venerdì 7 dicembre 2012

MASADA n° 1368 16/2/2012 J. EDGAR HOOVER, l’UOMO CHE INVENTO’ L’FBI



"Quando c'è degrado morale e gli uomini onesti non fanno nulla, il male si diffonde. Ogni cittadino ha il dovere di sapere cosa minaccia la sua casa, i suoi figli. Una società indifferente e riluttante a imparare dal passato non ha futuro. Non dobbiamo mai dimenticare la nostra storia, non dobbiamo mai abbassare la guardia..."
"A volte occorre piegare un po' le regole per salvaguardare la sicurezza del Paese…
"L'informazione è potere!"
“Anche i grandi uomini si possono corrompere...”
Nel 2012 Clint Eastwood presenta il suo film ‘J. EDGAR’, su Edgar Hoover, l’uomo che inventò l’FBI, il Federal Bureau of Investigation, e lo diresse per 48 anni, imponendo un vero regime di spionaggio e terrore sulla società statunitense, dal 1924 al 1972, un periodo molto lungo e forte della storia americana con otto presidenti, da Coolidge a Nixon, e tre guerre.
Interpreta il personaggio leggendario e discusso di Hoover un trentaseienne Leonardo di Caprio molto in forma, molto truccato per rappresentare il vecchio mastino in un film che non esita a svelare i lati grotteschi e perversi di Edgar Hoover, un grandissimo personaggio storico, gravato da pesanti patologie e dominato da una
sete incontrollata di potere.
Come dice Adler nel suo complesso di inferiorità, chi non sa vivere socialmente con gli altri perché si sente inferiore è spinto ad assumere atteggiamenti di onnipotenza in modo da sovrastare gli altri, il complesso di inferiorità si trasforma allora in dispotismo o sindrome da superiorità. E’ successo a molti uomini che si presentano al mondo come forti ma che, dietro la loro arroganza e prepotenza, nascondono gravi tare caratteriali.
E ci può essere la supercompensazione di chi, fin dalla nascita, ha temuto di sentirsi inferiore agli altri ed ha manifestato forme di deficienza comportamentale, nel caso di Hoover, la balbuzie, e una sudditanza a una madre autoritaria dominata dall’ambizione. Si noti come in queste patologie ci sia a volte l’assenza di una figura paterna in cui identificarsi e ci sia, invece, una madre forte con caratteri maschili che crea una falsa rappresentazione sessuale.
Nel caso di Hoover, un padre debole c’era (anche se il film non ne parla), mentre è ben delineata la figura forte della madre che proietta su Edgar il proprio lato maschile predominante, vedendolo come la realizzazione di quegli impulsi imperativi che la società borghese, in quanto donna, non le permetteva di esprimere.
Dalle esperienze infantili di una persona si può ricostruire la sua vita da adulto. “Tutti noi abbiamo paura della verità”, ma troppo spesso la verità su se stessi deve essere sotterrata sotto una personalità di compensazione, così che le proprie debolezze non siano rivelate al mondo.
Con questo film Eastwood ci dà una carrellata su mezzo secolo di storia americana, dal 1924 al 1972, ricostruendo allo stesso tempo la sindrome di un uomo malato e spinto a sublimare in potere le proprie fragilità, dominato da una madre dispotica che gli fa da guida e da modello e la cui energia egli riproduce nella vita professionale, come una maschera-guida, mettendo in atto un clima di terrore e di illegalità che fa incombere sulla società americana.
Hoover fu un uomo potentissimo, l’uomo più potente degli Stati uniti, e dedicò indefessamente la sua vita al suo paese, dominato da un’ ambizione smisurata, dall’odio contro i comunisti e dall’incubo del crimine.
Il film è lunghissimo, due ore, e splendido, ma non è piaciuto a molti critici pronti ad attaccare Eastwood, che è, e resta, uno dei migliori registi americani e che turba evidentemente la critica per il coraggio e la disinvoltura con cui cambia soggetti e stili e per la difficoltà a farsi inquadrare in una ideologia precisa. Il film non è piaciuto, ovviamente, all’establishment di destra americano che non ha apprezzato che si denunciasse il regime di repressione, di illegalità, di deportazioni e di stragi instaurato dalla potente FBI, calpestando ogni legge e diritto democratico, e negando contro ogni propaganda retorica e menzognera in puro stile sovietico.
Quando il Presidente Coolidge mise il ventinovenne Hoover a capo del servizio dell’FBI, era il 1924, gli Stati uniti erano schiacciati da una ondata incredibile di corruzione e sregolatezza. Un giornale del tempo scrisse: “la cloaca nazionale sta per traboccare”. Il proibizionismo aveva creato una fitta classe di criminali. I famosi anni venti sembravano favorire rilassatezza e superficialità di costumi. Dilagavano mafia, prostituzione, delinquenza, mentre ognuno inseguiva il sogni americano e arrivano negli Stati Uniti ondate di immigrati. Ma a contrastare questi problemi le forze di polizia erano esigue e disorganizzate.
