martedì 4 dicembre 2012

Faranews 27

Carissime/i eccovi il nuovo Faranews (nel nostro sito la versione grafica e con i link attivati).

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FARANEWS ISSN 1590-8585
Mensile di informazione culturale a cura
di Fara Editore http://www.kaleidon.it/fara/faranews/nuovo.shtml

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Numero 27
Marzo 2002

Editoriale: Le affinità elettive


Ne ha parlato Goethe, ne parliamo con umiltà anche noi iniziano da uno scambio di Cose discutibili fra gli scrittori Mauro Raggini e Corrado Giamboni. Segnaliamo il festival internazionale di nuova narrativa S.qui.Libri. e alcuni versi inglesi di Peter Russell. Continuiamo con brani tratti dall'Annunciazione di Ardea Montebelli.
Paola Turroni ci avvolge delicatamente con le pellicole di quattro registi nella rubrica cinema...grafo.
La recensione di Dario Di Dato a Storie di frate Amodeo e la segnalazione di alcuni siti interessanti chiudono questo numero. Buona lettura.
Cose discutibili


Caro Mauro,
ti dico brevemente come abbiamo lavorato. Ho dato agli alunni quindici giorni per recuperare informazioni sui due personaggi, e nonostante alcuni le avessero semplicemente scaricate da internet senza neanche leggerle - ma è pericoloso perché scatta l'insufficienza - tutti avevano portato qualcosa. Utile lavorare su tempi di questo tipo anziché rispondere subito: dà tempo a loro e a me. Quindi abbiamo fatto due mappe concettuali sulla lavagna con il contributo di tutti, le abbiamo confrontate e infine siamo arrivati a qualche conclusione. Poche, ognuno fa le sue, a me basta che motivino le loro idee e che non parlino tanto per fare.
Il criterio per il giudizio non è stato (solo) quello che tu indichi parlandone con te stesso ad alta voce: quello della sacralità della vita. Abbiamo parlato poco di questo - anche se per Mussolini è difficile non farlo. Io ho dato invece un giudizio sul fascismo limitandomi a definirla un'esperienza perdente non fosse per il fatto che ha tolto la libertà. Giudizio che si porta dietro quello sul fondatore del fascismo. Non ho dubbi a chi vadano le mie simpatie, e non l'ho nascosto, non sarebbe didatticamente corretto tra l'altro. Quindi - e qui scatta la trappola mentale - sono un prof di sinistra. E a questo punto il discorso è andato prevedibilmente verso derive del tipo: ma oltre ai lager ci sono anche i gulag; e: a Cuba non c'è stata libertà; oppure: il Duce comunque ha fatto anche del bene all'Italia, ecc. Tutte conseguenze dell'applicazione di griglie preconcette destra/sinistra che rischiano di portarsi dietro conclusioni tipo "voi siete peggio di noi", ecc. e che comunque impediscono di pensare. Chi è di destra (o crede di esserlo) rimane di destra e chi è di sinistra (o crede di esserlo) rimane di sinistra, irrigidendosi. Per evitare queste facilitazioni ho proposto come chiave di giudizio la canzone di Jovanotti dove dice: "La storia ci insegna che non c'è fine all'orrore, la vita ci insegna che esiste solo l'amore", sperando di far traballare questi schemi da menti vecchie che hanno tanta presa sui giovani. Se poi la violenza ti viene da destra o da sinistra o dal centro o dall'Inquisizione o , cosa fai, le cambi nome? Insomma siamo slittati sul filosofico, sul pessimistico riguardo alla storia umana, almeno quella con la "S" maiuscola. A me basterebbe che si prendessero la responsabilità di quello che dicono e di quello che pensano, basta. Sì, perché poi in occasione della Giornata della Memoria vengono magari fuori frasette tipo: se Hitler ha messo nei campi di concentramento 10 milioni di persone è perché aveva le sue ragioni. E con cose di questo il programma non può mica andare avanti normale, se no non sarebbe normale. Ma questo è un altro problema, più recente...
a presto
cg

