martedì 4 dicembre 2012

DIFFAMAZIONE A MEZZO STAMPA INCOSTITUZIONALE


DIFFAMAZIONE: TRIBUNALE ROMA SOLLEVA QUESTIONE LEGITTIMITA'
ALLA CONSULTA ASPETTI LEGATI AD IMMUNITA' PARLAMENTARE

(ANSA) - ROMA, 21 FEB - L' immunita' di cui godono i
parlamentari per i reati di diffamazione a mezzo stampa
costituisce una discriminazione per quei cittadini che, nell'
esprimere le loro idee, sono soggetti ad incriminazione per lo
stesso reato? A questo interrogativo dovra' dare risposta la
Corte Costituzionale al vaglio della quale e' finita una
questione di legittimita' della norma che regola la diffamazione
sollevata dal giudice della quinta sezione del tribunale di Roma
Gennaro Francione.
Lo spunto per il ricorso alla Consulta e' scaturito da un
procedimento che vede il deputato Nicola Vendola (Prc), difeso
da Ugo Colonna, sotto processo con l' accusa di aver espresso
giudizi lesivi della reputazione del senatore Eup reprio Curto
(An), a ssistito da Massimo Manfreda, con riferimento ad un'
inchiesta della procura di Brindisi. Sotto la lente di
ingrandimento del giudice romano l' articolo 595 del codice
penale (diffamazione) in relazione all' articolo 68 della
Costituzione (I membri del Parlamento non possono essere
perseguiti per le opinioni espresse). L' esercizio del diritto
di critica connesso alle funzioni di parlamentare di Vendola ha
richiamato l' attenzione del giudice su un aspetto: ''la
liberta' di espressione - scrive Francione nel ricorso - e l'
eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge in riferimento a
questa liberta' e' compromessa dall' immunita' parlamentare,
istituto il cui fine e' di permettere ai parlamentari di agire e
dire in piena liberta' e indipendenza nella loro funzione
politica al riparo da pressioni esterne''. Per Francione cio'
significa che i parlamentari ''possono impunemente diffamare in
nome della funzione politica svolta '', ovvero, usare
'' espressioni che per i cittadini comuni portano alla
diffamazione e alla pena''.
Secondo Francione la normativa prevista dall' articolo 589 cp
crea dunque una ''disparita' di trattamento tra privati e
soggetti pubblici con prerogative parlamentari, trattati questi
ultimi diversamente quanto alla loro capacita' di esprimersi,
criticare, attaccare l' altrui reputazione senza incorrere nella
legge penale''. ''Le liberta' globalizzate di pensiero - e'
detto nel ricorso - di parola, di informazione e di espressione
appaiono piu' che mai principi fondamentali su cui si deve
provare a ricostruire un nuovo mondo di realmente liberi ed
eguali di fronte alla legge. Necessita' imperante oggi piu' che
mai nell' era di Internet che ha ampliato le frontiere di
espressione e pubblicazione delle proprie idee''. Da qui il
ricorso alla Consulta sulla incostituzionalita' della norma.
(ANSA).
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