Il Bureau of Investigation, o servizio investigativo del Dipartimento della Giustizia, quando il giovanissimo Hoover vi fu messo a capo aveva solo 600 agenti malpreparati e serviva per lo più come servizio di spionaggio per i capi politici per scoprire di che ricattare i loro avversari. Hoover lo trasformò in un potente strumento di indagine, usando due qualità che sono spesso caratteristiche dei tipi maniacali e che hanno problemi in ordine ai proprio sentimenti: un esasperato senso dell’ordine e della classificazione, e uno stacanovismo sul lavoro davvero straordinario.
Quando i vecchi agenti videro questo giovane chiuso di poche parole presero la sua nomina come uno scherzo ma dovettero presto ricredersi, perché il giovane era un rullo compressore con le idee molto chiare e un pugno di ferro.
Per tre mesi Hoover non fece che studiare i fascicoli personali di ogni dipendente del Bureau; poi dette il via ai licenziamenti. Per i nuovi assunti chiese la laurea in legge, o una preparazione culturale equivalente, l’attitudine fisica e una moralità inattaccabile. Dopo un corso di 6 mesi gli aspiranti venivano valutati personalmente.
Hoover riformò l’FBI agendo con una pignoleria immensa, creando un enorme archivio per schedare prima i delinquenti, poi quanti più americani poteva, secondo un sistema più idoneo ad un apparato di spionaggio che di investigazione e introducendo strumenti di indagini modernissimi e mai visti, come l’accademia nazionale per l’addestramento degli agenti, l’immenso archivio per le impronte digitali, i laboratori scientifici, l’uso dei migliori tecnici e specialisti. Nei laboratori dell’ FBI si usarono la chimica, la tossicologia, la balistica .. Hoover creò una macchina potente dominata da ferree regole per realizzare migliaia le schedature di cittadini illustri o anonimi che Hoover riteneva potenzialmente pericolosi per l’ America. Alla sua morte, questo incredibile ufficio contava 6.000 agenti, tecniche raffinatissime, ed era rinomato in tutto il mondo. Come molti fanatici, Hoover era di una pignoleria metodica e rigorosa. L’FBI degli inizi era inquinato dalla politica, inefficiente e poco sistematica. Lui la rovesciò con una disciplina ferrea, metodi rigidissimi di addestramento e di selezione, e ne fece uno strumento di rara e moderna efficienza.
Il Federal Bureau of Investigation, Ufficio federale di investigazione, è un ente investigativo di polizia federale, principale braccio operativo del Dipartimento della Giustizia degli Stati Uniti, è il maggiore ente di polizia giudiziaria del governo degli Stati Uniti.
Federal Service Investigation (FBI) e Central Intelligence Agency (CIA) sono due agenzie federali degli Stati Uniti.
Anche se possono collaborare, hanno due aree di competenza diverse.
L’FBI è un centro di investigazioni che fa indagini sulla criminalità, è la principale polizia federale e opera solo dentro gli Stati uniti.
La CIA è un servizio di spionaggio, che cerca di sventare qualsiasi minaccia (interna o esterna) contro gli Stati uniti, ed opera soprattutto all’estero.
L’FBI ha una gamma molto più ampia di responsabilità rispetto alla CIA. Ma entrambe costituiscono due formidabili strumenti di potere.
Motto dell’FBI è: Fidelity, Bravery, Integrity (Fedeltà, Coraggio, Integrità).
A dargli questo nome fu proprio Hoover che lo rese una delle migliori agenzie investigative del mondo. Gli scopi principali dell’FBI sono proteggere gli Stati Uniti dalla criminalità interna, dal terrorismo, dallo spionaggio e dalle minacce esterne. Tra gli scopi c’è anche la difesa dei diritti civili, ma non ci pare che sia un campo dove l’FBI abbia avuto una eccellenza, anzi, sotto il governo di Hoover, i diritti civili contarono molto poco. E ancor meno furono rispettati in seguito, quando Bush col Patriot Act aumentò i poteri concessi all’FBI, che poteva fare irruzioni in domicili privati senza mandato anche quando i proprietari erano assenti, poteva intercettare i messaggi su Internet o poteva spiare le biblioteche pubbliche per registrare chi prendeva libri considerati pericolosi. I cittadini americani non ebbero da ridire nulla su questi comportamenti, sia perché sotto la direzione di Hoover nell’FBI li avevano già conosciuti, sia perché l’America ha sempre avuto un pauroso gap tra rivendicazione teorica dei diritti e applicazione pratica, sia infine perché la propaganda aveva instillato nelle menti americane la paura del terrorismo e la sindrome del paese assediato, per cui l’America si sentiva perennemente in tempo di guerra e finiva per non badare più ai diritti della democrazia.
