, porsi volontariamente e coscientemente
una 'intenzione di aggressione e di sfondamento. La poesia può
assumersi questo compito oltre che per sue proprie caratteristiche
anche per il fatto che non ha niente da perdere e nulla da
guadagnare, è invenduta e rimarrà invenduta (come sembra). Continuare
a produrre tonnellate di malinconici e animosi sentimentalismi, di
segnaletiche pseudo-simboliche o giochini anagrammatici e
allitteranti o rivelativi di chissà quali grandi misteri individuali,
significa lavorare per produrre un sottoprodotto, esclusivo per gli
amici più intimi e ben disposti. Non si può essere così colpevolmente
mediocri.
In qualsiasi convegno emerge, sempre e comunque, la necessità di una
maggiore comunicabilità, di una maggiore adesione del testo poetico
ai contenuti reali della vita… Questa è una delle tante prediche
ammirevolmente autocritiche che si ascoltano con piacere. Sta di
fatto che tutti continuiamo a ripetere il solito-vuoto-gergo-poetico-
noioso-e-letterario. I poeti più coscienziosi e avveduti non vogliono
andare più in là della pura e semplice ammissione dell'inutilità
della poesia (salvo poi continuare imperterriti a calcare palchi e
sottopalchi). In pochissimi casi (F. Loi, E. Sanguineti) si giunge ad
affermare il bisogno di una non meglio precisata rivoluzione... o la
necessità di una poesia critica (G. Majorino). Insomma, nel migliore
dei casi non c'è più di una semplice indicazione. Io, con questo
personalissimo intervento, vorrei riprendere un altro termine, un po'
in controtendenza rispetto alla dilagante normalizzazione buonista,
un termine che può fungere, molto semplicemente, da parola chiave per
un eventuale progetto da costruire… AGGRESSIONE DUNQUE! Aggressione
della poesia sulla realtà… E Dico questo non in nome di una
conflittualità ideologica di vecchio stampo, ma penso a un nuovo
comportamento che faccia tesoro di quanto è avvenuto in passato ma
che sia cosciente che in gioco c'è qualcosa di nuovo e
incredibilmente diverso, per lo meno nelle sembianze…
Chi ha scritto che "(…) ma qualcuno il disprezzo, la delusione e
l'odio profondo per lo "spreco affluente" dei nostri giorni
occidentali dovrà pur cantarlo." (Tommaso di Francesco) ha espresso
un desiderio sacrosanto, ma occorrerebbe fare un passo in avanti su
questa via. Il disprezzo bisognerebbe metterlo in atto.(Una cordata
di poeti-pugili-terroristi-zen come in Fight Club… sarebbe grandioso…
in onore di Arthur Cravan). Ora, se consideriamo che la poesia possa
farsi carico di queste considerazioni, le armi… non mancano… In
questo senso può venirci in aiuto certa poesia del passato che ha
avuto nell'antiaccademismo e nell'anticlassicismo le proprie
motivazioni essenziali…
Da ricordare in questo senso alcuni particolari momenti della storia
della letteratura italiana: 1) Tra il Duecento e il Trecento, specie
in Toscana si è sviluppata tutta una poesia in aperta polemica contro
la raffinatezza e l'eleganza della poesia cortese e dello Stil Novo,
Cecco Angiolieri è solo il più noto di questa scena. 2) Nel
Cinquecento e nel Seicento la poesia ufficiale era sì tutta una
imitazione petrarchesca, ma contro questo classicismo ridondante si
sono scagliati autori come F. Berni, P. L'Aretino, il Ruzante, B.
Cellini, Teofilo Folengo, e non di meno Giordano Bruno, poeti e
scrittori che hanno fatto della provocazione, dell'irriverenza, del
comico, dello sberleffo e della parodia un'arma contro il classicismo
imperante. E poi di seguito… perché non ricordare il barocco di G. B.
Marino e Francesco Redi, l'esperienza illuministica dell'Accademia
dei Pugni e del Caffè dei fratelli Verri, e su una diversa linea lo
scandalo lirico di G. Baffo, il romanticismo popolaresco di Porta e
Belli, il grottesco di alcuni scapigliati (Tarchetti), e poi il
futurismo Dada–ante-litteram di A. Palazzeschi, e più vicini a noi,
la cattiveria di Antonio Delfini, l'esempio di certa poesia civile
degli anni '50 e '60, della "letteratura operaia" dei `60-'70, oltre
che ai famosi intrecci verbali del primo Sanguineti o le aggressioni
stilose di Balestrini (anche nei suoi recenti esercizi più
comunicativi), l'aggressione comica di Dario Fo, l'ironia insensata
di Scialoja e Giulia Niccolai, e (questo detto molto tra parentesi)
perché non dare un occhiata anche alle ballate di S. Benni, alla
poesia demenziale di Freak Antoni, alle magnifiche cretinerie della
Bufala Cosmica e allo splendido bianco e nero di Ciprì e Maresco.
Autori sicuramente poco frequentati nelle aule scolastiche, ma che
mostrano quanto sia stato consistente, nella letteratura italiana,
una tradizione di dissenso e di protesta, di opposizione formale,
etica e civile, e quanto sia stata ignorata dalle ufficialità
accademiche-critiche-editoriali.
Questi autori potrebbero dar modo di avviare un discorso serio sulla
letteratura e sulle sue contraddizioni che spesso riflettono quelle
della vita. Insegnano che
la poesia è dappertutto e non esclusivamente in uno specifico
linguistico, che spesso si gioca fuori dalle metafore, dai simboli,
dalle allegorie e dai mille tecnicismi del poetese, che la vera
trasgressione a volte sta nel chiamare le cose col proprio nome.
Indicano l'esempio di una poesia schietta, senza fronzoli, giocosa,
ironica, volgare (forse) ma non per questo vuota di pensiero e di
contenuti. Indicano la possibilità di seguire la propria necessità
senza lasciarsi abbindolare da false mode stilistiche. E ad ogni
modo, provocatori, violenti, sprezzanti, ridicoli, i versi che questi
autori hanno messo in mostra nelle loro opere, compongono un quadro
della poesia italiana che appare inedito rispetto alle tendenze
conosciute ai più e che comunque contraddice fortemente l'abito
aulico, accademico, enfatico e conformistico, che è passato alla
storia della letteratura e delle idee come unico ed esclusivo.
Mettono in mostra, infine, la possibilità di una poetica nuovamente
antiletteraria, fortemente polemica, sarcastica, veloce e aggressiva,
imprendibile e chic, una poesia con meno formalismi, più attenta alla
realtà, meno bacchettona, una poesia insomma non di maniera, dove il
contenuto sia nuovamente essenziale e imprescindibile, una poesia
libera dalla prigione del mito e del bello, e non di meno libera da
eccessive preoccupazioni sul linguaggio. Svelano, nella realtà, che
anche la storia di una letteratura è sempre una storia di poteri.
Verità, questa che dovrebbe essere il primo gradino di una coscienza
poetica, più o meno, critica, più o meno seria e approfondita.
SALUTI!
TITO BYYX
PS. Questo intervento prescinde volutamente, più che altro per
problemi di spazio, da riferimenti a movimenti o a figure artistiche
d'oltre confine… D'altra parte il dibattito è solo all'inizio…
Occorre ritrovarsi per discutere l'efficacia dei mezzi, la tattica,
le strategie, e soprattutto l'organizzazione…
- VENERDI' 5 alle ore 21;30 ci incontreremo nella CHAT di
- PoesiAzionArte - Non mancare!

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