Caro Corrado,
ti inoltro una mail che ho scritto ad Alessandro, avevo cominciato a parlare di come stavo, e ho finito per parlare di una mail che mi avevi spedito tempo fa, e che quindi, anche se non è una risposta a una tua domanda, comunque ti riguarda.
Ciao,
Mauro
(...) Tempo fa mi era arrivata un'interessantissima mail di Corrado Giamboni. Nella classe dove insegna, qualcuno aveva sollevato la questione su perché indossare una maglietta con sopra Che Guevara era permesso, mentre una con sopra il duce sarebbe stato censurato (non a lungo, aggiungo io). Probabilmente l'hai ricevuta anche tu. Ci penso spesso, ma non ho mai trovato lo spazio intellettuale per riflettere su questa cosa. Mi fermo al primo punto e non vado oltre: il fatto che entrambi non riconoscevano alla vita umana un valore assoluto. Io non ho mai subito il fascino di Che Guevara, anche se per lui ho provato, e istintivamente provo, un moto di simpatia (con tutte le implicazioni positive e i limiti che questa parola suscita). Ma come ti dicevo, non riesco a trovare il tempo di riflettere. Il che è fastidioso e triste.
Mi ricordo un'intervista televisiva di molti anni fa a Zaccagnini. Durante la Resistenza si era trovato di fronte a un problema spinoso, uno dei tanti casi di coscienza a cui si trova di fronte chi compie una scelta responsabile: il gruppo di partigiani al quale lui apparteneva aveva deciso di effettuare un attentato (ricostruisco la vicenda a memoria, senz'altre fonti che il mio ricordo) pur sapendo che come ritorsione i tedeschi se la sarebbero presa con i civili. Per questo, Zaccagnini e il partigiano anarchico che era nel gruppo (suppongo che gli altri fossero comunisti, o repubblicani, ma ripeto, non lo so) votò contro l'attentato. È difficile per me dire quale sarebbe stata la mia scelta. Così,a pelle, mi viene da dire che avrei votato a favore. Ma ovviamente, se avessi conosciuto personalmente i civili che avrebbero subito la rappresaglia, non so come avrei reagito. Però, per me, se penso alla Resistenza, la vita umana non è un valore assoluto, ma relativo. Non è un viatico per la guerra, il mio: le questioni politiche e anche militari non sempre si risolvono rispondendo con la violenza alla violenza, di questo sono convinto. Ma credo che ci siano casi in cui non rimanga altra alternativa. Nel momento in cui si sostiene la relatività del valore della vita umana sorge subito il problema: ma allora esistono ideali migliori di altri? Perché anche Mussolini aveva la sua etica, un principio morale, sarebbe troppo comodo spiegare il fascismo solo in termini patologici (l'espressione politica di menti malate) o criminali (l'espressione politica di chi ha sfruttato un paese per i propri interessi). In maniera superficiale e ignorante si pensa che questa posizione coincida con il revisionismo di De Felice, ma chi lo pensa non sa in che cosa consista il suo revisionismo. Io mi sento vicino all'approccio storico degli storici che contestano il revisionismo di De Felice (ad esempio, la sua attenuazione delle responsabilità della monarchia, o una rappresentazione di un consenso popolare esteso, l'originalità del caso italiano del fascismo, la "parentesi" crociana, la mancanza di complicità delle classe liberale e industriale...). Il fatto è che migliaia di attivisti fascisti hanno sostenuto e fomentato prima la demolizione di un regime parlamentare con metodi criminali e poi la guerra contro Etiopia e Spagna, perché lo ritenevano giusto. Quando io condanno il fascismo (e implicitamente quelli che io sostengo essere i crimini ad esso intimamente legati), condanno la sua scelta relativa al valore della vita umana: condanno i principi che hanno causato i crimini: contro la democrazia, contro la libertà dei cittadini in Italia e stranieri nei paesi attaccati e invasi. La differenza fra Che Guevara e Mussolini è una differenza di principi. Corrado diceva che avrebbe lasciato portare agli studenti stessi gli elementi di confronto fra i due personaggi, di modo che discutessero e giungessero a conclusioni proprie. Queste cose che ho detto, andando fuori tema con quanto mi avevi chiesto, non sono una risposta alla sua richiesta di suggerimenti. Sono cose che ho scritto per me: una volta che ci si trova di fronte al cadavere di una persona, e la dolore di chi l'amava e l'ha persa, per quanto questo dolore sia universale, io penso che ci sia differenza fra i principi che hanno guidato la violenza, nel senso che uno può essere ritenuto migliore di un altro. Lecito. Giusto. Ho detto cose discutibili.