Il potere di Hoover si estese per un periodo lunghissimo: 48 anni. Ma dopo la sua morte, la legge stabilì che il mandato di ogni direttore non superasse i 10 anni.
Durante la guerra al crimine degli anni ‘30, gli agenti dell’FBI catturarono o uccisero molti ben noti criminali come Baby Face Nelson, Kate Ma Barker, Alvin Karpis e George Machine Gun Kelly, detto “Kelly Mitragliatrice” , specializzato in banche e sequestri di persona e sospettato dell’uccisione di agenti di polizia a Kansas City; John Dillinger, ladro, rapinatore e assassino, ucciso dagli agenti dell’FBI il 22 luglio del 34 a Chicago.
Il problema di Hoover in quanto capo della polizia federale era quello di sovrastare la polizia dei singoli Stati, gelosi delle loro competenze, ma riuscì ad appropriarsi dei casi più grossi con degli espedienti. Per esempio attaccò Dillinger, il più feroce dei criminali, perché distrattamente aveva superato il confine del suo stato con un’auto rubata facendo scattare la competenza federale, oppure prese Al Capone, imputato di un centinaio di omicidi, incastrandolo come evasore fiscale, reato di competenza federale.
Questi colpi resero l’FBI molto famosa. Celebre fu anche il caso del rapimento e dell’uccisione del bambino di Charles Lindbergh, il trasvolatore atlantico, che commosse l’opinione pubblica. L’FBI ha svolto anche un ruolo importante nel limitare le azioni e l’influenza del Ku Klux Klan e riuscì a fermare un intero esercito di neo-rivoluzionari Messicani lungo il confine californiano nel 1920.
Hoover era ossessionato dal pericolo comunista e a lui si deve l’arresto della spia
Sovietica Rudolf Abel e la lotta senza quartiere ai comunisti e agli anarchici americani in cui la legge venne calpestata senza limite, con deportazioni in massa. Hoover non si fermò nemmeno davanti ai liberali Americani, che non avevano nessuna aspirazione rivoluzionaria. La caccia ai rossi fu una delle ossessione di Hoover che si accompagnò alla repressione del movimento operaio nella sua rivendicazione dei diritti del lavoro, cosa di cui il film parla poco come non parla della collusione che ci fu in tal senso tra governo, media e alta industria. Il problema della democraticità della società americana non viene affrontato e tutto è rimandato alla patologia di Hoover, che si fa capro espiatorio di un disprezzo per i diritti che contrassegnava invece tutti i centri di potere e che li vedeva molto benevoli verso il mastino che portava avanti una repressione che faceva loro molto comodo.
Nel 1962, in pieno maccartismo, Arthur Miller ne ‘Il crogiolo’, dramma storico sulle streghe di Salem, scriveva: “Negli Stati Uniti un cittadino che non si dimostri reazionario è esposto all’accusa di complicità con l’Inferno Rosso. Così si dà all’opposizione un aspetto disumano che poi serve a giustificare l’abrogazione di ogni costume normale nei rapporti civili. Si pretende che un atteggiamento politico equivalga al diritto morale, e ogni critica è una malignità diabolica. Quando si traduce in atto una simile equazione, la società diventa una congerie di complotti e controcomplotti “.
L’ossessione americana per il comunismo riprende quella sindrome dell’assediato che risale ai primi coloni in lotta contro gli indiani, di cui ha parlato Michael Moore in ‘Bowling for Columbine’.
Purtroppo ogni rivendicazione di diritti in America è sempre stata attaccata in nome di una miscela esplosiva in cui entra una malpresentata idea di patriottismo, la difesa di una immagine sempre vincente e trasumanata del governo americano, l’idea solipsistica della propria grandezza e potenza, il senso fanatico di essere un popolo eletto da Dio, assieme a una sindrome permanente del nemico interno ed esterno. Questa miscela esplosiva i presenta in misura esasperata negli Stati uniti e ha sempre impedito un progresso della libertà.
Di questo folle quadro di valori Hoover fu il difensore, in una proiezione di se stesso a livello mitico ed eroico, come il grande funzionario che salva la propria Nazione con un lavoro indefesso e maniacale. In effetti egli visse solo del suo lavoro, con una vita sociale pressoché a zero, non si sposò mai, non si innamorò mai di duna donna, e si immolò al suo lavoro, con collaboratori zelanti e fedelissimi su cui poté sempre contare, dalla ragazza che scelse inizialmente ma che preferì restargli accanto sempre come una segretaria esecutiva di totale devozione.
