martedì 23 ottobre 2012

Pane ed Energia


Intervista a Roberto Angoli, presidente di REM

Inaugurato in provincia di Mantova un impianto innovativo che coniuga la produzione di energia pulita, attraverso i pannelli solari, con l’attività agricola tradizionale. E’ l’Agrovoltaico della Revolution Energy Maker


E’ stato calcolato che per produrre attraverso i pannelli solari tutta l’energia di cui il nostro paese ha bisogno in un anno sarebbero necessari circa 2000 km2, pari allo 0,62% del territorio italiano.
Territorio, tolte le zone impenetrabili, le città e quelle abitate, che sarebbe sottratto inevitabilmente all’industria agricola. Si tratta di uno scenario logicamente ipotetico, ma, con il sempre maggior utilizzo di pannelli fotovoltaici per la produzione di energia, il problema dei terreni sottratti all’agricoltura è aumentato.
A maggio di quest’anno, in provincia di Mantova, è stato inaugurato un impianto innovativo, che coniuga la produzione di energia pulita attraverso i pannelli solari, con l’attività agricola tradizionale. L’agrovoltaico, così gli ideatori dell’impianto hanno deciso di battezzare questa nuova tecnica costruttiva, che prevede la realizzazione di impianti fotovoltaici orientabili a 5 metri dal suolo, permettendo così l’utilizzo delle macchine agricole e del terreno.
Autori di questa semplice ma geniale intuizione, unica in Europa e forse anche nel Mondo, è REM un gruppo di sei  aziende italiane unite per progettare, realizzare e gestire impianti innovativi che producono energia elettrica a emissioni zero da fonti rinnovabili. Se l’idea in qualche maniera rappresenta, per la sua semplicità, l’uovo di Colombo, dal punto di vista realizzativo un impianto agrovoltaico necessita di conoscenze tecnologiche sofisticate e all’avanguardia, che permettono, ad esempio, ai pannelli di ritirarsi in caso di pioggia o grandine, non pregiudicando così l’attività agricola. Un’idea tutta made in Italy che si appresta a travalicare i nostri confini per conquistare l’Europa.
Ma per saperne di più abbiamo intervistato Roberto Angoli, presidente di REM
Cosa sono gli impianti agrovoltaici e da cosa è nata quest’idea?
Sono impianti aerei a inseguimento solare totalmente integrati con l’agricoltura, realizzati su strutture mobili sospese, connesse fra loro attraverso un innovativo sistema di controllo e comunicazione wireless. L’idea è nata dalla necessità di sfruttare ampie superfici per poter produrre più energia, è per questo che abbiamo pensato  alle grandi pianure europee.
In cosa si differenzia l’agrovoltaico dal tradizionale impianto fotovoltaico a terra?
Per la compatibilità con l’agricoltura, la sostenibilità ambientale e la tutela del paesaggio. L’agrovoltaico è compatibile con il 100% delle colture e nasce con l’intento di promuovere un modello produttivo integrato e sostenibile capace di fornire alle comunità locali energia pulita e prodotti biologici. Inoltre un impianto tradizionale a terra a parità di potenza di picco sottrae più del 40% di terreno all’agricoltura mentre i nostri impianti occupano al massimo il 2% del terreno. In più un impianto agrovoltaico, per via dell’inseguimento biassiale omnidirezionale incrementa la produttività di energia pulita del 30%.
Perché colture biologiche?
È un connubio ideologico, perché sposano naturalmente la nostra filosofia aziendale e soprattutto perché impattano meno sull’ambiente e producono alimenti più sani. Non a caso abbiamo chiamato il nostro progetto “Pane e Energia”.
Come è costituito un impianto agrovoltaico e come funziona?
L’impianto “agrovoltaico” è costituito da inseguitori solari sospesi (tracker), che dialogano tra loro attraverso un sistema di controllo e comunicazione wireless. Una serie di pali alti almeno 4,5 m e del diametro massimo di 16 cm, fissati nel terreno mediante microperforazioni, sostengono i tracker che, per mezzo di un sistema ad inseguimento biassiale omnidirezionale, muovono i pannelli solari; le colonne di sostegno sono disposte lungo file parallele distanti fra loro 12 m. I pannelli, che utilizzano celle fotovoltaiche in silicio, si muovono in modo sincronizzato e modificano la propria inclinazione in base al movimento del sole e alle condizioni climatiche al fine di massimizzare la produzione di energia pulita.
Le condizioni climatiche influenzano il movimento dei pannelli?
A comando tutti i pannelli fotovoltaici si dispongono perpendicolarmente al terreno per consentire un’omogenea distribuzione delle piogge e della neve, e per evitare eventuali danneggiamenti ai pannelli stessi in caso di grandine o di forte vento; inoltre possono disporsi anche parallelamente al terreno per agevolare al massimo la circolazione dei mezzi agricoli.
Quali sono i vantaggi della tecnologia wireless?
La tecnologia wireless è in grado di gestire il movimento di veicoli automatizzati sotto l’impianto, le modalità di irrigazione e l’apertura di coperture antigrandine; può comunicare in “remoto” con una stazione di controllo che effettua il monitoraggio dello stato degli inseguitori, rileva eventuali anomalie e invia comandi spontaneamente o su richiesta di un operatore.
Come e dove si costruiscono le strutture?
La costruzione di un impianto “agrovoltaico” è il risultato del lavoro di una filiera tecnologica nazionale di eccellenze che coinvolge una molteplicità di comparti industriali: da quello metalmeccanico all’elettrico, dall’elettronico a quello delle costruzioni, ed ha generato un indotto che, per i soli impianti pilota, ammonta a oltre 30 milioni di euro e che ha impiegato circa 80 maestranze direttamente e oltre 240 indirettamente. La maggior parte della componentistica necessaria è prodotta da aziende italiane leader nel proprio settore. In particolare, gli elementi strutturali chiave e gli inseguitori solari sono assemblati e collaudati nel sito produttivo di Coccaglio, vicino a Brescia, ma non dimentichiamo che le aziende coinvolte nella filiera sono circa 70.
