domenica 21 ottobre 2012

Leader Parlamento, Khamis Gheddafi ucciso



Inchiesta sulla morte del rais senza risultati. Tripoli ancora senza governo


 Khamis Gheddafi, figlio del leader libico, Muammar Gheddafi, in un fermo immagine tratto dal video it.euronews.net. del 24 febbraio 2011

 Gheddafi in una foto d'archivio del 16 novembre 2009

Khamis Gheddafi, figlio minore del defunto rais libico dato per morto nel 2011, sarebbe stato scovato oggi vivo nella battaglia di Bani Walid, ma sarebbe poi deceduto per le ferite riportate nella cattura. Lo dice alla tv Al-Arabiya il leader dell'Assemblea nazionale Mohamed Magarief, dopo che invece fonti combattenti lo avevano dato per arrestato.
Khamis Gheddafi, settimo e più giovane figlio del colonnello, era stato a capo della famigerata 32/a Brigata durante la guerra civile dell'anno scorso. La sua morte era stata annunciata e poi ufficialmente confermata a fine agosto 2011. Tuttavia, fonti della brigata Hitin - composta da ex rivoluzionari di Misurata e impegnata in queste ore nell'assalto di Bani Walid (considerata estrema roccaforte dei gheddafiani) - hanno affermato oggi di averlo trovato vivo, di averlo ferito in una sparatoria e di averlo in ultimo catturato. La voce, riportata solo dalla tv panaraba al-Arabiya, è stata più tardi avallata al sito della stessa emittente da Magarief, secondo il quale - peraltro - Khamis alla fine sarebbe morto davvero, per le ferite riportate. La notizia non del resto ancora suffragata da immagini o elementi verificabili.
KHAMIS GHEDDAFI, L'EREDE MORTO TRE VOLTE - Khamis Gheddafi, nato nel 1983, il più giovane tra i sette figli maschi del rais, è stato spesso presentato dal regime come l'icona militare della rivoluzione, "il Muammar giovane", mentre per i ribelli è semplicemente "il macellaio". A tre anni, Khamis rimase ferito nel bombardamento americano su Tripoli nel 1986, a cui suo padre sfuggì, ma in cui morì una delle sue sorelle adottive. Formatosi nelle accademie militari russe, e con studi in diversi Paesi europei, Khamis aveva il grado di capitano ed era responsabile del reclutamento e dell'addestramento di mercenari provenienti dai paesi dell'Africa sub-sahariana.
Ma era soprattutto il comandante della 32/a Brigata corazzata, conosciuta anche come "Brigata Khamis", la più importante e temuta unità di elite dell'apparato bellico libico, che contava circa 10.000 uomini, tra i quali molti mercenari stranieri. La 32/a, che aveva il suo quartier generale vicino Bengasi, era stata inizialmente schierata da Gheddafi a difesa di Tripoli, ma alcuni dei suoi uomini erano stati in seguito inviati in diverse aree del Paese per sostenere le forze governative nella lotta contro i rivoltosi. Khamis e le sue unità speciali avevano fronteggiato l'insurrezione sui fronti più caldi: erano stati loro ad aver represso la rivolta a Zawia, la città a una manciata di chilometri a ovest di Tripoli, e nella stessa capitale. Poi, la 32/a aveva guidato la controffensiva libica, portando i carri armati di Gheddafi sino alla periferia di Bengasi, 'capitale' degli insorti. Solo l'intervento della Nato aveva impedito il "bagno di sangue" evocato dal rais. Già il 20 marzo 2011 Khamis era stato dato per morto in uno dei raid dei jet dell'Alleanza su Bengasi.
Poco più di una settimana dopo era però riapparso in pubblico, sulla Tv di Stato, che lo aveva mostrato mentre stringeva le mani di alcuni sostenitori del regime radunati davanti alla caserma-bunker di Bab al Azizia, a Tripoli, per formare 'scudi umani' a difesa di Muammar Gheddafi. Il 29 agosto dell'anno scorso era arrivata di nuovo l'informazione che Khamis era rimasto ucciso, proprio vicino a Bani Walid, colpito - si disse - da un elicottero Apache della Nato. Il Consiglio nazionale di transizione aveva più tardi confermato l'informazione, mentre l'Alleanza insisteva di non saperne nulla. Oggi, ancora dalla fatale Bani Walid, la 'notizia' della sua terza morte.
di Claudio Accogli
ROMA - Il regno di Muammar Gheddafi si e' dissolto un anno fa, con una morte, quella del suo principale protagonista, che a tutt'oggi resta misteriosa. Mentre la nuova Libia sorta sulle ceneri del regime stenta a decollare.
E' il 20 ottobre 2011 quando i jet della Nato individuano un convoglio di 75 veicoli armati nel distretto 2 di Sirte, la citta' natale dove il Colonnello si e' rifugiato e da dove resiste da mesi agli assalti dei ribelli libici. La colonna di mezzi sta cercando di uscire dalla zona, dove da giorni infuria una battaglia sanguinosa che vede affrontarsi le Brigate di Misurata - ribattezzata ''la citta' martire'', assediata per mesi dai soldati del rais in quella che e' probabilmente la battaglia piu' sanguinosa della guerra civile libica, migliaia i morti - e i fedelissimi del Colonnello, armati fino ai denti.