L’unico rapporto che Hoover forse ebbe su un rapporto omosessuale con un suo collaboratore, più giovane e molto bello, che gli rimase sempre vicino fino alla morte e a cui fu profondamente attaccato. Ovviamente i tempi e il puritanesimo della società americana non avrebbero mai permesso a un simile rapporto di rivelarsi, ma non è chiaro se lo stesso Hoover ne fu cosciente fino in fondo e se seppe realizzarlo come un grande amore. Qualcosa certo trapelò all’esterno, visto che ci furono delle vignette che mostravano Hoover vestito da donna ma giocò nella satira anche il fatto che non si fosse mai sposato e l’odio feroce che si era sollevato contro di lui e cercava qualcosa con cui attaccarlo.
Ci furono perciò molte voci su di lui, ma Hoover difese la propria privacy in modo totale e rimase per certi versi sempre enigmatico. E, anche quando dettò una propria biografia, evitò con cura di parlare dei suoi sentimenti o delle sue attrazioni.
Clint ha detto: «Io ho superato gli 80 anni ho vissuto gran parte della sua era, ma Hoover resta un mistero. Ho voluto approfondire quella che per lui fu sempre la repressione delle sue più intime e vere emozioni. La sua presunta e mai confermata omosessualità è solo un tassello del film, che racconta la sua vita e quella che per me fu la sua storia d’ amore con Clyde Tolson, il suo strettissimo collaboratore e partner per oltre 40 anni. Nel film c’ è anche il suo rapporto assoluto con la madre Annie, l’ insostituibile presenza della sua segretaria Helen Gandy, l’ unica donna alla quale aveva chiesto giovanissimo di sposarlo.”
«Era anche uno psicopatico megalomane - dice Di Caprio - che dettava regole per me in gran parte inaccettabili. Tuttavia aveva una sua integrità patriottica nella creazione della sua America legalitaria». «Per tutti i mesi della lavorazione, ho subito sei ore di trucco ogni giorno e sono entrato nella psiche e nelle abitudini di Hoover».
Alla domanda su quali ritiene siano per lui le scene più significative del film, risponde: «Certamente quella della lotta corpo a corpo con l’ amico, che è quasi un amplesso d’amore e di desiderio sessuale e alla fine della quale, dopo l’ unico bacio tra i due uomini, Hoover bisbiglia a se stesso più che al partner “I love you”».
Ancora Di Caprio: «Nessuno ha mai avuto risposte precise sulla sessualità di Hoover e a Clint esse importavano poco, voleva solo darne una interpretazione psicologica, caratteriale. Il suo atteggiamento distaccato rispetto a questa problematica ha coinvolto anche me, che però reputo il film non solo un affresco storico, che ai giovani potrà insegnare molto sulle leggi del potere, ma in primis una contorta, distorta eppure assoluta storia d’ amore”.
Clyde Tolson aveva scritto nel suo curriculum di presentazione a Hoover: “Non mi interessano le donne”. C’è una scena in cui Hoover va dal sarto con l’amico che era persona molto elegante su cui Di Caprio dice: «Questa sequenza è molto sensuale, fatta di complicità e leggerezza e di questo Hoover aveva bisogno nel rapporto con l’ amico e collega». Quest’ ultimo da vecchio dice: «Puoi mentire a tutti, essere il potente Hoover per tutti e appropriarti di ogni azione anche messa a punto da altri per il tuo potere, ma a me non puoi e non potrai mai mentire».
Nella scena della zuffa, Hoover cerca quell’amplesso che pure rifiuta, per cui dà a Clyde un bacio che sembra un morso e lo fa sanguinare, come se fisicamente tentasse di azzannare la cosa desiderabile che non riesce ad accettare.
Ma l’America puritana insorge contro Eastwood perché non gli può permettere di inquinare l’immagine del grande capo dell’IBM, e mostrando le sue pulsioni segrete è come se infangasse l’intero paese, per cui la reazione sociale è enorme, si grida allo scandalo, Clint viene attaccato e l’ipocrisia arriva al punto che l’Università di Boston gli ritira la laurea. Ma se in privato, forse, Hoover si travestiva da donna, in pubblico picchiava duro sugli omosessuali, così da non incrinare la rigida quanto falsa moralità americana.
Il film si muove in rapidi flashback, come se Hoover dettasse la propria biografia in quella che più che una vita è una guerra permanente. I nemici non sono solo i delinquenti, sono gli operai, i comunisti, gli anarchici, i liberali e anche i neri, anche se su questo campo Eastwood sorvola.
C’è nelle guerre americane sempre qualcosa di eccessivo e di epico, dalla prima guerra mondiale del ‘17 presentata come una crociata per la libertà e la democrazia alle guerre di Bush, missione ispirata da Dio. Ma sotto questo patriottismo fanatico si costruisce una piramide repressiva in cui i diritti civili soccombono. In questa repressione contro ogni forma di critica o di rivendicazione, nel nome più alto e intangibile della Nazione, l’FBI prevalse in una caccia alle streghe con azioni squadriste, anche contro pacifisti o semplici dissidenti, totalmente appoggiate dalla stampa, per cui il diritto alla critica si trasformava in tradimento della Nazione.
