sabato 22 dicembre 2012

Il nodo Draghi



Ad un certo punto è balenata l’ipotesi di una candidatura Draghi per il centro, ne ha dato notizia Dagospia. Molti non hanno preso la cosa sul serio, ma la cosa, forse, ha del vero. Draghi è entrato in carica a fine ottobre 2011 e, in teoria, dovrebbe restare in carica sino all’ottobre 2016. Come si sa, la sua candidatura non fu gradita ai tedeschi che dovettero subirla dopo che anche i francesi si schierarono per il candidato italiano, sostenuto anche da Spagna, Belgio e Portogallo. Per di più, il candidato tedesco, Weber, che litigava a giorni alterni con la Merkel, finì con il ritirarsi nel maggio precedente, spianando definitivamente la strada a Draghi. La cosa, tuttavia non è stata mai accettata realmente dai tedeschi, che hanno fatto buon viso a cattivo gioco, ma riservandosi di tornare all’attacco quando avessero avuto condizioni migliori. D’altra parte, Berlino –che sa di essere l’asse portante dell’Euro- ha dovuto accettare che il primo governatore fosse l’olandese Duisenberg, per un compromesso con la Francia, che non voleva come primo governatore un tedesco; poi, sempre per compiacere Parigi, ha accettato il francese Trichet, perché l’Olanda è tradizionalmente più vicina alla Germania e quindi si doveva riequilibrare. Però che il terzo fosse italiano deve essere sembrato decisamente troppo ai nostri condomini teutonici. Ma è un italiano molto gradito in America? Peggio!!
Questo anno, vissuto molto pericolosamente dall’Euro, ha rafforzato le ostilità di Berlino: Draghi, ogni qual volta poteva, si è allineato alla politica di liquidità “facile” perseguita dalla Fed ed invisa più di ogni altra cosa alla Bundesbank ed anche sul salvataggio della Grecia, sull’unione bancaria, sul caso portoghese le vedute del governatore della Bce non sono mai state in sintonia con quelle della Buba.
Nessuno mette in dubbio che il successore di Draghi sarà un tedesco, ma la Germania non sembra disposta ad aspettare sino al 2016. Berlino il governatore della Bce lo vuole ora, nel momento in cui occorre governare la crisi. Per di più, la Merkel ha bisogno di fronteggiare le tendenze anti euro che iniziano a manifestarsi apertamente in Germania (a capo della lobby anti Euro si è messo l’ex presidente della Confindustria, che non è l’ultimo passante e molti imprenditori, economisti ed anche esponenti politici non fanno mistero di vedere di buon occhio il ritorno al Marco).  Prendere la guida della Bce sarebbe un bel colpo in campagna elettorale e frenerebbe le pulsioni anti Euro. Dunque, occorre convincere Draghi a sloggiare, ma ovviamente l’interessato non ne ha alcuna intenzione. Perché l’operazione vada in porto occorre fare tre cose: fare pressioni su Draghi, perché capisca che potrebbe avere una vita molto difficile di qui in avanti, assicurargli una uscita dignitosa, verso un incarico di rango, offrire all’Italia qualcosa di conveniente.
Sul primo punto credo che il veto opposto dai tedeschi all’accordo sull’unione bancaria possa essere letto come un segnale di questo tipo. Quanto a cosa potrebbero offrire i tedeschi è presto detto: comperare una sostanziosa fetta di debito italiano in modo da metterlo in sicurezza stabilizzando lo spread.
Infine, l’uscita di Draghi: sarebbe perfetta quella verso palazzo Chigi: è uomo di prestigio, non deve pagare il prezzo della politica fiscale di Monti del quale non ha nemmeno l’antipatia (e va detto che è anche più intelligente), dunque un ideale leader europeista per il centro. E la sua elezione garantirebbe la definitiva “finanziarizzazione” della politica italiana. Dunque, questa ipotesi ha una sua plausibilità e forse Dagospia aveva avuto qualche soffiata.
Ma questa complessa operazione avrebbe richiesto qualche mese (diciamo che l’ideale sarebbe stato votare a fine marzo o primi aprile). Che fosse una cosa reale o no, ci si è messo di mezzo Berlusconi che ha fatto saltare il banco, imponendo le elezioni a febbraio (l’unico successo della sua recente manovra, per il resto disastrosa) che rendono impraticabile il tutto. Forse Monti è stato solo un ripiego, perché lo si sarebbe visto più volentieri al Quirinale. Di fatto la frittata e fatta ed il nodo Draghi rimane.
Ma una soluzione si può sempre trovare. In fondo, se lo schema base era Draghi a palazzo Chigi e Monti al Quirinale, perché non si può fare il contrario? Se le elezioni andassero bene al centro, Draghi sarebbe un eccellente candidato a succedere a Napolitano.
Aldo Giannuli

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