domenica 14 ottobre 2012

Helmut Haller


Bologna piange Haller, uno degli eroi del '64 Mandaci le tue foto di Helmut


Morto l'ex centrocampista

Aveva 73 anni ed era gravemente malato. In Italia vestì la casacca rossoblù dal '62 al '68 e quella della Juventus. Guaraldi: "Un pezzo della nostra famiglia". Lascia il tuo ricordo 
Helmut Haller, il tedesco 'napoletano' che incantò Bologna
Haller con la maglia della Juventus (Olycom)
Bologna, 11 ottobre 2012 - Bologna piange uno dei protagonisti di quell'indimenticabile scudetto del '63-'64. E' morto oggi all'eta di 73 anni Helmut Haller. L'ex centrocampista della Nazionale tedesca si è spento nella sua città natale di Augsburg in Baviera: era stato vittima di un attacco cardiaco sei anni fa e le sue condizioni erano aggravate da altre complicazioni. "E' morto serenamente circondato dall'affetto della sua famiglia", ha detto il suo buon amico Josef Fuchs.
Arrivato dall'Augsburg, sotto le Torri aveva giocato dal 1962 al 1968. Poi il trasferimento alla Juventus dove militò fino al 1973, vincendo due scudetti. Nel 1973 tornò nella squadra della sua città natale e si ritirò nel 1979. Lungo anche il suo curriculum con la Nazionale tedesca: Haller partecipò a tre Mondiali e collezionò con la maglia del suo Paese 33 presenze (13 reti). La Germania Ovest raggiunse la finale del Mondiale 1966 ed Haller, che in quel torneo andò in gol per 6 volte, segnò la rete d'apertura della finale che terminò poi con la sconfitta della Germania per 2-4 contro l'Inghilterra.
Il saluto del Bologna FC
“Talentuosa mezzala bavarese da 180 presenze e 48 reti in serie A con il Bologna, ha vestito la nostra divisa dal 1962 al 1968 contribuendo - spiega il club rossoblu sul proprio sito -, coi suoi dribbling irresistibili, il suo genio innato, il suo grande fiuto del gol, il suo carisma alla conquista del titolo tricolore con Fulvio Bernardini allenatore, nel giugno 1964, e divenendo una delle icone senza tempo del mondo rossoblu’. Si tratta di un pezzo fra i piu’ pregiati del Bfc che ora ci lascia”.
Il Bologna partecipa commosso al dolore della famiglia di Helmut, Campione vero. “Con Haller se ne va un pezzo della nostra famiglia rossoblu’. Sono molto addolorato per questa notizia appena appresa, conservo il ricordo di un grande campione protagonista dell’ultimo nostro scudetto - ha detto il Presidente Albano Guaraldi -, e di un grandissimo uomo che ha vissuto a Bologna una parte importante della sua carriera. Tutti i tifosi del Bologna, ed io per primo, ci stringiamo attorno ai suoi cari manifestando il nostro dolore per la perdita di un personaggio di sport cosi’ straordinario”.


Cingolato e birichino

Il 'napoletano' che vinceva scudetti


Helmut Haller ai tempi in cui giocava e in una foto recente (Ansa)
Helmut Haller ai tempi in cui giocava e in una foto recente (Ansa)
Bologna, 13 ottobre 2012 - Aler. Dall’Ara il tedesco l’ha sempre chiamato così, senza l’acca e con una elle sola. "Aler, te sei il massimo", gli diceva. Quando uno se ne va, ci si ricorda di com’era lui ma anche di come eravamo noi.

La Bologna che andava a vedere al tudasch era quella del babbo con la lambretta e il figliolino dietro, già imbandierato. Era quella delle domeniche mattina di febbrili attese, con la messa, la pasticceria a comprare le paste, il rito della tagliatella, col nonno che rimaneva li a sonnecchiare sul tavolo mentre babbo e figlio in fretta e furia partivano per lo stadio. La mamma doveva, per rito, controllare se il bimbo era coperto bene perché era una Bologna in cui faceva un freddo boia. Il tedesco era bianco. E giallo perché aveva una pannocchia sulla testa. Aveva le gambone bianche.
 
E le gote rosse come tutti i tedeschi, pre o post birra. Poi aveva i cingoli. Era un cingolato che sdradicava palloni e se li portava dietro tagliando in diagonale per il campo. A un certo punto gli andavano giù i calzettoni e mostravano due prosciuttoni bianchi che aveva al posto dei polpacci.

C’era la Bologna di Haller e c’era la Bologna di Nielsen. Nielsen faceva gol. Il tedesco non è che non li facesse, ne faceva meno e poi lui e Giacomino si facevano un mazzo così per dargli palloni da mettere dentro. Per cui a un certo punto si ruppero anche po’ le scatole. Ma i babbi e i bimbi spasimavano per il tedesco e per tutto quello che succedeva quando giocava quel Bologna. Dopo c’era la corsa al Palazzo per non perdere il basket dove si arrivava trafelati e infreddoliti. Ci si scaldava e si respirava un fumanone di sigarette che faceva impressione, con il campo che galleggiava nella nebbia.

Il tedesco i bolognesi l’hanno amato e fischiato, come tutti. Perché ogni tanto gliela dava su e cingolava meno, nascondendosi dietro ai suoi pensieri. Aveva una moglie kattivissima (sì, col kappa). Si chiamava Waltraud ed era gelosa di Nielsen. Faceva una testa così al marito perché non gli passasse più il pallone e quando una giornalista del Carlino telefonava per intervistare Helmut, prendeva lei il telefono e rispondeva: "Tu amica di Nielsen, tu puttana". E metteva giù.

Il tedesco era un birichino. In trasferta negli alberghi di notte a volte spariva e si infilava nel letto di qualche cameriera. Nielsen mi ha raccontato che una volta a Bari, al sabato notte si accorsero che non aveva dormito in camera e la mattina dopo lui e Janich gli dissero: "Helmut, se oggi non ci fai vincere la partita raccontiamo tutto a Waltraud".
Dice Harald che giocò correndo come un pazzo, con le venone gonfie, disperato ma la partita rimaneva 0 a 0. "A metà del secondo tempo segnai io", racconta Harald, "e lui mi abbracciò quasi stritolandomi dalla goia perché capiva di averla scampata".

L’ultima volta l’ho visto nel 2004, in Sala Farnese, nella festa per i quarantanni dello scudetto. Era con una cubana giovanissima. La presentò come sua moglie dicendo: "Ero a Cuba, una ragazza è cadutta davanti a me in bicicletta, cosa potevo fare? Aiutarla a rialzarsi e sposarla". E rideva col faccione rubizzo perché era uno che trinchettava spesso e volentieri.

E’ stato uno dei primi tre o quattro stranieri più forti mai venuti in Italia. La sua fine, come tutte le fini, è malinconica perchè negli ultimi anni non era più lui. Ma Bologna lo ricorda tudasc totta la vetta. Bernardini adesso lassù in paradiso si è visto arrivare le due mezzeali. Per fare una squadra come si deve bisogna cominciare da lì no?
 
Giorgio Comaschi

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