Nel ‘ 17 l’’Espionage Act’ prevede 20 anni di prigione per chi provoca tradimento o insubordinazione o diffonde false notizie o dice qualsiasi cosa di offensivo contro il governo degli Stati uniti. Il ‘Sedition Act’, l’anno dopo, completa l’opera. Si attaccano così anarchici, sindacalisti e pacifisti, condannati come traditori della patria, con irruzioni armate, processi di massa e deportazioni celebre il processo alla anarchica Emma Goldman, di cui non si seppe mai se fu cacciata dagli Stati uniti o deportata.
Per la Goldman Hoover ebbe un odio sviscerato e fece di tutto per cacciarla dagli Stai uniti frodando anche sulle leggi dell’immigrazione. Non solo era russa, era dunque straniera e sospetta ma parlava alle donne di contraccezione, agli operai diritti, ai soldati di ribellarsi al capitalismo. Hoover disse di lei: “«Emma Goldman e Alexander Berkman (suo compagno di lotta) sono, senza ombra di dubbio, due degli anarchici più pericolosi in questo Paese e il loro ritorno nella comunità si tradurrà in un danno eccessivo». Fu in questo ambiente di odio e di paura che si sviluppò il processo di altri due anarchici, Sacco e Vanzetti.
Per nostra disgrazia non è mai esistito qualcuno che scrivesse un libro nero del capitalismo americano e che mostrasse al mondo i delitti di Stato. Ma in questo lotta contro ogni voce alternativa o critica o dissidente, Edgar Hoover fu il più spietato e micidiale funzionario dello stato americano. Con metodi durissimi e illegali egli stroncò l’IWW, il sindacato marxista, come i pacifisti socialisti o i liberali e promosse azioni di repressione violenta contro lavoratori in sciopero e sindacati.
Con questi sistemi spietati falliva, però, il sogno americano di una grande democrazia, con una corruzione permanente ai gradi alti della politica e della polizia e una struttura repressiva e di spionaggio interno feroce e illiberale che mozzava la possibilità di un progresso etico e civile del paese, consegnandolo a quelle lobby di magnati che ancora lo governano.
Gli atti di ferocia si succedono in modo efferato. Nell’aprile del 1917, a Tulsa (Oklahoma), 17 operai sono rapiti, legati agli alberi e frustati. Nel luglio, in Arizona, duemila scioperanti sono presi in ostaggio e deportati con carri bestiame nel deserto e si aizza una campagna di odio contro gli immigrati di origine tedesca, molti dei quali finiscono deportati in campi di concentramento con i loro beni confiscati, non diversamente da come farà Hitler con gli ebrei o i comunisti.
All’interno lo sviluppo economico è accompagnato da una concentrazione monopolistica nei settori strategici dell’industria manifatturiera e mineraria. Ma l’immediato dopoguerra è caratterizzato anche da una forte ripresa del movimento rivendicativo operaio. Alla base delle manifestazioni: il peggioramento delle condizioni di vita, l’aumento della disoccupazione a seguito alla smobilitazione dell’esercito e l’attacco degli imprenditori ai diritti conquistati nell’industria durante lo sforzo bellico (controllo dei prezzi, riconoscimento dei sindacati, giornata lavorativa di otto ore, ecc.).
Nel 1919 si contano 3600 scioperi con la partecipazione di più di 4 milioni di lavoratori che chiedono la giornata lavorativa di otto ore, aumenti salariali in linea con il forte aumento del costo della vita, il riconoscimento dei sindacati e della contrattazione collettiva.
È in questo Paese, simbolo del capitalismo giovane, vincente e senza frontiere, che giunge l’eco della presa del potere bolscevico nel 1917. E vi arriva sia come nuova minaccia internazionale al modello americano, minaccia che deve essere isolata se non schiacciata, sia come pericolo esterno che come rischio di una sovversione interna nei confronti della quale governo e industriali non fanno sconti.
Il periodo dopo la prima guerra mondiale è caratterizzato dunque sia da una grande ripresa economica che da rivendicazioni sindacali demonizzate sotto il grande timore del contagio bolscevico. Gli Stati Uniti, anzi, mandano 18.000 uomini per “strangolare alla nascita”, come disse Churchill, la Russia rivoluzionaria. E le crudeltà a cui queste truppe si abbandonarono furono ricordate anche dopo 50 anni.
L’America aveva un grande idolo: la proprietà privata, e aborriva chiunque vi attentasse anche solo con discorsi teorici.
Nel 1919 Hoover collaborò intensamente col Ministro della giustizia Palmer e fece arrestare 249 stranieri di origine russa che furono espulsi verso la Russia sovietica. Negli stessi giorni a Boston 400 operai incatenati ed ammanettati furono fatti sfilare per strada, a mo’ di gogna. Il ministro Palmer, un altro fanatico preda di sindromi maniacali, era convinto che lo Stato dovesse fare di tutto per “liberare il paese dagli agitatori rossi” colpevoli di diffondere “la malattia dei cattivi pensieri”.