Che tipo di materiali si utilizzano? E Quale è l’impatto ambientale dell’impianto?
L’intero impianto è realizzato con materiali non inquinanti (come ad esempio i tracker in alluminio riciclato e non trattato) e totalmente riciclabili, la cui installazione avviene in modo da garantire una facile rimozione al termine della sua vita operativa (25/30 anni).
Inoltre un uso consapevole di materiali più ecologici ha ormai portato a definire gli impianti fotovoltaici con il termine “Double Green”, ovvero “doppiamente ecologici”; perciò anche nella fase di smantellamento (decommissioning) è ben evidenziata la capacità degli impianti di produrre energia pulita “zero emission” durante il proprio ciclo di vita, ed al tempo stesso di non gravare sull’ambiente con oneri di smaltimento e discarica al momento della loro dismissione: è il Life Cycle Assessment, cioè il fine vita dei materiali utilizzati.
L’impatto ambientale è pressoché nullo. La struttura è integrata completamente con il paesaggio circostante: gli impianti, in pianura, sono adeguatamente mimetizzati dalla presenza di alberi, così l’impatto visivo sull’ambiente agricolo è molto ridotto, sia per la “leggerezza costruttiva”, sia per le limitate dimensioni dei pannelli che li rendono simili al fogliame di un pergolato molto rarefatto.
Proprio per questi motivi tutti gli impianti sono stati esclusi dalla valutazione di Impatto Ambientale e nessuno dei Comuni coinvolti ha chiesto opere di mitigazione o compensazione, alcuni Comuni hanno chiesto addirittura di poter realizzare vicino agli impianti una struttura didattica sperimentale finalizzata alla ricerca di nuovi modelli di agricoltura ed alla diffusione di una nuova cultura di rispetto per l’ambiente.
Dove si trovano gli impianti agrovoltaici già operativi e qual è il consumo domestico soddisfatto?
Per ora sono 3 gli impianti pilota già operativi in Italia  per una potenza di picco installata di circa 7 MW. Il primo è a Virgilio, in provincia di Mantova. Installato su un terreno di 15 ettari dedicati alla produzione di erbe officinali, erbe aromatiche, coltivazioni di orticole e piccoli alberi da frutto, ha una potenza di 2,15 MW e la produzione di energia è pari al 28% del consumo domestico della popolazione locale, cioè 3.086 persone. Il secondo, a Castelvetro Piacentino, in provincia di Piacenza, sorge su una superficie di 8,6 ettari, ha una potenza di 1,3 MW e una produzione di energia pari al 20% del consumo domestico locale, cioè 1.083 persone. Da poco è entrato in funzione anche l’impianto di Monticelli d’Ongina, in provincia di Piacenza, su un terreno agricolo di 21 ettari dove è stato seminato il frumento; ha una potenza di 3,2 MW e una produzione di energia pari al 49% del consumo domestico locale, cioè 2.631 persone.
L’agrovoltaico è utile soltanto agli agricoltori?
No, potrebbe incentivare i residenti delle aree urbane che non dispongono di superfici adeguate alla produzione di energia elettrica per i propri fabbisogni ad avvalersi delle superfici agricole limitrofe ai centri urbani: queste superfici agricole per la loro collocazione tendono ad essere abbandonate per diventare oggetto di speculazione edilizia. Con la costruzione dell’impianto non cambierebbero destinazione d’uso, potrebbero essere coltivate per almeno 20 anni, produrrebbero un reddito integrativo che consentirebbe agli agricoltori di evitare l’abbandono finalizzato all’edificazione, continuando a costituire il polmone verde a corollario delle aree urbane.
Quali sono i costi?
I costi sono di poco superiori rispetto ad un impianto a terra per via della tensostruttura e degli inseguitori solari biassiali, costi che vengono però compensati dalla maggiore produzione di energia elettrica e dalla dismissione dell’impianto a fine vita che permette di vendere i materiali utilizzati, che vengono riciclati completamente e possono essere riutilizzati.
Quali sono i vantaggi?
Se realizzassimo impianti di certe dimensioni potremmo ottenere un costo dell’energia vicino a quello attuale e il vantaggio per le famiglie sarebbe quello di poter fissare il prezzo dell’energia per 25 anni. Perciò, non costi e ricavi, ma costi e benefici. Naturalmente incidono anche le politiche energetiche dei vari Paesi e l’area geografica dove vengono installati gli impianti, cioè dalla maggiore o minore insolazione.
Se noi adottassimo una dinamica di scambio sul posto, ovvero se producessimo l’energia dove deve essere consumata, cioè vicino a casa, alle famiglie che la consumano, potremmo raggiungere la “grid parity” in poco tempo, questo ci permetterebbe anche di essere autonomi dal punto di vista energetico. È questo il modello collettivo a cui abbiamo pensato perché l’efficienza energetica è un’opportunità per molti cittadini che intendono mettersi al riparo dalla variabilità dei prezzi delle fonti fossili.
In quanto tempo  si vedranno i rendimenti?
I rendimenti si possono capire immediatamente perché il business plan è noto fin dall’inizio e senza essere soggetto a speculazione energetica. Immediati perché viene calcolata una resa di produzione energetica negli anni sulla base della zona geografica dove viene installato l’impianto e sulla base delle tariffe di vendita e, nel caso italiano, di quelle del GSE.

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