S.QUI. LIBRI.
Festival internazionale di nuova narrativa

Crema 3 ­ 10 maggio 2002

Uno sguardo alla nuova narrativa
Questo l'obiettivo del festival che nasce da una manifestazione di particolare successo, la rassegna Viaggio al termine del '900. Percorsi di letture, scritture, linguaggi, svoltasi a Crema per due edizioni, nel mese di marzo e aprile 2000 e 2001, che ha riscosso grande interesse anche dalla stampa nazionale (Pulp, Tuttolibri della Stampa, L'Indice, Il Giornale, Corriere della Sera, Diario, Avvenimenti...).
Dalle passioni del pubblico e dall'entusiasmo con cui sono stati accolti gli stimoli di alcuni ospiti delle serate letterarie, gli organizzatori hanno registrato un vivo interesse nei confronti della produzione letteraria delle giovani generazioni, e in particolare verso tutto ciò che è contaminazione artistica. La richiesta dell'Amministrazione Provinciale di Cremona di organizzare un festival di letteratura giovane ha così trovato un fertile terreno ed è nato un festival vivace, curioso e fresco, per spettatori eterogenei ma uniti dalla curiosità culturale.
Al centro la voglia di incontrarsi a tu per tu con nuovi autori, osservando tematiche, stili, filoni possibili in un itinerario variegato, in cui si va dall'aperitivo letterario alla serata con interventi di più autori, dai laboratori di scrittura alle letture-spettacolo, facendo della cittadina di Crema, per un'intera settimana, un interessante punto d'osservazione su tendenze e stili narrativi.
I percorsi del festival
Tante strade si intrecciano, tanti modi differenti di incontrare la letteratura e gli autori.
Per tutta una settimana, alle 18, giovani scrittori emergenti e nomi consolidati del panorama letterario italiano si alterneranno in vari luoghi del centro cittadino per incontri dal sapore informale, in cui raccontare al pubblico la propria esperienza letteraria, descrivere le proprie opere e rispondere alle curiosità degli spettatori.
Inoltre, nel corso degli otto giorni del festival, diverse serate a tema: cinema e letteratura, filone massimalista e Œavantpop¹ della nuova narrativa italiana, gli autori stranieri che hanno scelto la nostra lingua come veicolo della loro poetica, il tutto alla scoperta delle commistioni di linguaggi che riflettono il sentire contemporaneo.
Non mancheranno letture e momenti spettacolari, con curiose cabine telefoniche per l'ascolto di racconti alla cornetta, una serata conviviale con gustosi menù poetici, un tour poetico della città e le interpretazioni di brani degli scrittori ospiti del festival affidate a giovani attori.
Infine, dedicati agli studenti delle scuole superiori del territorio ma anche agli adulti, alcuni laboratori in cui apprendere differenti forme di scrittura: dalla scrittura creativa alla sceneggiatura cinematografica fino alla scrittura televisiva.
Enti promotori e organizzatori
Promosso dall'Amministrazione Provinciale di Cremona, dall'Assessorato alla Cultura del Comune di Crema e dalla Biblioteca di Crema, il festival ha la direzione artistica di Anna Angius e quella organizzativa di Mara Serina, con il supporto di iagoSTUDIO, eventi e comunicazione, Milano e la consulenza dello scrittore e critico Piersandro Pallavicini.Proseguirà la collaborazione con il sito letterario ALICE, già partner per la rassegna Viaggio al termine del '900 e con la rete televisiva Seimilano.

Contatti:
ufficio stampa iagoSTUDIO
Mara Serina 338.3246269
Ufficio tel/fax 02.5469332
e-mail: mara_mail@libero.it

Long Evening Shadows. Sedici poesie di Peter Russell
(di Alessandro Ramberti)

In questa silloge appena pubblicata dalle Edizioni Il Foglio (www.ilfogliolettarario.it) con traduzione a fronte di Franca Alaimo c'è una sospensione del tempo: il ritmo e le immagini hanno spesso il sapore semplice e classico di una poesia che si fa musica comunicandoci umori e sensazioni che possiamo subito far nostri. Il vecchio poeta quasi cieco trascorre i suoi giorni in una casa protetta dell'aretino e considera con (auto)ironia la sua situazione, rievoca in maniera a volte idillica, a volte saturnina, a volte pungente i giorni d'antan. Ci hanno particolarmente colpito i versi della poesia che dà il titolo alla raccolta:

Long evening shadows move across trees and grass,
The sun going down emits e roseate tint,
The clouds to East are like white sodden lint
But slowly into ebony will pass.
The sun all daytime shone like polished brass,
For us alone it's done its daily stint
Upone the moon alone remains its dying glint
A mirrored surface like lemon-coloured glass.