Alla fine le persone deportate furono 4.000, stranieri, comunisti, anarchici, socialisti e l’operazione venne compiuta con grande spettacolarità, in modo che il popolo americano capisse che esisteva un pericolo grave e imminente da cui doveva guardarsi. Così con la propaganda e il terrore, gli americani credevano di difendere le loro libertà, mentre le perdevano. E i cittadini stessi costituirono ronde da infiltrare nei movimenti sindacali per sgominarli, aiutare la repressione, salvare l’America dal comunismo.
Il capo della Legione americana, Alvin Owsley, disse: “Se sarà necessario difendere gli ideali del nostro paese, faremo come i fascisti si sono sbarazzati degli sterminatori che minacciavano l’Italia”.
Sotto Hoover abbiamo dunque anche l’arresto e la condanna a morte degli Italiani Sacco e Vanzetti, anarchici impegnati nell’attività sindacale, con la falsa accusa di partecipazione ad una rapina. Come disse il giudice Webster Thayer di uno degli imputati: “Quest’uomo, anche se non ha davvero commesso il crimine a lui attribuito, è non di meno colpevole moralmente, perché nemico delle nostre attuali istituzioni”.
Nel secondo dopoguerra la caccia alle streghe comuniste genera una folle psicosi.
L’Unione Sovietica è forte a ha contribuito validamente a sconfiggere il nazismo e sostiene il movimento comunista internazionale che influenza parte del sindacato americano.
La “Dottrina di Truman” si oppone all’avanzata dell’influenza sovietica in Grecia e in Corea con una forte campagna interna sui cittadini americani in nome del terrore contro la cospirazione comunista ordita da Mosca per minare il morale e l’unità della Nazione.
I grandi scioperi del 1945-46 videro coinvolti quasi 8 milioni di lavoratori, con le richieste di aumento di salario, e spaventarono a tal punto la grande industria americana da convincerla che la minaccia comunista fosse vicina.
Persino la Camera di Commercio si attiva, dal 1946 al 1952, con una serie di opuscoli antibolscevichi, che attaccano sindacalisti, intellettuali, mondo dello spettacolo.
La stessa amministrazione Roosevelt è accusata di far parte di un complotto per far cadere Washington nelle mani dei comunisti. Democratici e repubblicani non si differenziano ed è riduttivo, oggi, attaccare solo il senatore repubblicano McCarthy.
Truman diceva: “Ci sono oggi in America molti comunisti. Sono dappertutto. Nelle fabbriche, negli uffici, nelle macellerie, negli incroci, nel mondo degli affari. E ognuno di essi porta in sé, in germe, la morte della nostra società”.
Nel 1947 viene emanato il “Programma per la lealtà dei dipendenti federali”, con lo scopo di epurare dal pubblico impiego i dipendenti sleali, sospetti di essere comunisti o simpatizzanti.
L’FBI farà una lista delle organizzazioni giudicate totalitarie, fasciste, comuniste o generalmente sovversive, non solo il Partito comunista americano o il Ku Klux Klan, ma addirittura il Comitato per la difesa della Dichiarazione dei diritti, la Lega degli scrittori americani, gli Amici americani della natura e l’Associazione dei librai di Washington.
Hoover costruisce una lista di 26.000 nomi di persone ritenute pericolose da deportare in campi di concentramento in caso di emergenza.
E, negli anni 50, il repubblicano McCarthy, presidente della Sottocommissione del Senato per le investigazioni, fa una lista di 250 persone pericolose. Ma le investigazioni dell’FBI nella caccia dei comunisti coinvolge 13 milioni di persone, 7 milioni di dipendenti pubblici o impiegati in industrie governative fino al licenziamento di 500 persone per “incerta lealtà”. Nel settembre del 1950 è approvata la legge McCarran sulla sicurezza interna che consente l’arresto, in caso di guerra o emergenza nazionale, di centinaia di migliaia di cittadini presenti in elenchi della FBI e prevede pesanti condanne per i dirigenti di organizzazioni sospette. E l’anno successivo Hoover fa deportare in campi di concentramento mezzo milione di cittadini americani la cui lealtà potrebbe essere dubbia in caso di guerra.
