lunedì 8 ottobre 2012

Disarmati contro la corruzione

Mercati banditi Il 37% delle imprese non ha alcun anticorpo anti-corruzione


Inappuntabili nel costruire e commerciare armi. Alquanto rivedibili nel prevenire, contrastare e debellare tangenti, clientele e malaffare. Sono le 129 aziende militari delle sei nazioni più impegnate nell’esportazione di armamenti. Colossi da 11mila miliardi di dollari di fatturato che, secondo le premesse, avrebbero dovuto affrontare -e superare- un test anti-corruzione.




Ieri [giovedì 4 ottobre] Transparency International Uk ha pubblicato “CI, Defence companies anti-corruption index 2012”, fotografia sfocata di un settore che, per natura, mal sopporta qualsiasi criterio di trasparenza: stando al rapporto, infatti, l’1% delle ditte è pienamente credibile, il 37% non ha alcun anticorpo. Per questo, il rapporto di Transparency International è un traguardo mancato tanto per la quantità -dato che il documento finale conta solo 32 pagine- quanto per la qualità degli esiti.

Le compagnie sono state classificate in base a 34 domande inviate sotto forma di questionario in materia di sistemi adottati per contrastare fenomeni di corruzione. Sul totale delle società interpellate, poco più di trenta hanno accettato di render pubbliche, oltre alle dichiarazioni d’intenti, le pratiche concrete. Di queste, secondo gli autori del rapporto, le uniche ad aver demandato ad una organizzazione esterna indipendente la valutazione dei propri comportamenti sono state ThyssenKrupp Ag e BAE Systems. Un risultato che, seppur modesto, riguarda anche le compagnie italianeFinmeccanica e Fincantieri. Tema d’interesse per il Gruppo di Piazza Montegrappa, sotto processo a Busto Arsizio -insieme all’attuale Ad,Giuseppe Orsi ed altri sei intermediari- per corruzione internazionalenell’ambito della vendita di 12 elicotteri Agusta-Westland al governo indiano. Vicenda che, a quanto pare, non ha inciso sulla prestazione registrata da Transparency International, che ha catalogato Finmeccanica, in una scala che parte dall’eccellenza “a” e giunge fino all’insufficienza grave “f”, alla“moderata” lettera “c”, dove si trova il 26% delle aziende analizzate.Fincantieri si comporta addirittura peggio: lettera “e”, “very limited evidence”, insieme ad altre 13 aziende.

In fondo alla classifica spiccano le industrie aerospaziali e militari israeliane, nell’affollata categoria “f”. Risultati scarni e scarsi che Transparency International propone di migliorare attraverso iniziative immediate, in capo prima di tutto ai governi.

Nel caso del nostro Paese l’invito è rivolto all’attuale ministro dell’EconomiaVittorio Grilli che, per conto del governo, rappresenta l’azionista di maggioranza (30,2%) di Finmeccanica. La stessa società che, secondo l’Ad Orsi e l’ex presidente dell’Istituto per le opere religiose (Ior) nonché membro del cda di Cassa Depositi e Prestiti, Ettore Gotti Tedeschi, avrebbe confezionato “consulenze inutili” per “sistemare” l’ex moglie dello stesso Grilli, Lisa Loweinstein. Contraddizioni tipiche del mercato degli armamenti. 

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Da "Armi, un affare di Stato", ed. Chiarelettere, in collaborazione conAltreconomia




Uno dei meccanismi che rendono opachi i processi decisionali legati alla produzione militare è quello degli offsets o compensazioni industriali. Negli accordi commerciali di vendita di armi tra un cliente (in pratica, come abbiamo visto, uno Stato) e un fornitore (le grandi holding militari), spesso l’industria si impegna a riequilibrare lo «sforzo» economico del paese a cui è destinata la commessa. In pratica si incoraggia la scelta di acquisto e il relativo esborso di denaro pubblico allettando i decisori politici con compensazioni sociali o infrastrutturali in grado di produrre consenso. 

Gli offsets possono essere diretti, cioè di tipo militare, come avviene quando si cede un prodotto bellico collegato a quello che è stato venduto o quando si decide di avviare una coproduzione, come nel caso degli elicotteri AgustaWestland costruiti nella Libia di Gheddafi con una joint venture. Gli offsets indiretti sono di natura commerciale e industriale, e assumono la forma di investimenti esteri o di trasferimenti di conoscenze tecnologiche e assistenza. Nel caso in cui siano di tipo civile, gli offsets prevedono la costruzione di ospedali, scuole e strutture pubbliche. Considerando che accordi di questa natura vengono talvolta stipulati – più o meno for- malmente – tra paesi poveri e democraticamente instabili e grandi corporation dai fatturati giganteschi, è evidente la matrice protezionistica degli offsets. Il potere contrattuale è sbilanciato e sfiora pericolosamente la corruzione.

È facile che dietro a questi accordi si nascondano tangenti a vantaggio di funzionari corrotti, allo scopo di influenzare l’acquisto di armamenti. Dal momento che i governi e l’industria della difesa in genere negoziano gli offsets a porte chiuse e in maniera poco trasparente, non si può mai sapere quali siano i reali termini dei contratti o chi sarà responsabile di eventuali violazioni.

Nonostante un numero crescente di casi di presunta corruzione (per esempio nella vendita di carri armati Patria al governo sloveno o di sottomarini tedeschi al Portogallo e alla Grecia, fino alle recenti indagini sulla vendita di elicotteri italiani all’India), il settore della difesa e soprattutto la politica dimostrano scarsa consapevolezza dei rischi connessi agli offsets.


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