(...)

Dall'Annunciazione
(di Ardea Montebelli)

Gli angeli hanno
un che d¹inevitabile
assomigliano
a vecchie passioni.

(...)

ANGELO

Ho passato ombre deserti
marine trasparenze
colori, forme di terre vive.
Puro, immortale
di fronte alla storia
vengo a sciogliere
dolore e buio
a spargere al sole e all¹erba
la voce prediletta
che affascina ogni cosa.
Con fiato tenerissimo
canto antichi salmi.

(...)

LETTORE

In cielo e in terra
il cuore dell¹uomo
compie il suo cammino:
germoglia gradualmente
è figlio legittimo del tempo.
Segreti irraggiungibili
si stendono sugli occhi
le voci diventano di fuoco
nel grembo della vita.

(...)

ANGELO: Maria piena di grazia, il Signore è con te.
MARIA: Chi sei tu che mi parli di grazia con questa perfezione?
ANGELO: Sapere, grazia, saggezza mi precedono. La mia perfezione è armonia che
s¹irradia dall¹origine e dall¹origine si dona in segno della vita.
MARIA: La vita è più grande di noi, il mio cuore non osa chiedersi come, perché, con quale
fine, con quale mistero. Sapere, grazia, saggezza non sono cose umane hanno
mete invisibili.
ANGELO: Celeste è il privilegio che accoglie il divino. La perfezione è simbolo d¹umano.
MARIA: La tua perfezione offre tracce ancor prima della parola.
ANGELO: Sulla terra si posa l¹essenza dello spirito. Un uomo si farà sostanza in altri uomini,
nell¹alba, nelle stelle, nel sole, nella luna. Un uomo salverà con le sue membra.

MARIA: Un uomo? Sarà un uomo la salvezza?.
ANGELO: Concepirai un figlio, lo darai alla luce, lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell¹Altissimo.
MARIA: Com¹è possibile? Ciò che di me vedi non può generare il Figlio dell¹Altissimo.
ANGELO: A Dio nulla è impossibile. Esploderà la vita col soffio delle labbra.
MARIA: Dove appare il miracolo, si dileguano le tenebre. Tutto si fa lieve e si adorna di bellezza. Avvenga di me quello che hai detto.

(...)

Cinema...grafo

(di Paola Turroni)
Kurosawa, Branagh, Loach, Almodóvar, Bonello

Si dice: l¹unità non è la semplice somma delle parti. Un film non è solo la somma delle sue inquadrature, anche solo del contenuto delle sue inquadrature. Ogni corpo e ogni testo portano con sé i propri corpi e testi, che si fondono in un significato altro, il film inteso come opera.
Van Gogh interpretato da Scorsese nel film di Kurosawa, Sogni. Tre artisti che si incontrano, senza le frontiere dello spazio e del tempo, per raccontare la fisicità di un artista. Il suo corpo e i suoi colori ad olio, attraverso l¹immateriale della luce in movimento e attraverso il materiale del corpo dell¹attore. Con il taglio dell¹orecchio, la spaccatura del corpo, l¹impossibilità di comunicare il dolore del rapporto fisico con la pittura, il corpo si trasforma in simbolo. Ma poi, quando il giovane pittore di oggi incontra il grande pittore del passato camminando dentro i suoi quadri, è l¹immaginazione che diventa fisica tramite il cinema, con l¹elaborazione elettronica.
E ancora Scorsese, in ³Al di là della vita², che (nella versione originale) presta la voce allo speaker della radio delle autoambulanze, è il demiurgo che parla, un segno d¹amore per i suoi personaggi che guida nel lavoro d¹attore e nella notte dolorosa di New York.
Branagh in Hamlet dà un¹interpretazione più incisiva della storia d¹amore tra Amleto e Ofelia, vedendo nei due personaggi la fusione di tutte le storie d¹amore fallite di Shakespeare. Amleto ama davvero Ofelia, come Romeo e Giulietta, e Otello e Desdemona. L¹amore impossibile, negato soffocato maledetto, e poi il tradimento e la morte. La follia è anche l¹impossibilità di sopportarlo tutto. L¹impossibilità di dire tutto Shakespeare.
Durante le riprese di La canzone di Carla Loach ci dice che la realtà nicaraguense spesso prende il sopravvento sulla storia che sta raccontando. Nella scena coi campesinos sul camion, per esempio, la discussione sulla riforma agraria sandinista sarebbe dovuta svolgersi in modo più sintetico, invece quello che è successo, è andato oltre il controllo registico, ed è diventato uno dei passaggi di consapevolezza del protagonista rispetto alla propria vicenda, e insieme a lui, dello spettatore rispetto alla storia del Nicaragua. Una testimonianza reale di persone che raccontano e attori che ascoltano.
In Tutto su mia madre di Almodóvar, gli attori mettono in scena ³Un tram che si chiama desiderio². Un¹opera che Williams scrisse per il teatro, che hanno recitato la metà degli attori e delle attrici, a tutti i livelli, in ogni parte del mondo, ma che la maggior parte degli spettatori ricordano per il cinema, un film che ha fatto l¹icona di Brando e ha mandato in manicomio Vivien Leigh. Un¹opera che parla, come il film, testo e metatesto, di donne che si rappresentano, e di quel desiderio d¹amore, sempre in tensione, nella metamorfosi continua che la vita richiede.
E infine, perché sia chiaro che il corpo dell¹attore non è solo il personaggio, pensiamo a Bonello in Le pornographe, che ha scelto Jean-Pierre Léaud, il suo corpo parla prima del racconto. Ovunque vada, Léaud si porta dietro Truffaut, e con lui la Nouvelle Vague francese (con citazioni esplicite nel film stesso). Il suo corpo, soprattutto in una storia come questa, parla di un cinema passato, fatto di gesti sottili, di pudore, e insieme coraggio, di guardare.
Paola Turroni