La psicosi dilaga. Nascono organismi di sicurezza che impongono un giuramento di fedeltà ai propri dipendenti. Accanto alla famigerata American Legion, partecipano alla caccia alle streghe anche associazioni private come i Reduci di guerra cattolici o le Figlie della rivoluzione americana, che, incoraggiate dalle pubbliche autorità, gettano sospetti sul cinema, la radio, la televisione e il mondo scolastico e universitario. Si mettono all’indice anche libri come “Le opere scelte di Thomas Jefferson”. Hollywood produce più di 40 film ispirati all’anticomunismo. Fino alla metà degli anni ‘50, quando la guerra fredda lascia il posto alla coesistenza pacifica, la scena politica americana, come ricorda lo storico Bruno Cartosio, è dominata da un conformismo “imposto dal pervasivo clima di sospetto, dalla estrema rischiosità di ogni manifestazione di dissenso politico e dalla necessità di adattarsi”.
L’FBI non combatté solo il comunismo, l’anarchia e i sindacati ma guardò anche con sospetto tutto i movimenti per i diritti civili e portò avanti operazioni per individuare e distruggere le organizzazioni politiche dissidenti, come quella di Martin Luther King, su cui l’FBI non trovò prove di crimini ma che tentò di ricattare e intimidire usando delle registrazioni sui suoi incontri sessuali. Sembra che l’FBI gli avesse anche inviato una lettera anonima per incitarlo a suicidarsi.
Hoover si occupò anche dell’inchiesta per l’assassinio di Kennedy per ordine di Johnson, come si era occupato di indagare sui gruppi organizzati nel periodo del proibizionismo, che poi avevano formato un fronte criminale unico in tutte le città. Hoover negò che questa organizzazione esistesse ma sgominò i clan più noti.
Con la fine della Guerra Fredda, il clima di caccia alle streghe ci si calmò un po’ e l’FBI divenne uno strumento della polizia locale per rintracciare i fuggitivi che avevano oltrepassato i confini di stato.
I laboratori dell’FBI svilupparono anche i test sul DNA, e introdussero il sistema delle impronte digitali, sempre grazie a Hoover che era interessatissimo su tutti i più moderni sistemi di identificazione e aprì molte tecniche ora in uso nelle polizie di tutto il mondo.
Attualmente l’FBI ha 30.430 dipendenti ed è molto selettiva nelle sue assunzioni. Tra questi ci sono 12.515 agenti speciali e 17.915 del personale di supporto.
Riguardo la caccia ai neri, il film di Eastwood non fa riferimenti precisi, diciamo che qui c’è una lacuna. Ma il giudizio storico su J. Edgar Hoover, anche in questo campo, non può essere benevolo. Molti lo ritengono fra i responsabili maggiori delle numerose violenze commesse dagli agenti nei confronti della comunità afroamericana, con un presunto accanimento particolare verso i membri di organizzazioni come le Black Panthers.
Certo Hoover è passato alla storia per la sua lotta contro il gangsterismo, eliminò John Dillinger detto ‘il pericolo pubblico numero uno’, e George R. Kelly detto ‘machine gun’ (mitragliatrice) e seppe arrivare, dopo 4 anni di indagini minuziose alla scoperta del rapitore e assassino di Baby Lindbergh. Così, in un paese con una criminalità così estesa e fenomeni di violenza così gravi come gli Stati Uniti, Hoover fu per molti una specie di eroe nazionale. Verso la fine della sua carriera, tuttavia, venne accusato di violazione dei diritti civili (programma COINTELPRO) per aver disposto indagini illecite tese ad identificare cittadini americani ritenuti per le loro idee politiche simpatizzanti con il comunismo durante il maccartismo. Tra questi ricordiamo il caso più famoso: Charlie Chaplin, ma anche Martin Luther King e molti altri.
Il programma di Hoover, detto COINTELPRO, permise agli agenti dell’FBI di mettere le mani su organizzazioni come le Pantere Nere, il Movimento per i diritti civili di Martin Luther King Jr., la Southern Christian Leadership Conference ed il Ku Klux Klan usando mezzi quali infiltrazioni, minacce legali e persino pura violenza; si sospettò che Hoover avesse avuto delle responsabilità nell’assassinio di Martin Luther King, come che abbia lasciato molti punti oscuri nelle indagini sulla morte di Kennedy e nel 1979 l’HSCA (comitato per le indagini sugli omicidi), che aveva riaperto le indagini sull’assassinio di Kennedy, arrivò alla conclusione che Hoover “non aveva indagato adeguatamente sulla presunta cospirazione” e che Hoover era stato restio nel comunicare le informazioni in suo possesso.
Hoover fu un uomo potentissimo e la sua fitta rete di spionaggio interno gli permise di avere abbastanza informazioni, anche di tipo sessuale, per poter ricattare chiude, anche il presidente degli Stati uniti. La sua morte riportò alla ribalta le accuse su di lui, al punto che si pensò di fare un emendamento per togliere il suo nome alla sede dell’FBI a Washington, ma l’emendamento non venne approvato, per lo scandalo che avrebbe sollevato troppe ombre.
Hoover morì il 2 maggio 1972 per un infarto, aveva 77 anni.