I caccia della Nato bombardano la colonna, centrano una delle prime camionette e scatenano il panico, costringendo i pick up a rompere la formazione per evitare le bombe. Gheddafi e' costretto a piedi e si ritrova accerchiato dai ribelli. Viene scovato da Omran Shaban, ''il ragazzo dalla pistola d'oro'', originario di Bani Walid, enclave dei Warfalla, la tribu' maggioritaria anche a Sirte. ''Cosa c'e', c'e'? Siete i miei figli'', avrebbe detto prima di essere disarmato. Secondo altri avrebbe gridato ''Non sparate, non sparate''. I ribelli che lo prendono in consegna informano i compagni via radio. La situazione si surriscalda presto: ''C'era chi voleva sparargli sul posto, chi consegnarlo alle autorita'. E' stato picchiato duramente, quasi linciato'', ha raccontato uno dei cinque del gruppo che lo ha arrestato. La scena viene ripresa con i telefonini. Il mondo e' ancora ignaro: alle 12.42 un dispaccio dell'ANSA annuncia che ''Gheddafi e' stato catturato'', ma mancano conferme. Poco piu' di un'ora dopo, alle 13.56, le emittenti arabe annunciano la morte del Colonnello. La autorita' libiche diramano un comunicato che verra' smentito dalle immagini: ''Il rais e' stato colpito nella sparatoria, poi e' morto nel trasporto all'ospedale''. Il corpo arriva a Misurata, insieme a quello del figlio Mutassim, ed esposto in una scena da macelleria. I medici trovano un buco alla tempia e uno al torace causati da colpi di arma da fuoco. Il suo cadavere e' poi spostato in un luogo segreto per evitare che il luogo della sepoltura divenga un simbolo, al pari di Adolf Hitler o di Osama bin Laden.
I ribelli presenti a Sirte giurano che Gheddafi e' stato caricato vivo sull'ambulanza e nessuno gli aveva sparato. Un rapporto di Human Rights Watch afferma il contrario: quando e' arrivato il mezzo di soccorso era gia' senza vita, mentre il figlio ''e' stato ucciso a Misurata'', a freddo. Mahmud Jibril, ex premier ad interim del Cnt e ora leader della formazione liberale che ha vinto le elezioni e' convinto che Gheddafi sia ''assassinato dai ribelli dopo un ordine ricevuto da una potenza estera'' perche' custodiva troppi segreti, da Ustica a Lockerbie, dalle armi di distruzione di massa agli accordi per il petrolio, fino al fallito piano di colpo di Stato in Iraq. Sulla stampa si rinnovano le speculazioni, c'e' chi accusa la Francia, chi il Qatar, chi gli Usa. L'inchiesta promessa dal governo non ha prodotto risultati. Le elezioni neppure: la prima consultazione del dopo Gheddafi ha eletto una Assemblea nazionale. Ali Zeidan e' gia' il secondo premier incaricato. Dovrebbe presentare la lista dei suoi ministri entro i prossimi giorni. Ma il condizionale e' d'obbligo. Il livello di sicurezza nel Paese e l'infiltrazione dei gruppi legati ad al Qaida sono le uniche cose certe, come dimostrato dall'assalto al consolato Usa di Bengasi in cui ha perso la vita l'ambasciatore Chris Stevens. Le profezie di Gheddafi sembrano quasi confermate. 
MAGARIEF, PAESE ANCORA NON LIBERATO DA GHEDDAFI - La liberazione della Libia dal regime di Muammar Gheddafi "non è stata ancora pienamente realizzata": lo afferma il presidente dell'Assemblea nazionale libica, Mohamed Magarief, a un anno dalla morte del Colonnello, lamentando ritardi e negligenze nella formazione dell'Esercito e della polizia nazionale. "La liberazione del Paese non é stata completamente realizzata in alcune regioni", ha detto Magarief citando esplicitamente Bani Walid, uno delle ultime roccaforti dei sostenitori del vecchio regime teatro di violenti scontri da settimane, e dove si prepara l'assalto finale delle milizie ex rivoluzionarie. Magarief ha poi sottolineato i "ritardi e le negligenze" nella formazione di un Esercito e di una polizia nazionale, nel controllo delle armi e nell'integrazione dei tuwar nelle istituzioni statali. Il presidente dell'Assemblea nazionale ha poi citato le difficiltà nella riforma della Giustizia, in particolare per quanto riguarda il processo di riconciliazione nazionale. "Questa situazione ha creato malcontento e tensione tra le varie componenti della società e dato linfa al disordine, al caos e alla corruzione, che ha determinato una debole azione di governo", ha concluso. (ANSA)

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