Recensioni


Storie di frate Amodeo

In Storie di frate Amodeo Michele Ruele riesce a raccontare le vicende di frate Amodeo, francescano trentino del '700, con un'abilità che permette al lettore di immaginarsi le atmosfere misteriose e scure dei sentieri che attraversano i boschi del Trentino, sferzati da venti gelidi e coperti di neve.
La scelta linguistica di usare termini dialettali e antiche parole di derivazione latina non appesantisce la lettura, che resta così piacevole da far sì che si possa leggere il libro tutto d¹un fiato. Inoltre le brevi storie di frate Amodeo non sono soltanto un esercizio di immaginazione. Al di là di esse emergono motivi filosofici, intendendo con questo termine spunti di riflessione sul male, sulla figura dell¹essere umano in generale e della sua posizione nel mondo.
Per quanto riguarda il primo punto, molto piacevole risulta il capitolo "La portella", in cui un frate accusa d¹avere visioni del diavolo, iniziando così ad affermare una serie di tesi in contrasto con la teologia ufficiale, e maturando l¹opinione che l¹inferno non sia una gabbia chiusa per i malvagi, ma sia ovunque si trovi l¹uomo. Frate Amodeo risponde a queste conclusioni riprendendo un passo de "Le città invisibili" di Italo Calvino, per cui l¹inferno è effettivamente ciò che noi viviamo quotidianamente, convivendo su questa terra. Due però sono le strade che ci è permesso percorrere, delle quali una è molto facile ed è la più frequente: accettare l¹inferno, fino a non accorgersi più di cosa esso sia. L¹altra strada, seppur più difficile, è indubbiamente più ricca e affascinante, esige attenzione e apprendimento costante: "cercare e saper riconoscere chi e cosa in mezzo all¹inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio".
L¹ultimo racconto del libro è invece lo spunto per porre una riflessione sull¹uomo, il senso che egli ha nel mondo e sul perché della sua esistenza. Ritornano alcuni motivi già presenti nei "Pensieri" di Pascal. Trovandosi di fronte a un libro molto particolare, datogli in regalo, frate Amodeo riflette sulla brevità della vita se confrontata all¹eternità infinita del tempo. Essa appare come un punto infinitamente piccolo rispetto all¹immensità dello spazio. Perché ci troviamo proprio qui, ora, e non altrove e in un altro momento? Domande senza risposta, è facile pensare, ma che possono servire da utile spunto per avviare una ricerca interiore.
La particolarità del libro di frate Amodeo consiste nel fatto che sulle facciate delle sue pagine non ci sono altro che specchi, per cui il lettore non avrà di fronte altro che la propria immagine doppiamente riflessa. La lettura diventa il vero strumento necessario per chi voglia indagare se stesso, un dialogo aperto tra sé e l¹altro, per cui il libro dimostra l¹interattività che lo caratterizza, forse ben maggiore di quella di tanti, esaltati, strumenti multimediali.

(Dario Di Dato in Picwick del 28 febbraio 2002)


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