Morì durante il mandato Nixon, aveva diretto l’FBI ininterrottamente per 48 anni. Gli vennero tributati funerali di stato.
Fu l’uomo più potente di tutti gli Stati Uniti. A capo dell’ FBI per 48 anni fino alla sua morte, non si fermò davanti a nulla pur di proteggere il suo paese. Restò in carica durante i mandati di ben 8 Presidenti e tre guerre. Combatté pericoli veri ma anche pericoli deliranti e immaginari, violando spesso la legge, ma nella fanatica convinzione che qualunque cosa che faceva servisse a salvare l’America.
Ebbe una vanità e una ambizione smisurate e sollevò il balbettante e timido ragazzino che era stato a divenire l’uomo più forte e potente del suo Paese, mirando di diventare un eroe per l’intero mondo.
Eastwood ci presenta un Hoover dominatore del suo tempo, despota spietato e incoerente, indulgente con se stesso, ma inflessibile e terribile nei confronti di chiunque sospettasse di essere un pericolo per l’America.
Emblematica la scena in cui si affaccia al balcone per vedere via via il passaggio dei cortei di nuovi presidente, come a dire che dietro a ognuno di loro c’è un potere oscuro e inamovibile. I presidenti passano ma quel potere resta.
Il regista
Quando Clint Eastwood fa questo film ha 82 anni ed è uno dei più interessanti personaggi di Hollywood. Attore, regista, politico, autore di colonne sonore, produttore. Due Oscar per la regia, due per il miglior film. Considerato il più grande attore western di tutti i tempi.
A 74 anni come regista porta a casa 4 Oscar per ‘Million Dollar baby’.
Con ‘Lettere da Iwo Jima vince il Golden Globe neò 2007 come miglior film straniero. Nel 2008 un nuovo trionfo per la critica e per il pubblico con ‘Gran Torino’. Nel 2009 dirige un film su Mandela, ‘Invictus’. Seguono ‘Milk’ ed ‘Edgar’.
Negli Oscar 2011 il film riceve unicamente la candidatura per i migliori effetti speciali.
Difficile dire quale sia l’orientamento politico del regista, Clint Eastwood è registrato come repubblicano fin dal 1951, quando sostenne la candidatura di Eisenower. Sostenne poi Nixon. E’ stato eletto sindaco indipendente di una città della California col72% delle preferenze. Ha sostenuto Schwarzenegger in California e ha finanziato John McCain. Malgrado ciò è difficile consideralo un conservatore, anzi è di idee progressiste per quanto riguarda la politica sociale, e in alcune circostanze ha fatto campagna anche per candidati democratici.
Nel cinema la sua carriera è sfolgorante: 32 film in 40 anni sempre più interessanti.
Affrontare la storia su uno degli uomini più potenti del mondo non è stato uno scherzo e ha richiesto al regista grande carattere e chiarezza. Il film è complesso e segue vari filoni ma la cosa eccezionale è che è stato diretto miracolosamente in 39 giorni.
Lo sceneggiatore è il giovane Dustin Lance Black, Premio Oscar per la Migliore Sceneggiatura Originale per ‘Milk’. , ha indagato a lungo su Hoover, assumendo a sue spese una ricercatrice professionista e ha intervistato vecchi colleghi di Hoover.
“Lance ha scritto una sceneggiatura eccezionale che sia Clint che io abbiamo apprezzato immediatamente. – ha detto DiCaprio - Hoover è sempre stato un personaggio mitico, un’icona della storia Americana, ma allo stesso tempo la sua vita personale e quella politica erano avvolte nel mistero. Parlare della storia della sua vita poteva sembrare riduttivo ma Lance è riuscito a raccontare i fatti in modo assolutamente coinvolgente dal punto di vista emotivo”.
Dice Eastwood: “Mi interessavano le interazioni intime e profonde tra Hoover e quelli che lo circondavano da vicino: Clyde Tolson, la madre – fino a Robert Kennedy e ad altri personaggi politici molto conosciuti, persino Presidenti. Mi piacciono i film che raccontano i rapporti, mi piace analizzare il perché le persone fanno o hanno fatto determinate cose nella loro vita”.
Di Caprio è stato entusiasta del personaggio, lo ha impersonato con grande talento, perché è intelligente e ama e gli piacciono i ruoli anticonvenzionali. “E’ stato uno dei personaggi più problematici che abbia mai incontrato in una sceneggiatura. – ha detto Di Caprio Ma una storia come questa, quante volte capita in una carriera?”.
Nelle ultime scene il trucco ha imposto all’attore una maschera di cerone pesantissima che lo ha fatto apparire quasi una mummia. In realtà Hoover non era così incartapecorito ma l’espediente sta a segnalare quanto un potere possa mummificarsi in se stesso e apparire disumano.
.
Trailer
..
Viviana Vivarelli
.

368 EDGAR

Nessun commento:

Posta un commento